«Chiediamo alle istituzioni europee di modificare il Pnrr presentato dal Governo italiano, favorendo un’equa suddivisione territoriale delle risorse».
Una richiesta dirompente quella che viene da centinaia di Comuni che aderiscono alla Rete dei sindaci del “Recovery Sud”, dall'Osservatorio sul Piano di Rilancio e Mezzogiorno e dal Movimento 24 Agosto Equità Territoriale. Questa mattina, a Bruxelles, è stata presentata al Parlamento europeo la petizione che vede in prima linea l’eurodeputato Piernicola Pedicini (Efa), che sta portando avanti in Europa la battaglia per un'equa redistribuzione delle risorse del Recovery fund. Equa distribuzione che secondo i firmatari del documento al momento non ci sarebbe affatto. Anzi, quello che si prepara ai danni del Mezzogiorno è un vero e proprio furto, con decine di miliardi di euro dirottati al Nord.

Ad illustrare la petizione al Parlamento europeo è stato Davide Carlucci, sindaco di Acquaviva delle Fonti (Bari), primo firmatario del documento.
Ecco il testo del suo intervento, che ha messo l’accento sul rischio concreto che il gap tra nord e sud del Paese si acuisca in maniera gravissima e il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Pnrr appunto, rappresenti non solo un’occasione sprecata ma anche la principale causa di un’ulteriore impoverimento socio-economico del Meridione.

Il testo della petizione

«Egregi parlamentari, egregia presidente della commissione Petizioni del parlamento europeo Dolors Montserrat,
grazie per aver consentito di far sentire qui la voce di noi sindaci del Sud Italia che, per la prima volta nella storia della nostra Nazione, si sono uniti, in modo trasversale, con l’obiettivo di superare una volta per tutte quel divario che ci portiamo dietro da centocinquant’anni.

Con questa petizione, proposta a nome dell'Osservatorio sul Piano di Rilancio e Mezzogiorno, della Rete dei Sindaci del “Recovery Sud” e del Movimento 24 Agosto Equità Territoriale, chiediamo alle Istituzioni europee di modificare il PNRR presentato dal Governo Italiano, favorendo un’equa suddivisione territoriale delle risorse.

La priorità nell'allocazione delle risorse per le riforme e i progetti di investimento pubblico del PNRR dovrebbe essere accordata ai territori più svantaggiati per permettere l’effettivo perseguimento della riduzione dei divari di sviluppo, garantendo una ripresa economica che riduca le disparità.

La scelta del Governo italiano di destinare il solo 40% teorico delle risorse complessive nel quadro del Pnrr rischia invece di creare i presupposti concreti per un’ulteriore gravissima divaricazione nei livelli di sviluppo, acuendo le disparità territoriali a pregiudizio delle aree depresse dal punto di vista socio-economico, quali quelle meridionali, le cui condizioni si sono viepiù deteriorate in virtù dell’impatto della Pandemia da Covid-19.

Ottanta miliardi di euro (di cui solo 22 certi, come ha dimostrato l'economista Gianfranco Viesti) sembrano una cifra enorme. Non lo sono, se si considera quanto sia esteso e difficile da sradicare il nostro deficit di sviluppo che, come stanno dicendo da anni economisti, centri studi e lo stesso presidente del Consiglio Mario Draghi, anziché diminuire si aggrava sempre più.

Per raggiungere Milano da Roma si impiegano 2 ore e 55 minuti, per spostarsi tra Napoli e Palermo, se ne impiegano 9 e 58! L’aspettativa di vita delle fasce povere delle popolazioni del Sud è dieci anni più bassa di quelle delle popolazioni più ricche del Nord. Un bambino residente nel Mezzogiorno ha un rischio del 50% in più di morire nel primo anno di vita rispetto ad uno che nasce nelle regioni del Nord.

Questo non avviene per caso. Succede perché la spesa per interventi nazionali finalizzati allo sviluppo del Mezzogiorno è scesa dallo 0,47 per cento del Pil italiano degli anni Novanta, allo 0,15 del 2015, ben cinque volte meno rispetto al periodo dell’intervento straordinario. I fondi europei hanno sostituito solo in minima parte, e in contrasto con il principio europeo di addizionalità, il mancato impegno delle politiche nazionali di riequilibrio.

Ecco perché è importante che al Sud sia dato ciò di cui ha effettivamente bisogno. Ed è altrettanto importante blindare l’allocazione delle risorse attraverso graduatorie per macroaree territoriali, per evitare che, una volta messi a bando, i finanziamenti stanziati dall’Europa perché il Sud non resti indietro, finiscano in realtà al Nord, dove i Comuni sono più attrezzati, meno distratti da emergenze sociali e più ricchi e quindi più in grado di cofinanziare. In questo modo, quel 40% rischierebbe di volatilizzarsi.

Grazie al federalismo fiscale, infatti, i Comuni del Sud sono impoveriti e svuotati di personale e non hanno potuto elaborare progetti di sviluppo. Come può un Comune come Acquaviva delle Fonti, con 54 dipendenti, competere con un Comune del Nord di pari dimensioni come Feltre che ne ha 125? Come può Andria, con 290 dipendenti, competere con Piacenza, che ne ha 630? Ecco la nostra trappola: più siamo poveri e meno abbiamo possibilità di uscire dalla nostra condizione.

E nessuno può accusarci di indolenza o incapacità nell'utilizzo delle risorse. Recovery Sud ha realizzato un Libro Bianco con tutte le proposte progettuali dei Comuni meridionali. Lo hanno scritto amministratori che si dannano perché non hanno ingegneri, sindaci e assessori che non potrebbero permettersi il lusso di fare pianificazione perché in questi giorni stanno negli hub dove si fanno le vaccinazioni di massa, o devono dare risposte agli agricoltori in ginocchio per la siccità. Avevamo chiesto 5000 giovani progettisti per i nostri Comuni, ne hanno messi a bando 2800 e si sta coprendo solo la metà dei posti.

Così partiamo male: noi non vogliamo che il Recovery in Italia sia un flop. Chiediamo quindi che la commissione Peti mandi una lettera al Governo italiano chiedendo chiarimenti.
Chiediamo inoltre che la petizione rimanga aperta. Chiediamo di monitorare con la massima attenzione l’attuazione del Pnrr da parte dello Stato Italiano.

Noi non vogliamo perdere anche questo treno, non vogliamo continuare a vedere i nostri giovani andar via, non vogliamo sentire più parlare di una Nazione divisa in due».