Il consigliere regionale dem presenta il suo libro e ripercorre 40 anni di politica in cui non ha mai dimenticato i territori. Il ricordo di Laratta: «La prima volta che parlai al telefono con lui pensai che fosse pazzo»
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Si è trasformato in una sorta di racconto collettivo la presentazione del libro di Mimmo Bevacqua “La mia forza è la moderazione”. Un’autobiografia politica, figlia di un colloquio con il giornalista Salvatore Audia, che è stata presentata ieri in un salone degli specchi della Provincia davvero gremito. In sala, infatti, oltre agli elettori di Bevacqua c’era tutto il gotha del Partito Democratico dal segretario Nicola Irto ai consiglieri regionali Iacucci, Alecci, Muraca e Mammoliti. Ma anche consiglieri regionali di altri partiti come Ferdinando Laghi, Antonio Lo Schiavo, Giuseppe Graziano. In mezzo tanti protagonisti della politica che fu da Nicodemo Oliverio a Gigi Meduri da Mimmo Battaglia a Mimmo Pappaterra e tanti altri.
La presentazione del volume, curata in sala dai giornalisti Domenico Martelli e Francesco Mannarino, si è trasformata dicevamo in un racconto collettivo di un’epoca precisa che ha visto la scomparsa dei grandi partiti popolari di massa e la nascita del Pd e di Forza Italia. Come ha raccontato uno degli intervenuti, l’avvocato Antonio Gerace, lì si è verificata la diaspora dei Giovani cattolici: chi aveva a cuore i diritti sociali come Bevacqua ha militato nel centrosinistra, chi invece era attratto dalle libertà individuali nel centrodestra.
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La parabola politica di Bevacqua si sviluppa qui e nasce in un modo che Franco Laratta racconta bene. «La prima volta che parlai al telefono con Bevacqua pensai subito che fosse pazzo», ha esordito. L’ex parlamentare ha raccontato gli anni della scalata al Ppi di cui lo stesso Laratta divenne segretario provinciale grazie proprio ad un’intuizione di Bevacqua che lo spinse a candidarsi. «Andai al congresso con un intervento di una mezza paginetta - ricorda Laratta - nemmeno io ci credevo, eravamo dei ragazzi, dei “tamarri” di montagna che si erano messi in testa di sfidare l’egemonia politica di Cosenza. Una pazzia, appunto che invece è riuscita perché avevamo con noi la forza dei territori». Proprio questa è stata la cifra politica di Bevacqua che nel corso della sua lunga carriera non ha mai perso di vista i territori e il contatto con la gente. Una scelta precisa, ma che ha comportato anche grosse rinunce personali. Non a caso nel libro l’attività politica sembra quasi inscindibile da quella personale. Lo ricorda anche Franco Iacucci che più volte ha intersecato la sua storia politica con quella di Bevacqua. Anche lui ha parlato di un impegno totalizzante e la difficoltà degli esordi quando veniva considerato sindaco di un piccolo paese. Irto invece ha sottolineato la coerenza politica del suo capogruppo in un periodo in cui gli schieramenti cambiano a seconda dei momenti politici.
L’autore, in alcuni tratti, commosso, ha ribadito che la sua forza è stata sempre quella del dialogo. Per questo non accetta le accuse di una debolezza nell’opposizione a Roberto Occhiuto che fu suo vice ai tempi della giovanile democristiana. «Il ruolo del Governatore oggi è sovradimensionato e questo comporta una mortificazione del ruolo dei consiglieri regionali che pure sono fondamentali all’elezione del presidente visto che in Calabria non esiste il voto disgiunto».
Ma come ha detto Iacucci nel suo intervento la moderazione non può essere confusa con altro, perché Bevacqua, soprattutto sui principi, è tutt'altro che moderato. Allora nel libro c’è spazio anche per alcune recriminazioni sulla vita di un partito che spesso è contraddistinta da lotte intestine e trappole. Come quella che lui stesso ha subito nella sua prima candidatura al consiglio regionale, sfumata per soli 109 voti.
Bevacqua dice che si rese subito conto che molti di quelli che sulla carta lo sostenevano lo avevano invece tradito, sempre per alchimie di partito. Una tappa divenuta fondamentale nella sua carriera politica, ché da allora ha cambiato il suo approccio, anche col partito. Bevacqua si è definito più cinico, anche se sempre corretto. Ma ha anche lamentato la memoria corta di tanti dirigenti. «Ricordo che in tanti non volevano la ricandidatura di Mario Oliverio a presidente della Provincia, io mi impuntai e ricordo che feci fare ad un giornalista un titolo secco “Oliverio si ricandida” per accelerare le cose e funzionò». Un atto di generosità che Bevacqua dice di non aver avuto ripagato. Ma la politica è anche questo, anche se ieri sembrava stridere in un’atmosfera corale intinta nel miele.