Il centrodestra ha rialzato la testa a Catanzaro. Dopo l’umiliante esito delle amministrative, nelle quali si è spezzato in mille rivoli senza riuscire peraltro ad ottenere la vittoria, alle provinciali ha ritrovato l’unità perduta ed ha polverizzato il candidato del centrosinistra Nicola Fiorita. Non che fosse un’impresa titanica se pensiamo che grossi centri come Lamezia Terme sono di centrodestra e che “l’anatra zoppa” vige a Palazzo dei Nobili. La differenza potrebbe stare tutta qui e quindi nella natura di queste elezioni, definite tecnicamente di secondo livello. Una tornata cioè dove sono chiamati al voto i consiglieri comunali e non i semplici cittadini.

La differenza non è di poco conto se si considera che i primi, banalmente, tendono più alla disciplina di partito mentre i secondi a premiare la novità. Figuriamoci poi quando sono chiamati al voto a poche ore dalla straripante vittoria alle Politiche del proprio schieramento. In questo quadro il Pd si è difeso come ha potuto. «Alla fine - dice il consigliere regionale Ernesto Alecci - abbiamo riportato un dignitosissimo 45% che ci soddisfa. Contro avevamo una corazzata composta dal presidente del consiglio regionale: quattro consiglieri e due deputati. Per me è un ottimo punto di partenza».

La partita di Mancuso

Al netto di queste considerazioni c’è però da registrare la vittoria abbastanza schiacciante del centrodestra che a queste provinciali ha mostrato i muscoli. Il vero player di tutta l’operazione è stato Filippo Mancuso, presidente del consiglio regionale. Non solo perchè il candidato presidente era suo uomo di stretta fiducia (tutti ricordano quando Amedeo Mormile finì prima a “Le Iene” e poi a “Non è l’arena” per il suo doppio e contemporaneo ruolo di sindaco di Soveria Simeri e autista part time dello stesso Mancuso), ma anche perchè lui stesso, in questa vicenda, si è giocato una sua partita parallela.

Non è un mistero per nessuno che Mancuso ormai sia un “ex” della Lega, anche se non formalmente. Da tempo non partecipa alle convention del partito e nelle ultime occasioni in cui l’ha fatto è stato anche critico verso la linea politica. Per il momento non ha abbandonato il Carroccio, ma da questa doppia tornata elettorale in molti sembrano aver presagito le sue mosse future. Mancuso ha infatti partecipato a parecchie riunioni per Mario Occhiuto e i numeri dicono che ha fatto votare proprio in quella direzione. Basti guardare lo scarto di voti che si è registrato fra Forza Italia e la Lega, con quest’ultima che ha raccolto davvero briciole. Molti, infatti, dicono che il commercialista abbia stretto un accordo con il governatore in base al quale ha strappato il candidato unitario proposto da lui e in cambio ha votato il fratello senatore. Ma l’accordo sembrerebbe anche funzionale ad un passaggio del presidente nelle fila di Forza Italia.

Un’adesione funzionale anche ai futuri assetti della giunta regionale. Come noto il presidente del consiglio regionale può essere sostituito, a norma di Statuto, dopo 30 mesi. Ad oggi ne sono passati 11 da quando Mancuso siede su quello scranno, ma tante cose sono cambiate, a partire dal rapporto dello stesso presidente con la Lega. Un accordo con Occhiuto lo renderebbe al sicuro da eventuali mal di pancia del suo ex partito. Non solo, ma comporterebbe un riequilibrio nei rapporti di forza territoriali degli Azzurri, finora schiacciato sull’asse Occhiuto-Mangialavori-Cannizzaro che di fatto ha relegato Catanzaro a ruoli marginali. Oggi Mancuso con la sua abile campagna elettorale è riuscito a sparigliare le carte.