Le immagini di Matteo Salvini acclamato, anzi osannato, a Lamezia e Rosarno hanno un significato profondo, che va al di là del risultato elettorale della Lega in Calabria. Se esistessero ancora le scuole di partito, dove soprattutto a sinistra si insegnava a far politica, le immagini del nuovo Matteo nazionale cullato dall’entusiasmo dei calabresi, dovrebbero essere proiettate ad ogni lezione come un monito: «Ecco cosa accade se perdete il contatto con la gente. Vincono gli altri». E vincono anche dove sino a qualche tempo fa sembrava impossibile che potesse succedere.

 

La Lega in Calabria ha conquistato un deputato, Domenico Furgiuele, e un senatore, cioè proprio Matteo Salvini. Nonostante fosse candidato anche in Lombardia, Liguria, Lazio e Sicilia, è in Calabria, dove è andato peggio, che ottiene il seggio, per l’ennesimo paradosso di una legge elettorale pessima che a due settimane dal voto ancora non ci ha restituito la composizione finale del Parlamento. Uno scandalo che tarda a manifestarsi soltanto perché, sempre la stessa legge elettorale, non ci ha ancora assicurato neppure una maggioranza certa che possa governare. In questo post voto infinito, dunque, abbiamo tutto il tempo per riflettere su “Salvini il calabrese”, pazzo per la ‘nduja che promette di mangiare pure con la polenta, affascinato dalle bellezze paesaggistiche di una regione dove dice di volere portare «turisti paganti e non turisti pagati 35 euro al giorno».

 

 

Forse nemmeno lui si aspettava il calore e l’entusiasmo con il quale è stato accolto nel suo breve tour di ringraziamento. I sorrisi erano autentici, le mani protese erano attaccate a persone vere, le richieste di selfie non finivano più. In una Calabria abituata da troppi anni alle truppe cammellate, radunate ogni volta che serve per fare numero a noiosissimi appuntamenti politici, le immagini di Salvini travolto dalla passione dei suoi sostenitori dovrebbero avere l’effetto di un defibrillatore sul cuore di quei partiti, il Pd su tutti, che hanno completamente perso il contatto con i propri elettori.

 

I Cinque stelle in Calabria, come in tutto il Sud, hanno fatto meglio, molto meglio, della Lega. Ma se quasi il 6 per cento dei calabresi ha deciso di premiare quello stesso Matteo Salvini chi fino a tre anni fa diceva «questa regione mi fa vergognare di essere italiano», significa che qualcosa è veramente cambiato.

 

Il merito di Salvini, anche per chi non l’ha votato e non lo farà mai, è quello di aver messo la ciliegina sulla perfetta sconfitta della vecchia politica calabrese, di aver reso evidente che va bene tutto piuttosto di quello che c’è. Anche chi fino a poco tempo fa inneggiava al Vesuvio, all’Etna e al Marsili affinché spazzassero via Terronia. Oggi l’ex delfino di Maroni se la cava dicendo che cambiare idea è sintomo di intelligenza. E in effetti intelligente si è dimostrato davvero, puntando contro ogni evidenza sulla possibilità di un’affermazione anche al Mezzogirono della Lega.

 

A Rosarno, dove il suo partito ha racimolato un clamoroso 13 per cento, Salvini ha ringraziato, certo, ma ha innanzitutto ribadito i temi della campagna elettorale, assicurando, se arriverà al Governo, di spazzare via il degrado di un territorio dove la baraccopoli di San Ferdinando, che accoglie gli schiavi del nuovo secolo, è uno scandalo enorme. Magari sono le solite promesse, ma è un’altra lezione di politica per chi, nonostante la bruciante sconfitta, continua a parlarsi addosso.


Enrico De Girolamo