Fondi per le donne vittime di violenza restituiti al mittente, ossia lo Stato, per inefficienza dei competenti uffici e per inerzia della politica calabrese. È l’ennesimo scandalo nostrano. L’Osservatorio regionale sulla violenza di genere ha stimato due anni fa che il 26,4% delle donne calabresi tra i 16 e i 70 anni ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza maschile. Sul tema si susseguono convegni, inaugurazioni di panchine rosse, commemorazioni e... incarichi (leggasi consigliere di parità, commissioni pari opportunità, tavoli e osservatori).

Sulle inefficienze e sulle mancanze di tutele c’è chi punta il dito sul fattore culturale, sulla mancanza di formazione e sulla difficoltà a scardinare stereotipi di genere. Non è da trascurare, però, il fattore istituzionale, con una politica non in grado di dare i giusti segnali, tendendo, a volte, a perdersi in un brodo di giuggiole fatto di spot mediatici e supercazzole burocratiche.

Il piano statale straordinario contro la violenza di genere

Eppure lo Stato ha messo la Regione in condizioni di poter intervenire. Il Governo Letta nell’estate del 2013 approvò un decreto legge contenente le “disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto alla violenza di genere” che conteneva un piano straordinario contro la violenza per «potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza».

Nella normativa è contenuta una ripartizione annuale delle risorse che tiene conto della programmazione regionale e degli interventi già operativi per contrastare la violenza nei confronti delle donne, del numero dei centri antiviolenza pubblici e privati e del numero delle case-rifugio pubbliche e private già esistenti, nonché della necessità di riequilibrare la presenza dei centri antiviolenza e delle case-rifugio in ogni regione italiana.

I soldi che tornano allo Stato

Sotto il Governo Gentiloni, con sottosegretaria alle Pari opportunità Maria Elena Boschi, sono stati ripartiti i fondi pari a oltre 12 milioni di euro tra tutte le Regioni sia per l’istituzione di nuove case rifugio e centri antiviolenza, sia per il finanziamento di interventi regionali già operativi volti ad attuare azioni di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, nonché per il finanziamento dei centri antiviolenza pubblici e privati già esistenti a livello regionale.

Il trasferimento delle risorse, è specificato nel testo normativo, avviene a seguito di specifica richiesta da parte della Regione, che dovrà inviare un’apposita scheda programmatica con obiettivi e attività, con relativo cronoprogramma e piano finanziario. È specificato, però, che il mancato utilizzo dei fondi da parte della Regione ne comporterà la revoca «e gli importi corrispondenti sono versati all'entrata del bilancio dello Stato».

Come specificato nel decreto dirigenziale del Dipartimento salute e servizi sociali della Regione Calabria, datato 19 ottobre 2021 (il numero è il 10522), in base a tale normativa la Regione Calabria era destinataria di ben 379.229,42 euro. Nonostante il tentativo del Dipartimento guidato dal dirigente generale Giacomino Brancati, datato aprile 2021, di chiedere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri una proroga per l’utilizzo dei fondi non spesi, pari a 171.243,92 euro, lo Stato ha risposto picche: i fondi devono tornare indietro entro due mesi (e graveranno sul bilancio della Regione nell’anno 2021).

La legge regionale ferma ai nastri di partenza

Quattro anni fa venne depositata una proposta di legge regionale bipartisan sugli “interventi di prevenzione e contrasto della violenza di genere e per il sostegno alle donne vittime di violenza ed ai loro figli" firmata da Baldo Esposito, Wanda Ferro e Michele Mirabello.

«La presente proposta vuole sollecitare una risposta concreta alla tematica della violenza contro le donne attraverso l’attivazione di un sostegno finanziario regionale per il biennio 2017/2018» si leggeva nel testo finanziato con oltre due milioni e mezzo di euro, mai uscito dalla commissione cultura di Palazzo Campanella. Anzi, nell’ultima seduta in cui si è discusso, risalente alla fine del 2019, il settore assistenza giuridica del Consiglio regionale ha evidenziato che «la tematica abbia seguito un iter anormale», evidenziando la sovrapposizione di compiti e funzioni del Tavolo regionale e dell’Osservatorio regionale contro la violenza. Insomma, legge nella palude, soldi al palo e donne prive di tutela nella Calabria 2021 guidata da Spirlì.