di Alessia Bausone*
Oggi la prima commissione “Affari istituzionali” del consiglio regionale si riunisce per discutere nuovamente, a distanza di tempo, la proposta di legge da me redatta sulla doppia preferenza e le quote di genere, che è stata approvata e promossa da molti consigli comunali della Calabria, a partire da Catanzaro, giusto un anno fa, grazie all’operato della presidente della commissione politiche sociali del Comune capoluogo Manuela Costanzo.

Lo statuto regionale impone che queste proposte di legge regionale promosse dagli enti locali arrivino direttamente nell’aula di Palazzo Campanella “entro 90 giorni”, a prescindere da passaggi o meno nelle commissioni consiliari. Invece, sono passati sei mesi e il testo ancora non è arrivato in Consiglio per il voto. Un ritardo che rivela la voglia di affossare una legge scomoda che renderebbe l’imminente voto regionale ancor più imprevedibile e incalcolabile, è trasversale tra i consiglieri a cui trema la poltrona.

 

Già assistemmo ad un triste teatrino bipartisan lo scorso 15 aprile quando in Consiglio regionale quella che fu la “legge Sculco” sulla doppia preferenza di genere venne sacrificata sull’altare dell’inciucio con Forza Italia. Ne seguì una conferenza stampa dove il Partito democratico annunciava la sua discesa in piazza a favore delle donne in politica. Nulla di tutto ciò, se non le solite riunioni in segrete stanze tra i soliti noti.

E questa è storia, come lo è l’esposto alla prefetta di Catanzaro dello scorso giugno nei confronti del presidente del consiglio regionale Nicola Irto, restio a calendarizzare questa legge, con buona pace dello Statuto calabrese del quale dovrebbe essere ligio osservatore.

Ora i consiglieri-detrattori e i Franco Sergio del Consiglio regionale penseranno che sia tardi per approvarla perché ieri Mario Oliverio ha decretato la data delle elezioni per il 26 gennaio.

Mettiamo in chiaro, però, che non è così. Ce lo insegna la sentenza della Corte Costituzionale sul ‘caso’ Wanda Ferro, la 243/2016.

 

I giudici della Consulta hanno indicato la retta via ai consigli regionali che si trovano a legiferare in materia elettorale: durante il periodo di ‘prorogatio’, ossia quell’arco temporale fra la scadenza naturale del mandato e l’entrata in carica del nuovo organo eletto, il Consiglio regionale è tenuto a limitare il contenuto dei provvedimenti legislativi esclusivamente a quelle disposizioni che appaiano «indifferibili e urgenti» al fine di fronteggiare situazioni di pericolo imminente, ovvero che appaiano necessitate sulla base di obblighi fissati dal legislatore statale o comunitario

Alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale in tema di limiti dei poteri degli organi elettivi in prorogatio, quindi, l’adeguamento della legge elettorale regionale alla legge nazionale 20/2016, essendo di attuazione costituzionale è sicuramente idonea a giustificare ‘il carattere necessario ed indifferibile dell’intervento’, motivo per cui l’approvazione della legge sulla doppia preferenza di genere è ancora possibile, financo, dovuta.

* giurista e opinionista di Perfidia