Il Manifesto redatto nel 1941 e citato oggi dalla premier nel suo discorso alla Camera dei deputati non è solo un appello ideologico ma rappresenta un momento cruciale della storia europea. La presa di distanza del capo del Governo è carica di implicazioni
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Il discorso della premier Meloni alla Camera dei deputati
L’intervento della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, pronunciato durante la seduta della Camera dei Deputati, ha suscitato numerosi interrogativi sul rapporto tra l'Italia contemporanea e le radici storiche del progetto europeo. Affermare, in quella sede istituzionale, che «l'Europa di Ventotene non è la mia» significa prendere una posizione contraria su un documento che rappresenta un capitolo fondamentale nella storia del pensiero politico europeo del XX secolo.
Il Manifesto di Ventotene, redatto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, non è solo un appello ideologico. È un documento che si inserisce in un momento cruciale della storia europea: il confino fascista e l’esperienza della dittatura avevano portato i suoi autori a concepire un progetto radicale di superamento del nazionalismo e di costruzione di un’Europa federale, come garanzia contro il ripetersi dei conflitti mondiali.
Quel Manifesto ha avuto un’influenza diretta nella cultura politica italiana e nell’elaborazione dei principi fondativi della Repubblica Italiana, sanciti nella Costituzione del 1948. Valori come l’antifascismo, la libertà, la pace e il rispetto dei diritti umani sono nati da quella riflessione e hanno permesso all’Italia di partecipare alla costruzione dell'Europa unita, garantendo decenni di stabilità politica e cooperazione internazionale.
Rifiutare o prendere le distanze da quell'orizzonte ideale significa rimettere in discussione il significato stesso di integrazione europea e di superamento dei nazionalismi, due presupposti che la storia ha dimostrato essere decisivi per evitare il ritorno ai conflitti e alle divisioni del passato. Il Manifesto di Ventotene non è soltanto un documento simbolico, ma rappresenta un momento cruciale della storia delle idee politiche europee, ponendo le basi per quella che diventerà l'Unione Europea.
Da un punto di vista storico, la frase di Giorgia Meloni appare quindi carica di implicazioni: solleva la questione dell’attualità o meno del progetto federalista, ma soprattutto chiama in causa l’identità politica dell’Italia nel contesto europeo. La Resistenza, la Liberazione, la rinascita democratica e l'adesione ai principi europeisti rappresentano tappe fondamentali della nostra storia nazionale, e non possono essere banalizzate o archiviate.
In questo quadro, è legittimo attendersi un chiarimento da parte delle istituzioni italiane sul significato di tali dichiarazioni. Se la Presidenza del Consiglio dei Ministri non intende riconoscersi in quei valori, è necessaria una riflessione pubblica sul rapporto tra la nostra storia repubblicana e la linea politica adottata oggi.
Non si tratta di una questione di schieramento politico, ma di responsabilità storica e memoria collettiva. La Resistenza italiana, il progetto di Ventotene e l’Unione Europea non sono solo tappe di un passato remoto, ma continuano a influenzare le scelte politiche e istituzionali del presente. Negare questa eredità significa rischiare di perdere l’orientamento storico che ha guidato l’Italia e l’Europa per oltre settant’anni.