«Io qui ci starò cinque anni, non dieci. Una sola legislatura ci starò. Una. E dopo non avrò l’assillo di andare a fare altro». Parlava così il presidente Mario Oliverio durante la prima conferenza stampa all’indomani del suo insediamento, nel novembre del 2014, alla guida della Regione Calabria.
Perentorio, sicuro di sé, pure leggermente incazzato per chi forse già sollevava il sopracciglio consapevole che in politica impegni di questo tipo sono boomerang che prima o poi tornano indietro.

 

Il Sacro Graal dello sputtanamento politico salta fuori dai meandri del web, e a un mese e mezzo dalle elezioni regionali dimostra in maniera inconfutabile che il governatore non sta mantenendo la sua parola, disposto a minare anche le ambizioni elettorali del suo (quasi ex) partito, il Pd, pur di ricandidarsi alla guida della Cittadella. Eppure, in quella conferenza stampa Oliverio ha piantato parole come chiodi, spiegando che «senza l’assillo di fare altro» avrebbe avuto la possibilità di governare con «le mani libere». Non pago di cotanto nobile scopo, invitava i giornalisti a fare la propria parte: «Se dovessi cambiare idea me lo potrete ricordare». Ebbene, glielo ricordiamo. L’abbiamo già fatto altre volte affidandoci alla memoria, ma ora che il video del suo solenne impegno è saltato fuori sarà più difficile glissare.

 

Tanto più che riascoltando le sue parole, viene da chiedersi in che modo le sue mani siano state meno «libere», viene da domandarsi qual è lo scotto clientelare che la Calabria è costretta a pagare per la sua ostinata auto candidatura. Non è un’insinuazione, ma solo il quesito che affiora prepotentemente sentendo la sua voce, vecchia di 5 anni, rivendicare indipendenza e libertà perché non più costretto a costruire consenso elettorale. Siccome così non è stato, siccome ha voluto correre di nuovo a tutti i costi, obbligando il suo partito a ripiegare su una soluzione last minute (Pippo Callipo), se ne deduce che Oliverio è molto meno libero e trasparente di quanto orgogliosamente affermi in ogni occasione pubblica.

 

Intendiamoci, per quanto colpisca rivedere quella conferenza stampa, non c’è niente di nuovo sotto il sole. Esempi di politici che si rimangiano clamorosamente le proprie parole ce ne sono a iosa. Il più recente e forse più noto, è quello di Matteo Renzi che promise l’addio alla politica in caso di sconfitta al referendum costituzionale del 2016. Come siano andate le cose lo sanno tutti: Renzi perse ma a lasciare la politica non ci pensò proprio, e ora è al governo.

 

Allo stesso modo, una volta eletto governatore, Oliverio giurò e spergiurò che avrebbe guidato la Regione nell’esclusivo interesse dei calabresi, scevro da nuovi obiettivi politici. Affermazione anche credibile per una persona che a soli 27 anni era già consigliere regionale nelle liste del Pci e per i successivi 40 anni non ha mai fatto altro nella vita che mangiare pane e politica. Da sindaco, da presidente della Provincia, da parlamentare. Diventare presidente della Regione coronava una carriera politica formidabile, almeno in termini di capacità di imporsi senza soluzione di continuità per quattro decenni. A questo punto, una persona “normale” si godrebbe i propri affetti, i vitalizi accumulati e lascerebbe il passo, chiudendo alla grande. Invece, Oliverio preferisce restare nel giro, costi quel che costi, smentendo le sue stesse parole e accettando - se tutto va bene - anche un semplice scranno da consigliere regionale, come quarant’anni fa, quando era poco più di un ragazzino con la falce e il martello sulla bandiera.


degirolamo@lactv.it