Il primo cittadino, terzo nel sondaggio lanciato da LaC News24 sui leader del centrosinistra, rilancia il ruolo degli amministratori locali: «Noi conosciamo i problemi della gente, gli altri pensano di leggerli nelle rassegne stampa romane. Il centrodestra? È il lato oscuro»
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Flavio Stasi mostra la via della forza, contro il lato oscuro – la malapolitica – quasi fosse un po’ maestro Yoda, un po’ Luke Skywalker, ma con pochi – o nessun – Obiwan Kenobi a guardargli le spalle. E contro i Sith, che per lui sono Roberto Occhiuto e il centrodestra, ma anche quella certa sinistra eccessivamente radical che somministra politica dall’alto verso il basso, davanti al caminetto, nelle Ztl o sprofondando sui pouf romani di fantozziana memoria. E magari facendola senza conoscere i problemi reali della gente, quelli contro cui i calabresi si scontrano nella loro inquietante quotidianità fatta di “piaceri” scambiati per doveri, del sistema delle “mmasciate” tanto combattuto da Stasi nella scorsa campagna elettorale di Corigliano Rossano che – per certi versi – ha mostrato la via della forza (al centrosinistra), fatto vedere a tutti come si fa ed impartito una lezione storica al centrodestra. Sostanzialmente, se si vince col 70% dei consensi in una città in cui si ha tutti, ma proprio tutti contro, in una fase storica in cui il centrodestra governa un po' ovunque ed a più livelli, con apparati e sistemi alle spalle, allora vuol dire che si è dei fenomeni della politica. Avete presente Ronaldo e Messi? Beh, loro sono nati per giocare a calcio, Stasi – con le dovute proporzioni – per fare politica e parlare alla gente.
Sin da ragazzino ha mostrato il suo talento e nessuno lo ha sentito – o visto arrivare – anche dopo aver occupato i binari della linea ferroviaria ionica a Rossano per difendere quei diritti alla mobilità mai concessi a quelle latitudini, o fare lo sciopero della fame a difesa del Tribunale di Rossano.
Nel 2016, poco più che trentenne, si candida a sindaco di Rossano in completa autonomia arrivando terzo per una manciata di voti. Eppure ridacchiavano tutti quando lo si nominava.
Oggi, invece, non ride più nessuno ed anche nel centrosinistra calabrese, diviso atavicamente in mille rivoli, a parte qualche illustre sostenitore, l’enfant prodige della politica inizia ad essere avvertito come un problema, come il rottamatore dello status quo. E per questo temuto. E forse anche osteggiato da quanti vorrebbero legittimamente candidarsi a governatore.
Il talento, Stasi, lo ha mostrato in più occasioni. Se si vince per due volte in una città difficile, di 80mila abitanti, a due teste e con due anime – quella rossanese e quella coriglianese – e si sbanca anche Corigliano demolendo pregiudizi e incrostazioni campanilistiche ancora esistenti, contro la coriglianese Pasqualina Straface con alle spalle la Regione e la Provincia, e senza padrini, senza apparati, ottenendo un plebiscito, rappresenta un unicum che sa di fenomenale.
Probabilmente anche tra gli anfratti della politica calabrese non lo sentiranno arrivare. Anche perché al contrario dei politici calabresi “de noantri”, o quelli che si sentono arrivati ma che apprendono i problemi dei calabresi – come dice Stasi – «dalle rassegne stampa» e non stando più tra la gente, potrebbe trovare gioco facilissimo.
Nel sondaggio pubblicato da LaC News24 sulle preferenze dei calabresi in merito alla leadership del centro sinistra in vista delle prossime elezioni regionali, Flavio Stasi è giunto terzo, dietro Giuseppe Falcomatà e Jasmine Cristallo. E nella prima ora è stato anche in testa.
Sindaco Stasi, che lettura dà al nostro sondaggio?
«LaC News 24 ha fornito un bel segnale, perché la Calabria è diventata una terra in cui c'è speranza, in cui la gente non è più rassegnata alla politica nata in provetta, ma crede finalmente in qualcosa che può nascere e farsi largo anche se nata per la strada, ottenendo risultati straordinari. La mia presenza in questo sondaggio è già una vittoria: non ho apparati o strutture o correnti alle spalle. Quando lo avete pubblicato, me lo sono goduto. Un sacco di gente che mi ha chiamato per spingermi a fare salti mortali e farmi votare, ma invece è molto più significativo così. Sono arrivato terzo senza aver mosso un dito e senza volermi candidare, ma solo perché tanti apprezzano ciò che stiamo facendo, come squadra, a Corigliano Rossano. Non c'è soddisfazione più grande».
Falcomatà, lei, Fragomeni. Sembra un po’ la rivincita dei sindaci, i primi frontman delle istituzioni.
«I sindaci sono quelli che affrontano quotidianamente i problemi veri della gente, che si ingegnano per risolverli in un contesto in cui spesso chi legifera non conosce nemmeno l'oggetto delle leggi e le loro conseguenze. I sindaci sono politici, sono avvocati, sono poliziotti, sono artigiani, sono operai, sono psicologi. Credo che la gente lo sappia perché ci vede sempre in prima linea, con i nostri difetti ed i nostri pregi. Forse in questi anni in Calabria è mancato qualcuno che conosca davvero i problemi dei calabresi, quelli veri, quelli quotidiani, non quelli letti sulla rassegne stampa romane».
Il centrosinistra sembra essere in forte crisi di identità, almeno nella leadership, e sembrano prevalere – come da tradizione consolidata – più i personalismi che le idee.
«Non sono d’accordo. La politica tutta è in crisi di identità e in preda a personalismi dal 1994, non il centrosinistra o la Calabria adesso. Se andate in un comune qualsiasi del Piemonte, è la stessa cosa. Sulle idee e sulla capacità di metterle in pratica si gioca la credibilità – o meno – della politica. A me interessa molto, per esempio, che intendiamo fare di Arrical, di Azienda Zero, del Consorzio Unico e così via: effetti speciali in bianco e nero, invenzioni artificiali di Occhiuto solo per centralizzare il potere e lasciare agli altri i guai. Alla Calabria non serve la brutta copia di Occhiuto, perché nessuno potrebbe eguagliare i suoi disastri strategici, serve una visione diversa, d’insieme, ed il coraggio di metterla in pratica».
La Calabria ha mille problemi, ma quali le priorità?
«La programmazione è inesistente. Se penso a Baker Hughes e alla Centrale del Mercure, penso ad un caso di studio bipolare, non alla politica. Serve, intanto, un piano strategico delle infrastrutture, senza le quali possiamo parlare anche della scissione dell'atomo, ma non serve a nulla. Su questo l'attuale giunta regionale ha fatto solo reel sui social e provato a sfruttare gli uffici romani per vantare risultati di altri, senza un piano ed una idea. Serve riprendere la programmazione europea, come strumento di emancipazione della nostra terra, non di gestione economica, come è stato finora. Siamo fermi a dieci anni fa, come sulla forestazione: ma possibile che nessuno si renda conto che la Calabria sulle foreste può creare economia green? L'elenco, ad ogni modo, sarebbe lungo».
Un campo eccessivamente largo, con troppe teste, troppe idee, troppi pennacchi, rischia di creare confusione all’elettore?
«No, da questo punto di vista appoggio la linea unitaria. La questione non è quanti siamo, sono i punti di congiunzione, su cosa siamo uniti. Se ci sono le idee chiare – ed io intendo contribuire a chiarirle – il campo largo funziona, alle elezioni e dopo. Servono quindi contenuti ed interpreti credibili: così vinciamo le elezioni e governiamo bene per rilanciare la nostra terra. Ma – ne sono convinto – tocca muoversi. E poi serve coinvolgimento: uno dei vizi in generale della politica e far trovare ai territori “il piatto pronto”, calare dall’altro idee e persone. Non è solo sbagliato, è soprattutto deleterio. Chi ha idee solide, non ha paura di confrontarsi».
Da civico ai partiti? Qualora le dovessero chiedere di sottoscrivere una “tessera” per partecipare alla competizione regionale cosa risponderebbe?
«E con quanti partiti devo tesserarmi? Partiamo dal presupposto che non sono un candidato, ma penso che l'ingresso in un partito debba essere un segmento importante di un tracciato politico, non l'oggetto di una trattativa. Quando deciderò di entrare in un partito, sarà per contribuire direttamente a farlo crescere, nei numeri e nella sostanza politica, non per ricevere qualcosa in cambio. Questa logica non mi appartiene. Al momento, da sindaco con una precisa connotazione politica, spero di lavorare per far crescere indirettamente, i partiti che mi sostengono (nella maggioranza Stasi trovano posto Movimento Cinque Stelle, Partito democratico ed Europa Verde-Verdi/Avs, ndr)».
Stasi, è sempre convinto che il movimentismo sia il lato giusto della “forza” e i partiti il lato oscuro?
«No, il movimentismo è la risposta quando i partiti sono in crisi. Avere partiti deboli non conviene a nessuno, tanto meno ad un sindaco. Serve però che le strutture si avvicinino il più possibile ai territori e ne accolgano il più possibile i rappresentanti e le istanze. In certi casi il movimentismo è l'unico strumento per poter dare il proprio contributo, perché affrontare le logiche interne ai partiti rischierebbe di consumare così tante energie da non consentirti di realizzare il sogno di contribuire alla crescita della tua terra. Ma attenzione: il movimentismo può essere anche uno strumento per emancipare i partiti stessi».
A Occhiuto ha già impartito una “lezione”. In tanti sono convinti che con lei alla guida, il centrosinistra non farebbe “prima”. Lei sa già come si fa, un po’ come i maestri Jedi, conosce già la “forza”.
«Adoro Skywalker ma di certo non ho parentele con Dart Fener! Scherzi a parte, il centrosinistra deve muoversi perché distruggere l'“impero galattico” o la “morte nera”, cioè l'inconcludenza politica del centrodestra che però gestisce magistralmente il potere per autoconservarsi, non è semplice se si arriva tardi e con i polsi tremanti. A me non tremano, per cui se posso essere uno strumento, non da candidato, per chiudere questa triste pagina del “lato oscuro” per la Calabria, sono a disposizione».
Non dimentichiamo che Flavio Stasi è il sindaco di Corigliano Rossano. Si mormora di qualche mal di pancia tra i suoi. Eccessive ambizioni?
«Nell'amministrazione di una città come la nostra, per la sua dimensione e la sua storia straordinaria, se non ci fosse una chiacchiera ogni ora mi preoccuperei. Se penso ai miei primi cinque anni, è stato detto di tutto. Noi abbiamo una cultura politica chiara, direi da sinistra operaia di un tempo: lavoriamo per la città. Chi chiacchiera e non lavora, resta indietro e mi sembra che a qualcuno sia capitato negli anni scorsi (nel corso della sua prima consiliatura Stasi si è sbarazzato di una fetta di maggioranza che lo tirava dalla giacchetta per ottenere postazioni, ndr). Alla fine, dopo le elezioni si raccoglie la soddisfazione del lavoro fatto: s tanchi, ma felici . Sarà così anche nei prossimi anni».