Il M5s attraversa un periodo di profonda discussione interna innescato dalla crisi del governo Conte e dalla nascita del nuovo esecutivo guidato da Mario Draghi che ha creato una profonda spaccatura interna. Tra i calabresi che non si sono allineati alle indicazioni venute fuori dalla consultazione sulla piattaforma Rousseau anche il deputato Francesco Forciniti che considera chiusa la spinta propulsiva del Movimento e, forse, anche il suo stesso impegno in politica.

Lei è stato tra coloro che non hanno votato la fiducia a Draghi, come valuta il percorso intrapreso dal M5s? 

«Il governo Draghi costituisce il commissariamento del Parlamento, annullando di fatto il risultato delle elezioni politiche del 2018, con le quali i cittadini avevano conferito al Movimento 5 Stelle un mandato fortissimo e il compito di cambiare il Paese. Per questo credo che il Movimento non avrebbe dovuto appoggiarlo, ma al contrario avrebbe dovuto resistere con tutte le sue forze a questo piano di restaurazione che ha riportato al governo tutto ciò contro cui ci siamo sempre battuti: berlusconiani della prima ora, pezzi di una classe dirigente colpevole di avere smantellato lo stato sociale in questo Paese, banchieri senza anima e sensibilità sociale, cinici tecnocrati legati alle banche d'affari». 

Qualcuno dei suoi colleghi pur avendo votato contro sulla piattaforma, poi si è allineato alla decisione presa dalla maggioranza. Ha qualche pentimento o rifarebbe tutto?

«Certo, rifarei tutto. Per me appoggiare il governo Draghi avrebbe significato forse poter continuare a fare "carriera" nel Movimento e probabilmente garantirmi una ricandidatura, ma anche rinnegare almeno dieci anni di attivismo politico che mi ha visto sempre nel mio piccolo lottare con coerenza contro il neoliberismo, lo strapotere del capitalismo finanziario, e quelle politiche di austerità che tra l'altro hanno reso il nostro Paese ancora più fragile al cospetto della pandemia. E dunque non ho rimpianti. Del resto i primi passi del nuovo governo dimostrano che non c'è sensibilità sociale e attenzione alle fasce deboli: ristori tardivi e insufficienti, distacco dai cittadini, nessuna comunicazione e condivisione delle decisioni, incapacità di visione di lungo periodo, e anche una campagna vaccinale che non decolla». 

State lavorando a un progetto comune tra dissidenti? 

«Ci sarebbe l'idea di costituire un gruppo parlamentare autonomo, ma per ora siamo riusciti solo a creare una componente all'interno del gruppo Misto, denominata “L'Alternativa c’è!”. In ogni caso al momento non mi appassiona fare progetti di lungo periodo, perché sinceramente non amo immaginarmi in politica ancora a lungo».

Come vede la situazione in Calabria in vista delle regionali? L'alleanza con il Pd va fatta o si dovrebbe andare con il Polo Civico? 

«Dal mio punto di vista il Movimento 5 Stelle dovrebbe certamente essere disposto a parlare anche con il Pd, ma avendo la forza di dettare le condizioni e pretendere un forte rinnovamento all'interno di un partito che ha contribuito a fare della Calabria il fanalino di coda d’Europa. Rinnovamento nei nomi e assunzione di chiari impegni programmatici per un cambio totale di rotta in termini di gestione ambientale, sociale, economica, rispetto a quanto fatto durante la fallimentare esperienza Oliverio. Solo a queste condizioni per me si potrebbe pensare ad un progetto comune». 

Che programmi ha per il suo futuro? 

«Rimarrò in Parlamento a fare il mio dovere per il mio Paese e per il mio territorio fino a fine legislatura, poi credo di desiderare di tornare ad una vita “normale” fuori dai palazzi della politica. In questo mondo rimane a galla chi è capace di negoziare molto facilmente idee e valori, chi non disturba i manovratori, chi sa dire sì con naturalezza anche quando vorrebbe dire no, chi è incline a ritrattare con disinvoltura parole e convinzioni. È un ambiente che non sento più mio e non credo di volerlo continuare a frequentare anche dopo il 2023».