In attesa di conoscere le prime “richieste”, presumibilmente provenienti dal Veneto del sempre più nervoso presidente Zaia, abbiamo provato a capire, nell’ambito della campagna lanciata dal Network LaC sull’autonomia differenziata, quale sarà l’impatto della Riforma Calderoli sul sistema dei trasporti. Lo abbiamo fatto con Francesco Russo, docente di Ingegneria dei sistemi di trasporto all'Università Mediterranea di Reggio Calabria. Uno che non ha peli sulla lingua e che ha sperimentato anche direttamente il terreno politico, avendo ricoperto il ruolo di assessore e vicepresidente della Giunta regionale guidata da Mario Oliverio.

Per lui «l’Autonomia, in alcuni settori, non potrebbe fare peggio della situazione attuale a scala territoriale. In altri, come l’istruzione, potrebbe distruggere dalle fondamenta il concetto stesso di Stato unitario democratico così come costruito con la guerra di Liberazione».

Anche la questione sistema dei trasporti ha per Russo due componenti distinte, che si completano a vicenda, e che forniscono gli impatti immediati e futuri della riforma.

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«Senza conoscenza non c’è futuro»

«La prima componente è data dalla conoscenza disponibile sul territorio. Senza conoscenza un territorio muore, gli viene tolto il passato e non può pensare al futuro. Conoscenza vuol dire formazione a tutti i livelli: dal nido alla scuola dell’infanzia, alla primaria, alla secondaria. E poi università: dalla laurea, alla specialistica, ai master, al dottorato. E poi ricerca: centri privati e dipartimenti universitari. Dipartimenti che costruiscono conoscenza e si confrontano sul piano internazionale. L’autonomia può costituire la fine di tutto questo».

La sua è una visione a trecentosessanta gradi ed è fondamentale partire da questi capisaldi per poter sviscerare anche il tema dei Trasporti al tempo dell’autonomia differenziata, soprattutto perché – è il suo ragionamento – la riforma, così come nella versione attuale, avrà impatti differenti, e con i dati a disposizione oggi, si possono avanzare “solo” delle riflessioni, per quanto queste possano essere aderenti alla realtà.

«Nella formazione scolastica ci aspettano classi pollaio e insegnanti malpagati, con profonde differenze tra sud e nord. Con abbandono di chi sta più indietro e impossibilità di crescere per chi non ha risorse economiche familiari. Alla fine la formazione diverrà di nuovo la barriera sociale invalicabile, come alla nascita dell’Italia: chi avrà i soldi potrà studiare. Sarà la fine di Don Milani».

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Le cose non sembrano cambiare se si guarda alla formazione universitaria: «Ci aspettano trasferimento forzoso al nord e percorsi senza laboratori, senza integrazione con il lavoro al sud. Di nuovo come in passato, anche le università torneranno ad essere barriera classista. Nella ricerca le eccellenze che produce oggi il mezzogiorno saranno desertificate. Basti pensare ai Dipartimenti di eccellenza come quello di Reggio Calabria di Ingegneria: unico Dipartimento di eccellenza di Ingegneria tra tutte le università siciliane e calabresi, che compete ad armi pari con i dipartimenti dei politecnici. Si può anche pensare alla graduatoria fatta dall’Università di Stanford, la più prestigiosa a livello mondiale. Stanford pubblica la top list mondiale dei ricercatori, cioè la lista composta dal 2% dei Ricercatori più influenti al mondo relativamente alla produzione scientifica nelle discipline Stem: Science, technology, engineering, mathematics. In questa top list si ha un risultato formidabile e non conosciuto, ma che costituisce motivo di orgoglio per tutta la Calabria. Sono presenti nella top list 10 tra docenti e ricercatori del Dipartimento di Eccellenza prima citato che ha in tutto 40 persone tra docenti e ricercatori. Il 2% di 40 è meno di 1, quindi proporzionalmente nella top list dovrebbe esserci solo un ricercatore ed invece ce ne sono 10, cioè il 1000%; 10 volte il valore medio mondiale».

Insomma, come dire, con la mancanza di conoscenza regrediranno i media; dai giornali su carta a quelli online, dalle televisioni private alle radio libere.

«Tutto questo con l’Autonomia differenziata finirà e non ci saranno Lep (Livelli Essenziali di Prestazioni) che potranno attutire l'effetto. Il danno per tutto il Paese non può nemmeno essere immaginato».

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Il sistema dei Trasporti

Sul sistema dei trasporti, inteso come infrastrutture e servizi, per il professore Russo, considerando gli assi principali di livello nazionale ed europeo, «l’impatto non dovrebbe essere particolarmente significativo». Nelle Regioni del Sud, le grandi scelte sono state fatte dai Governi precedenti e confermate da quello in carica, cioè da tutti i partiti, dato che negli ultimi 5 anni si sono alternati alla guida.

«Le scelte fatte hanno acuito la differenza tra Sud e Nord generando una separazione che non potrà essere recuperata nei prossimi 100 anni. Quindi non credo si possa fare peggio. Basta pensare per esempio all’Alta Velocità Ferroviaria: da Milano a Bologna, a Roma sino a Napoli. Quella è una vera linea ad Alta Velocità a 300 km/h. Poi da Napoli a Salerno la componente elettrica della linea è stata modificata; la tensione di alimentazione invece che 25000 volt in corrente alternata, è stata sostituita da 3000 volt in corrente continua, che non permette ai treni di raggiungere i 300 km/h che invece raggiungono senza problemi sulla Milano-Bologna».

A Sud di Salerno, poi, «la proposta di tracciato “zigzagante” è unica al mondo, per sperpero di denaro e per impossibilità di collegare Roma con Reggio in meno di 3 ore. Questo tracciato, definito a Roma, richiede tempi treno maggiori verso tutti i capoluoghi provinciali della Calabria, rispetto ai tempi di una normale linea ad Alta Velocità. Sarebbe invece necessario predisporre un progetto di sistema a Sud di Salerno simile a quello fatto a Est di Milano. Da Milano partono due linee verso Est, una va a Bologna e l’altra, passando per Bergamo e Brescia, va a Verona e poi a Venezia. A Salerno bisogna fare la stessa cosa, due linee, una che va a Potenza e poi a Taranto e Sibari e l’altra che va a Reggio Calabria, proseguendo poi in Sicilia».

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In Sicilia la situazione è ancora peggiore: «Si sta realizzando una linea completamente nuova, ma di tipo convenzionale, cioè come la Rosarno-Pizzo attuale costruita negli anni 70 dello scorso secolo. La linea non è quindi Alta Velocità, e non è nemmeno Alta Capacità perché per interi tratti sarà a binario singolo».

Inutile citare le autostrade. «La 106 non esiste. L’autostrada del Mediterraneo è stata allargata e migliorata nel tracciato. Uno studente del terzo anno di ingegneria civile sa che i tratti più importanti per flusso di traffico di un’autostrada sono quelli a ridosso delle città. L’autostrada del Mediterraneo passa vicino a tre città: Cosenza, Vibo, Reggio Calabria. Nell’Autostrada non sono stati allargati tre tratti, quelli di: Cosenza, Vibo, Reggio Calabria, cioè i più importanti».

Ha ancora senso parlare di sistema di Trasporto integrato?
«Non abbiamo ancora il caso reale davanti, dobbiamo aspettare i primi accordi, però mi sento di escludere sin da ora, che si potrà parlare di trasporto integrato. Se già spostandosi da una regione all’altra può cambiare l’approccio, potrebbe esserci una sorta di Babele biblica. Cioè il trasporto potrebbe funzionare bene, ma con caratteristiche di pagamento, di informazione all’utenza, di app sui telefonini diversi da una regione all’altra. Questo costituirebbe un passo indietro nell’integrazione che invece oggi si sta cercando a livello europeo».

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Se il Tpl di fatto è una materia già devoluta alle Regioni, con l’autonomia differenziata anche la concorrenza tra porti e aeroporti, che pure già esiste nei fatti, è destinata a crescere. Quali sono i rischi dell’assenza di una Pianificazione nazionale del settore?
«La mancanza di pianificazione nazionale ha già prodotto guasti gravi, si pensi allo spezzatino fatto in Calabria per l’autorità portuale di Gioia Tauro, con il passaggio dei porti di Villa e di Reggio Calabria all’autorità portuale della Sicilia, o lo stesso spezzatino siciliano per cui in una Regione sola ci sono ben tre Autorità Portuali. Il mondo sta andando nella direzione opposta, si stanno unificando in una sola autorità portuale grandi porti appartenenti a stati diversi si pensi ai porti di Copenaghen in Danimarca e di Malmö in Svezia che sono stati unificati in una sola autorità. Continuando in questa direzione in Italia passeremo dallo spezzatino al tritato fine».

Peraltro, fa notare Russo, la ridotta pianificazione nazionale sta dando i risultati anche nei finanziamenti ai porti. «Con il Pnrr è stato dato più di mezzo miliardo a Trieste, più di mezzo miliardo a Genova, meno di briciole a Gioia Tauro, niente per le banchine. La Regione ha dovuto finanziare nel 2017 la banchina Ovest, da qualche giorno inaugurata, che serve da base per la cantieristica navale. Se la Giunta Oliverio non avesse finanziato, la banchina non sarebbe stata mai realizzata. In questo senso non credo che l’autonomia differenziata possa fare peggio. L’autonomia potrebbe imporre la crescita delle classi dirigenti, sia al sud che al nord. Potrebbe esaltare le peculiarità regionali in certi settori».

Tornando all’esempio del porto di Gioia Tauro, il Governo centrale non ha finanziato la banchina Ovest e quindi la possibilità di diversificare le attività del porto sviluppando un polo per la cantieristica. «La banchina è stata finanziata dalla Regione. Oggi a Gioia Tauro bisogna finanziare la banchina Sud per aumentare ancora la diversificazione e creare altri posti di lavoro. Il Governo centrale non sta finanziando. Chi impedisce alla Regione Calabria di finanziare? In un certo senso l’autonomia potrebbe porre le classi dirigenti meridionali di fronte alle loro responsabilità». 

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In che misura l’autonomia così immaginata impatterà su cittadini e utenti?
«L’autonomia così immaginata, cambierà la vita dei cittadini del Sud, e per certi versi, anche del Nord. I percorsi formativi di crescita saranno stravolti, i giornali che leggiamo, le scuole che frequentiamo, tutto potrebbe cambiare. È ipotizzabile che al Nord la formazione diverrà ancor più pragmatica, tralasciando le componenti umanistiche e scientifiche teoriche che hanno permesso lo sviluppo del nostro Paese, che è povero di materie prime. La frase “con la cultura non si mangia” potrebbe diventare il primo comandamento. Scordandoci appunto che la cultura, umanistica e scientifica, ha fatto del nostro Paese una potenza economica mondiale. Da Dulbecco a Fermi, da Pirandello a Montale è stata la cultura che ha permesso di costruire l’Italia così come la vediamo, con i suoi aspetti positivi e con quelli negativi.

In certi settori, come l’istruzione dal nido al dottorato, porre delle differenziazioni sarà un grave errore per tutto il Paese, per il Sud e forse ancor più per il Nord, errore che potrebbe pregiudicare il futuro di tutta l’Italia. In altri settori l’autonomia potrebbe inchiodare le classi dirigenti alle loro responsabilità, togliendo tutti gli alibi. E quindi i cittadini e la stampa avrebbero un ruolo ancora più importante nei processi democratici di scelta».

Cosa le suggerisce la recente settimana da incubo, tra aeroporti in tilt e linee ferroviarie interrotte, che hanno isolato la nostra Regione?
«Il problema diverrà sempre più grave, perché manca la linea di Alta Velocità. La linea convenzionale attuale è fortemente affollata e quindi dobbiamo prepararci a sospensioni del servizio come fatto usuale. La linea Alta Velocità, dove costruita, permette di far crescere la resilienza del territorio, annullando i problemi di disconnessione. In territori soggetti a rischio naturale fare crescere la resilienza è ancora più importante perché ne va della vita stessa degli abitanti».