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Dal giusto sdegno, qualcuno e molto più di qualcuno, si è lasciato prendere la mano andando molto più avanti del fare calunnioso e innescando una serie di commenti che sicuramente pongono lorsignori molto più in basso degli ex consiglieri messi sul banco dell’accusa e poi condannati non dalla giustizia, ma dal tribunale popolare. Di tutto questo scenario, a chi aspettava il boccone da qualche tempo, non è parso vero e subito è iniziata la feroce lotta nel tentativo di appropriarsene. Accade così, che sull’onda del populismo e dell’opportunismo, spuntano i primi cagnolini che ostentano la bandiera del cambiamento, ma si guardano bene dal chiedere le dimissioni del governatore e cercano, forti dell’umore popolare, di trascinare più persone possibili in una battaglia che dovrà portarli non al cambiamento, ma a palazzo Alemanni, a sedere sulla poltrona appartenuta a Nino De Gaetano e sulla quale ancora siede Carlo Guccione. Insomma, si prendono le distanze dall’amministrazione a guida Mario Oliverio reo di aver nominato i due, e al contempo, si cerca di fare “rimurata”, di entrare nella grazia popolare e di essere chiamati in quel di Catanzaro. Questo è lo spaccato che si vive oggi in Calabria, nel Pd, in un partito da sempre dilaniato da guerre interne più o meno di basso livello, e reso ancora più ridicolo da chi vuol presentarsi come il nuovo e cerca un posto al sole, sempre, si badi bene, nella vecchia famiglia. I calabresi che come ha ben scritto il dirigente di Sel, Angelo Broccolo, si sono eretti a giudici, dovrebbero dopo aver condannato i vari Nicola Adamo, Ferdinando Aiello, Carletto Guccione, fermarsi e riflettere. Da domani chi saranno i componenti del “nuovo” esecutivo regionale? Chi scrive, non ha dubbi, ai cani all’osso preferisce le volpi.
di Francesca Gabriele