Un Paese in lockdown con una politica che non pare avere gli strumenti idonei, forse neanche il linguaggio, per gestire una fase del genere. Un’emergenza sanitaria di questo tipo era oggettivamente imprevedibile, almeno nella sua estensione e rapidità, ma le risposte della classe dirigente spesso hanno lasciato di stucco.

Questa Pasqua sarà ricordata per tanti e gravi motivi. Per il numero dei morti fatti dal Coronavirus prima di ogni altra cosa. Per lo stoico lavoro dei medici e degli infermieri spesso sottopagati e non nelle condizioni di poter operare in sicurezza. Per le radici storiche di famiglie e città prese di mira in maniera crudele dal virus che si è accanito sui più anziani, sul nucleo fondante del nostro sistema sociale.

Parlare di politica, pertanto, potrebbe sembrare fuori luogo. Anche perché gli spunti che i nostri rappresentanti lasciano sono mediocri, privi di slancio e di risposte adeguate alla fase, alla paura e ai bisogni di famiglie e cittadini.

Salvini e le Chiese

Come catalogare, ad esempio, la proposta di Matteo Salvini di aprire le chiese per Pasqua? Con accanto la risposta di Giorgia Meloni che, invece, si preoccupa più prudentemente che le messe si svolgano da remoto? Roba da vanificare anche la potenza iconica del pellegrinaggio del Papa in una Roma deserta o la messa in piazza San Pietro.

Cerca di resistere il premier Giuseppe Conte, provato sempre di più in ogni sua uscita pubblica, dopo ogni conferenza stampa. L’Unione europea non sta fornendo le risposte auspicate dimostrando di essere una unione di banche più che un’unione di popoli. Eppure, con una fermezza non riscontrata negli ultimi anni, Conte sta evidenziando gli errori di Olanda e Germania andando avanti in un negoziato difficile che spacca il Nord e il Sud del vecchio continente e sul quale si gioca il futuro e la tenuta dell’Unione.

Renzi scompare nei sondaggi e vuole aprire tutto

Eppure in Parlamento il dibattito è fermo a una campagna elettorale inascoltabile. Matteo Renzi che sta scomparendo dai sondaggi voleva aprire tutto già qualche giorno fa. Con settecento morti al giorno e con i sindacati, finalmente, preoccupati per la salute dei lavoratori e non per tasche dei datori.

Dinamiche vecchie e linguaggi logori quando ormai è chiaro che tutto sta cambiando in maniera drastica e servono nuovi strumenti e nuove parole per la politica. Dice bene Conte quando parla del Mes come uno strumento inadeguato per una crisi che non si conosceva quando è stato pensato. Sta anche agli economisti e alle banche immaginare strumenti nuovi. Eurobond, o quello che sia, la popolazione ha bisogno di sicurezza, di denaro e lavoro. Il resto conta davvero poco.

Lo sconfortante dibattito locale

Ancora più sconfortante il livello del dibattito a livello locale. I governatori fanno ognuno per conto suo e sanno solo chiudere e isolare le zone rosse. Atti dovuti, ma senza un programma di sistema che mette a rischio la gestione complessiva e unitaria della crisi.

Tra Jole Santelli dalla D’Urso, come ha sottolineato Pippo Callipo, le dirette di Giuseppe Falcomatà su facebook e le uscite mussoliniane del sindaco di Messina De Luca, non si sa cosa sia peggio. Purtroppo, però, mentre va in scena il teatro dell’assurdo centinaia di famiglie sono state bloccate a Villa San Giovanni, nelle case di riposo si continua a morire e i servizi essenziali per i calabresi confinati nelle proprie abitazioni sono all’osso.

Regione senza Consiglio e Comuni in dissesto

Di questo, però, non si parla. La Regione continua ad essere senza Consiglio operativo, a due mesi dalle elezioni, e approverà un bilancio di tagli a pochi giorni dalla scadenza dell’esercizio provvisorio. L’attività legislativa del Consiglio regionale è ferma a dicembre dell’anno scorso e la deriva verso il decisionismo di presidenti e giunta è sotto gli occhi di tutti. Con Jole Santelli ora e con Mario Oliverio prima.

Il Comune di Cosenza è al dissesto e Mario Occhiuto è accusato di danno erariale. Le casse di molti degli altri Comuni calabresi sono in profondo rosso e a Reggio la Corte dei Conti ha chiesto l’impossibile ad un Comune moribondo e con un extradeficit da far tremare le vene ai polsi.

Anche questo tema fuori dal dibattito tutto aggrovigliato nei “passa pa casa” e in un delirio di comparsate social totalmente fuori luogo.

Anche le elezioni sono state rinviate, si aspetta soltanto l’ufficialità della decisione, e sia molte Regione che molti Comuni, compreso Reggio, saranno amministrate in deroga da gestioni già scadute.

La sensazione è che insieme ai cittadini in quarantena sia finita anche la democrazia, almeno in molte sue forme. E questo davvero è un rischio che nè l’Italia, nè la Calabria possono permettersi di correre.