La vicepresidente del Parlamento europeo: «Indebolire il Mezzogiorno non conviene a nessuno, lo sanno anche gli imprenditori settentrionali. Il referendum sarà una debacle per il centrodestra». Il messaggio al centrosinistra: «Bene la battaglia contro la riforma ma serve altro...»
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Pina Picierno, 43 anni, è vicepresidente del Parlamento Europeo. È alla terza elezione e conosce bene, quindi, i meccanismi di Bruxelles. Campana di Santa Maria Capua a Vetere, si è sempre distinta anche per un impegno politico meridionalista. Con lei abbiamo parlato della legge sull'autonomia differenziata nell'ambito della campagna sul tema del nostro network.
Onorevole, ha firmato il referendum abrogativo e, se sì, cosa non le piace della legge Calderoli?
«Ovviamente ho firmato e condivido la militanza e l’impegno nella battaglia che il comitato e le forze politiche che lo sostengono hanno inteso interpretare in questi ultimi mesi. Pochi, in solitudine, si erano esposti già dalle prime bozze della legge e io con loro. Oggi quei timori si sono diffusi su tutto il territorio nazionale, in maniera trasversale: è una legge che segna definitivamente il divario tra Nord e Sud del paese, rendendolo irreversibile. Sono finiti i tempi della presunzione di farcela da soli, indebolire il Mezzogiorno non conviene a nessuno».
L’editoriale | L’autonomia che spacca l’Italia
C’è chi dice che i tempi di attuazione non siano così veloci come l’opposizione vuol far credere…
«Non è un problema di tempi, ma di prospettive. La divisione del Paese è già nei fatti conclamata, lo sviluppo economico italiano è pesantemente condizionato da notevoli differenze territoriali. Così come sul fronte dei diritti e dei servizi pubblici le differenze sono sotto gli occhi di tutti, non abbiamo bisogno di statistiche. La Lega pensa che questo sia uno stato di fatto immutabile e che, anzi, vada favorito. Fino ad oggi era isolata, anche quando godeva di un ampio consenso. Oggi quella legge è una resa incondizionata, una resa che porta la firma di Giorgia Meloni».
Cosa risponde a chi dice che l’autonomia sarà utile a selezionare la classe dirigente soprattutto al Sud?
«Una sciocchezza. La classe dirigente si misura sulla capacità di tenere in equilibrio il dovere di rispondere ai bisogni quotidiani della cittadinanza, specie di chi è in maggiore difficoltà, e la responsabilità di frenare il debito pubblico per le prossime generazioni. Questa autonomia invece è tutta squilibrata: interviene pesantemente sui bisogni dei cittadini meridionali senza che questo giovi in alcun modo sulla spesa pubblica».
Cosa ne pensa l’Europa di questa riforma e voi, europarlamentari del Pd, come intendete muovervi?
«Il principio di autonomia in Europa è un principio cardine, direi fondativo. Ma nessuno si sognerebbe mai di interpretarlo in maniera divisiva. Sussidiarietà e politica di coesione sono lì a dimostrarlo senza equivoci. Io sono fermamente convinta che serva rafforzare le nostre autonomie locali. Ma attraverso una riforma seria, non un pastrocchio. Abbiamo in Europa modelli che funzionano da decenni e abbiamo a casa nostra una lunga tradizione di autonomia comunale da cui trarre ispirazione. Basterebbe fermarsi e cominciare a discutere seriamente sul merito».
Al di là dei Lep da finanziare, il Sud sconta enormi ritardi infrastrutturali. Come colmarli?
«Nel Pnrr sono previste opere che ridurrebbero significativamente quei ritardi. Ci troviamo invece di fronte ad un governo e ad un ministro delle Infrastrutture che preferisce giocare con la carta truccata del Ponte. Fare presto e fare bene quello che è già previsto e finanziato. Questo serve al sud. Basta con i giochi di prestigio».
Non crede che la gente abbia capito ben poco di cosa comporti questa riforma? Può fare qualche esempio di argomenti che, secondo il suo punto di vista, possono toccare la quotidianità delle persone?
«La gente ha capito benissimo. Il successo di mobilitazione e partecipazione alla raccolta firme sta lì a dimostrarlo. Sa perfettamente quanto condizionerebbe l’erogazione dei servizi sanitari, per esempio. Così come le imprese sanno perfettamente cosa significherebbe sull’export. E non c’è impresa del Nord che pensi seriamente che il proprio successo sia legato alla negazione dei diritti a un cittadino calabrese o molisano. Il referendum sarà per la Lega e il governo una debacle».
A proposito di Calabria, il governatore Roberto Occhiuto (vicesegretario nazionale di Forza Italia) ha manifestato apertamente le sue critiche per l’approvazione del ddl Calderoli. Pensa che si stanno aprendo delle crepe nel centrodestra?
«Non saprei, non mi appassiona il centrodestra. Sicuramente chi è più avveduto tra loro si sta rendendo conto che il mezzogiorno rappresenta un fronte durissimo per la loro tenuta elettorale e politica perché l’avversione a questa legge non è questione di schieramento politico».
Viceversa nel centrosinistra l’autonomia sta facendo da collante politico. Basterà questo tema per tenervi uniti?
«No, ma è un buon auspicio. Innanzitutto, non basterà fermare Calderoli per offrire una prospettiva di sviluppo e di diritti al Mezzogiorno. Dovremo essere capaci di farne il tema principale della nostra proposta di governo del Paese e della nostra presenza istituzionale in Europa. Non basterà un referendum e non è un serbatoio di voti utile all’occorrenza, servono politiche serie, concrete e una classe dirigente nazionale e locale all’altezza».