“C’è il boom della comunicazione: tutti a comunicare che stanno comunicando”. La celebre battuta di Altan inchioda anche un’intera classe politica - quella cresciuta sull’humus ormai sterile dell’era analogica - alla vacuità del suo messaggio, spesso fatto solo di slogan ripetitivi o di contenuti del tutto inappropriati al mezzo scelto per veicolarli. È l’eterno dilemma tra essere o apparire, risolto nella maggior parte dei casi a favore della seconda opzione. “Esserci” più che essere è infatti per molti l’unica cosa che davvero conti, nell’errata convinzione che possa bastare. E invece non è così.

Ne è convinto Ercole Giap Parini, professore ordinario di Sociologia e direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università della Calabria, secondo il quale occorre costruire un nuovo approccio nella comunicazione politica e istituzionale, affinché venga «orientata principalmente verso il cittadino» e tenga conto dello strumento che di volta in volta si usa.

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«I mezzi di comunicazione non sono mai neutrali - spiega -. Ogni mezzo ha le sue regole. Ad esempio, non posso limitarmi a riversare sui social, in un profilo Facebook, un’intervista che ho fatto in Tv o un articolo di giornale, la tempistica è differente, gli spazi sono differenti».

Insomma, i tempi sono cambiati da un pezzo ma i politici, soprattutto quelli con scarsa esperienza sulla scena nazionale e internazionale, hanno ancora grandi difficoltà ad adeguarsi, come LaC News24 ha già avuto modo di analizzare andando a indagare flop e successi social dei maggiori protagonisti della scena politica calabrese. Eppure una nuova rivoluzione è già iniziata ed è, secondo gli esperti, ineluttabile: la realtà virtuale. Il metaverso di Zuckerberg è già realtà e tra qualche anno probabilmente basterà inforcare un paio di occhiali ipertecnologici o un visore VR per ritrovarci a tu per tu con Salvini, Meloni o Enrico Letta. Paura, eh?

Ma non è detto che i politici di oggi riescano ad adattarsi, considerate le difficoltà che già hanno oggi a cavalcare l’onda social. E a volte basta uno scivolone per non riuscire più a rialzarsi.

L'esempio (da non seguire) di Salvini

«Quanto accaduto a Salvini è emblematico - continua Parini -. È un tipico esempio in cui il politico diventa schiavo dei processi di comunicazione. La sua era una comunicazione aggressiva, senza narrazione, senza capacità di mettere insieme discorsi che abbiano una temporalità lunga, che tengano conto della responsabilità di quello che dici. È la comunicazione del meme, che buca, ma è immemore di quello che è stato detto in precedenza».

E proprio la necessità di stare sempre sulla cresta dell’onda alla fine lo ha travolto. Lo scandalo che colpì il suo social media manager, ingiustamente accusato di reati che non aveva commesso ma poi inevitabilmente compromesso, ha rappresentato per il leader del Carroccio un punto di non ritorno nella sua comunicazione social

Attenti all'effetto boomerang

«Un boomerang - lo definisce Parini - che è tornato indietro e ha colpito forte. Basti pensare alla famosa citofonata al presunto spacciatore. Quell’immagine, con Salvini che parla al citofono, è diventata un meme ricorrente che puntualmente torna a colpire».

Errori che si pagano e fanno scuola. «Quello che è successo a Salvini, ciò che è successo alla Bestia, come veniva chiamato il team che gli curava la comunicazione social, ha avuto effetto su tutta la comunicazione politica in Italia, ma il cambiamento era già in atto e coinvolge tutti i leader politici che stanno ridefinendo la loro comunicazione. Tutti stanno cominciando a capire che una comunicazione basata solo su algoritmi imperscrutabili è pericolosa, e può tornare indietro con effetti devastanti».

La situazione in Calabria

E in Calabria? La situazione non cambia molto, anche qui c’è chi ha capito come funziona tutto l’ambaradan e chi, invece, stenta nell’utilizzo corretto e proficuo di quelle che una volta erano chiamate nuove tecnologie.

«Anche in Calabria c’è una forte personalizzazione - conferma il sociologo -, un eccesso di autoreferenzialità nella comunicazione che invece di avvicinarsi ai cittadini, ai territori, fa l’esatto contrario. Una comunicazione di questo tipo, piegata alle esigenze delle leadership, diventa pura propaganda e perde la sua funzione sociale».

La comunicazione del Pd calabrese migliore di quella di Fi

Poi, come altrove, non mancano le eccezioni. È il caso, secondo Parini, della comunicazione del Pd Calabria: «Nell’ultimo periodo ho notato che il profilo social del Partito democratico calabrese è diventato particolarmente dinamico, puntuale e soprattutto orientato verso il cittadino. Forse è anche merito del nuovo segretario regionale, Nicola Irto, più giovane e dunque forse maggiormente sensibile ad alcune dinamiche. Si nota, insomma, il tentativo di stare sul pezzo, aggiornando continuamente le informazioni che si danno. Mi sono meravigliato, non immaginavo che il Pd regionale fosse al passo con il partito nazionale, anzi, per certi aspetti sembra addirittura migliore».

Non altrettanto lusinghiero è il giudizio del docente universitario sulla comunicazione regionale di Forza Italia, giusto per citare il partito del governatore: «In giro si vendono ancora i ringraziamenti agli elettori, nonostante le elezioni siano passate da un pezzo. Una comunicazione, dunque, più orientata sulla propaganda politica, con Roberto Occhiuto che fa leva soprattutto sulla sua fisicità e la capacità di offrire un’immagine di giovane e ambizioso presidente di Regione sempre in movimento». Ma comunque lontano da quella comunicazione orientata principalmente verso i cittadini, che Parini considera la chiave di volta di ogni messaggio politico davvero efficace.

"Piccoli" ma buoni

Una tensione che il docente riscontra, invece, in due protagonisti minori della politica calabrese, l’ex consigliere regionale Giuseppe Giudiceandrea (Pd), «che cura molto questo aspetto» e, sul fronte opposto, l’ex consigliere comunale di Cosenza Carmelo Salerno (Fi), «che esprime un buon equilibrio tra la dimensione personale e gli obiettivi politici».

Il caso Spirlì: polarizza amici e nemici

Tra i casi emblematici non poteva restare fuori Nino Spirlì, che durante la sua reggenza da presidente facente funzioni della Calabria, ha mostrato un approccio fortemente divisivo, utilizzando spessissimo lunghissime dirette social per parlare con i follower mischiando gli argomenti più disparati, dalle ricette di cucina alle notizie di servizio, come quelle relative ai provvedimenti di chiusura delle scuole.

«La comunicazione di Spirlì porta a divari netti - spiega Parini - perché viene deriso da alcuni e considerato “umano” da altri. Quel tipo di comunicazione è servita a Spirlì per costruire la propria bolla social, che forse potrà capitalizzare politicamente in futuro, ma allo stesso tempo ha fortemente radicalizzato l’opposizione contro la sua figura».

Parola d'ordine: professionalizzare

Per evitare passi falsi e mettere a frutto le opportunità offerte dai diversi canali di comunicazione, la soluzione è nella “professionalizzazione”: «La comunicazione non è solo un modo per tradurre dei messaggi ma è principalmente un processo sociale. Occorrerebbe investire di più per professionalizzare, standardizzare i processi e responsabilizzare. All’Unical, al dipartimento di Scienze politiche e sociali, stiamo investendo molto per produrre percorsi di formazione diretti a chi opera nella politica, nelle istituzioni, nelle imprese e nel mondo delle professioni».

Chi non si adegua scompare

D’altronde, come accennato, in un futuro prossimo occorrerà adeguarsi a mutamenti che potranno avere una portata epocale alla stregua di quello che hanno rappresentato i primi social network. Il metaverso, la realtà aumentata e quella virtuale, apriranno scenari oggi difficili da indagare e i social come li conosciamo forse spariranno.

«Non posso azzardare una previsione - conclude Parini -. Quando qualcuno mi chiede di immaginare il domani della comunicazione, mi tornano sempre in mente le parole di chi negli anni ‘90 sosteneva che Internet non avesse futuro. Ma sono certo che avremo sempre di più a che fare con una modalità di comunicazione che selezionerà chi è capace di adattarsi ai mutamenti e chi saprà sfruttare le nuove piattaforme».

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