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Una ditta che lavorava con il Comune da oltre venti anni, che l’amministrazione Mascaro aveva già trovato a via Perugini grazie all’ultima gara di affidamento del servizio mensa espletata nel 2013. E poi, ancora, una «mancata conoscenza delle normative di cui al Codice dei Contratti» da parte della commissione di accesso agli atti. Il sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascaro, dopo lo scioglimento dell’ente avvenuto lo scorso novembre e ufficializzato con decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale da ieri, continua la sua ‘difesa a capitoli’ sviscerando una delle questioni su cui si sono soffermati sia il prefetto Latella che il ministro dell’Interno Marco Minniti e a cui la relazione della commissione di accesso agli atti ha dedicato fiumi di inchiostro: l’appalto alla Cardamone Group del servizio mensa, società raggiunta lo scorso maggio da un’interdittiva antimafia.
«La ditta poi oggetto di interdittiva era da 20 anni legittimamente operante nel Comune di Lamezia e non invece tolta dal cilindro con ipotetici favoritismi durante l’amministrazione Mascaro» - spiega il decaduto primo cittadino, che aggiunge poi, che andando a ritroso mel tempo, il primo contratto risalirebbe al 1998, andando poi a toccare «tutte le amministrazioni nelle quali vi è stata elezione diretta del Sindaco ed anche il periodo di precedente gestione commissariale».
Quando a marzo 2016, spiega Mascaro, la Cardamone Group ha chiesto la proroga dell’affidamento iniziato nel 2013, la società non avrebbe visto accolta la propria istanza perché proprio il sindaco avrebbe ritenuto «il rinnovo inopportuno sia per alcune contestazioni insorte nel corso del servizio con riferimento alla qualità del pesce fornito in una circostanza, sia in quanto in periodo di deflazione poteva esservi migliore condizione contrattuale per l'ente e sia in quanto si intendeva modificare in parte l'aspetto inerente le pietanze anche per le giuste sollecitazioni provenienti da alcuni comitati cittadini formati da mamme degli alunni che erano state ascoltate svariate volte nella competente Commissione Consiliare».
Dopo l’annullamento di una gara d’appalto per l’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti, la nuova procedura vedeva la Cardamone Group prima nella graduatoria finale, il Rup dichiarava congrua la documentazione a giustificazione dell’offerta e veniva disposta l'aggiudicazione subordinata alla verifica dei requisiti prescritti dall'art. 80 Codice Appalti, sintetizza l’avvocato. A marzo 2017 diventava esecutiva l’aggiudicazione, a maggio la Prefettura di Cosenza comunicava non sussistere le condizioni per la prosecuzione o il completamento del rapporto e «si procedeva all'immediata revoca dell'aggiudicazione ed allo scorrimento della graduatoria con aggiudicazione provvisoria in favore della seconda classificata».
«In data 10/05/17, la Cardamone Group proponeva istanza di annullamento in autotutela che veniva respinta dall'ente ed il servizio già da giorno 11 maggio non veniva espletato dalla detta società». A luglio il servizio veniva aggiudicato all’Ati Siarc spa e ad altri.
«E' evidente, quindi, l'intransigente comportamento amministrativo di fermo contrasto nei riguardi di qualsivoglia situazione di possibile illegalità ed il pieno rispetto di ogni norma di legge – dice Mascaro - nonostante l’indiscutibile linearità del comportamento tenuto, giudicato meritorio anche da avverse appartenenze politiche, la Commissione ha dedicato oltre 50 pagine della relazione al detto appalto rappresentando asserite irregolarità procedurali che avrebbero in ipotesi favorito la Cardamone Group s.r.l. già dimenticando in premessa che, volendo essere favorevole alle loro istanze, bastava accogliere, e non invece rigettare, l’istanza di rinnovo contrattuale del 29/03/16 evitandosi quindi la gara ad evidenza pubblica».
«In particolare, nelle tante pagine dedicate alla Cardamone Group, si sollevano svariati motivi di asserita irregolarità che vengono richiamate a pag. 2 della proposta del Ministro con riferimento a “anomalie in sede di nomina e sostituzione dei componenti la commissione giudicatrice sia in ordine alle modalità di valutazione delle offerte». «Ciò è palesemente inveritiero - spiega ancora l’ex primo cittadino - e deriva dalla mancata conoscenza delle normativa di cui al Codice dei Contratti ed in particolare la fondamentale distinzione tra la cd. commissione (o seggio) di gara e la commissione giudicatrice di cui al Codice dei Contratti e di non aver mai letto neanche una delle centinaia di sentenze del Consiglio di Stato che hanno sempre evidenziato detta differenza specificando che l’operato della commissione giudicatrice interviene in una sottofase che è obbligatoria nei casi di appalti da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa al fine di valutare l’offerta tecnica (si richiamano all’uopo, tra le tante, le sentenze del Consiglio di Stato n. 780 del 25/02/16 e n. 4190/15). Detta mancata conoscenza assurge a spia di particolare allarme ove si pensi che è stata disattesa la collaborazione formalmente offerta dal Sindaco ad essere audito onde accertare e verificare la legittimità di ogni atto e la mancata audizione dei dirigenti che avrebbero immediatamente spiegato particolare così banale».
«Di certo, con riferimento all’appalto mensa scolastica non vi sarà alcuno che non potrà affermare:
a)che trattavasi di ditta che da 20 anni lavorava, nelle sue varie rappresentazioni imprenditoriali, per il Comune di Lamezia Terme così come per tanti altri enti locali ed aziende ospedaliere; b) che vi è stato particolare rigore sia nel non accettare la proposta di rinnovo contrattuale avanzata dalla stessa il 29/03/16 e sia nell’interrompere ogni rapporto immediatamente e prima di ogni altro ente che aveva rapporti con la stessa;c) che si è proceduto con gara d’appalto mediante procedura aperta nel corso della quale sono state osservate pedissequamente e rigorosamente tutte le norme di legge e di buona amministrazione».