“Historia magistra vitae” spiegava Cicerone. La politica dei giorni nostri, però, non sempre tiene conto di questo insegnamento, ed esamina con errori macroscopici i processi in atto. La speranza di veder realizzati i propri sogni è più forte, troppo spesso, dell’analisi razionale dei fatti.

Il clima attuale che si sta vivendo nel mondo e in Europa ha un unico termine di paragone: lo scenario che si presentò alla fine della Seconda Guerra Mondiale. In Italia, caduto Mussolini (25 luglio 1943), si insediò il Governo Badoglio che, allestito un esecutivo fatto da militari e prefetti, pensò innanzi tutto al mantenimento dell’ordine pubblico. Firmato l’armistizio con gli Anglo-Americani, l’Italia dall’8 settembre 1943 ruppe in maniera poco trasparente l’alleanza con i tedeschi, lasciando disorientati e allo sbaraglio migliaia di nostri soldati. Fino a quando Alcide De Gasperi, leader della Democrazia Cristiana, accordatosi con gli Americani in un suo viaggio in Usa (gennaio 1947), e ottenuto un primo prestito di 100 milioni di dollari utile ad affrontare le gravissime emergenze del Paese, non decise di dichiararsi alternativo ai comunisti e alle sinistre filorusse, si ebbero governi e ministeri anche con la partecipazione diretta di Palmiro Togliatti, capo indiscusso del Pci, e di Pietro Nenni, suo omologo nel Psi.

Il dialogo tra tutte le forze antifasciste caratterizzò, infatti, gli anni a cavallo tra la fine della monarchia sabauda e la nascita della Repubblica, sancita con referendum del 2 giugno 1946, mentre la Costituzione entrò in vigore l’1 gennaio 1948. Stalin in prima persona, leader indiscusso del Partito Comunista Sovietico e dell’Urss, uomo poco propenso al dissenso, aveva spiegato a Togliatti le proprie strategie in attesa della fine della guerra, partendo da un sì al governo di unità nazionale capeggiato da Badoglio, che quindi nacque con il compromesso tra partiti antifascisti e monarchia. La storiografia ha battezzato questo passaggio storico come “Svolta di Salerno” (aprile 1944). Il mondo, però, sconfitto anche il Giappone, era pronto a dividersi in due: da un lato le democrazie liberali occidentali, dall’altro il blocco comunista e filosovietico.

Il quarto governo a guida De Gasperi nato l’1 giugno 1947 fu il primo della neonata Repubblica a segnare la rottura fra la Dc (sostenuta da Liberali, Repubblicani e Psdi) e comunisti e socialisti rimasti all’opposizione. Le elezioni politiche del 18 e 19 aprile 1948 segnarono la vittoria della Dc con il 48,51% dei voti e la forte frenata del Fronte democratico popolare (Pci e Psi insieme) fermatosi al 30,98%. Questo modello politico è sostanzialmente durato fino alla fine della Prima Repubblica nel 1992 (mi scuso ovviamente per l’eccessiva semplificazione).

Sono convinto, “mutatis mutandis”, che questo 2025, dopo l’elezione di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti d’America, si stia chiaramente caratterizzando come un altro passaggio epocale della storia mondiale, ovviamente anticipato dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989. Molto politicume italiano, impegnato solo nel sempre più disperato tentativo di conservare poltrone e annessi privilegi, fa finta di non capire o non capisce davvero che cosa sta accadendo perché privo dei necessari strumenti di lettura dei fenomeni. Si confondono i tatticismi con le strategie di lungo respiro e si mira, con atteggiamento molto gattopardesco, a ipotizzare finti terremoti che lasceranno in piedi i soliti carrozzoni. Non è così. E non lo è perché gli attuali assetti politici ed economico-sociali dell’intero Pianeta sono insostenibili ed in giro c’è troppa macelleria sociale. Un tema su tutti: l’Ue ha giocato male le proprie carte, inseguendo la miopia di Francia e Germania, ed ha perso il treno. Per la pace in Ucraina si sentono Trump e Putin, mentre l’Ue viene messa da parte. Basterebbe questo segnale per far capire che cosa sta accadendo.

Trump è circondato, nella propria azione, dalle menti più avanzate del mondo dal punto di vista scientifico e tecnologico. Da fedele erede dell’ideologia della Nuova Frontiera il neo presidente americano sente di dover agire per cambiare il mondo in meglio. Non è possibile farlo senza rotture e senza traumi, superando gli steccati mentali di tanto inutili e costosi apparati ma anche di lobby fameliche che hanno stritolato le libertà e il tenore di vita delle masse popolari.

Come nel 1948 con De Gasperi, oggi Trump ha per riferimento Giorgia Meloni, piaccia o non piaccia. Quanti oggi immaginano di indebolire la Meloni pagheranno conseguenze politiche pesanti, e si auto-ghettizzeranno in angoli di opposizione sterile e demagogica. Come nel 1948 tutti sono chiamati a decidere se stare con gli Usa, senza se e senza ma, o contro gli Usa. Persino la Russia di Putin dovrà fare una scelta: consolidare l’asse con la Cina o superarlo? Ma certo Putin non si riavvicinerà all’Europa passando per questa Ue che lo ha contrastato inseguendo i disegni guerrafondai dei finto-progressisti Usa. Centinaia di migliaia di morti per qualche striscia di territorio ucraino facendo gli interessi dei produttori di armi! Auspico che le coscienze di qualcuno siano in fermento. L’Onu, se avesse avuto coraggio, avrebbe fatto sedere Russi e Ucraini a un tavolo per ascoltare le rivendicazioni e le pretese di ognuno. Né si poteva immaginare di umiliare la Russia che è sempre la seconda potenza nucleare del mondo.

Si mettano l’anima in pace gli strateghi buoni per le partitelle di Risiko. In questo anno ogni Paese e ogni forza politica dovrà decidere se collocarsi dalla parte degli Usa o contro. Dubito che possa esistere una terza via, a meno di pensare a realtà secondarie. Gli Usa non permetteranno ambiguità di alcun tipo. Molta parte del mondo finto-progressista è disorientata e auspica di ritornare al potere con giochini di palazzo. Anche in questo caso si sconta ignoranza di tipo storico: i giochini di palazzo o hanno il bollino Usa o non riescono! Dall’altro lato la Cina e quanti dei Brics confermeranno l’alleanza con il Gigante Giallo. I Cinesi si siederanno con gli Usa per una nuova Yalta, sempre che ipotesi di accordo, almeno sul fronte commerciale, non siano già in fase avanzata. L’Italia, come non accadeva da molti decenni, si ritrova in una posizione di centralità assoluta. Occorrerebbe fare quadrato, ma la gestione del potere fine a se stesso e a vantaggio di pochi fa troppa gola: per quanti sono abituati a succhiare dalla mammella pubblica un risveglio da “trovati un lavoro” è troppo brusco, e quindi la si mette in caciara. Almeno fino a quando il popolo stremato, stanco, deluso, scoraggiato, impoverito non deciderà di prendere provvedimenti seri!