L’altro giorno in tv la premier Giorgia Meloni ha coniato un nuovo neologismo: amichettismo. Lo ha fatto pensando al centrosinistra, ma anche la sua parte politica non è immune al fenomeno. Pd e M5s, ad esempio, da giorni vanno ripetendo che l’ok del Senato al Ddl Calderoli sull’autonomia è frutto di un compromesso fra i tre principali partiti di Governo. A FdI è stato assicurato l’ok sul premierato, alla Lega quello sull'autonomia differenziata, a Forza Italia rassicurazioni sulla riforma della giustizia.

Al di là se questa tesi abbia o meno fondamento, sicuramente chi è più in difficoltà in questa situazione è Forza Italia, partito ormai non più dei cumenda, ma diventato a trazione meridionale avendo i principali serbatoi elettorali in regioni come Calabria e Sicilia.

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Nelle dichiarazioni post voto mentre la parola più usata dai leghisti è “storico” (anche se stiamo parlando di una legge quadro che dovrà poi trovare attuazione concreta con altri provvedimenti), in quelle dei berlusconiani si nota lo sforzo di giustificare una posizione politica apparentemente contraddittoria. In particolare gli Azzurri insistono molto nel sottolineare il loro presunto ruolo di “garanzia” all’interno del centrodestra per evitare una deriva anti-meridionalista. 

Esemplari sotto questo aspetto sono le dichiarazioni del senatore Mario Occhiuto che è intervenuto in aula nelle dichiarazioni di voto. L’architetto, ex sindaco di Cosenza, come abbiamo scritto ieri, ha prima provato a buttare la palla nell’altra metà del campo, sottolineando come il via alla riforma sia stato dato dal governo di centrosinistra nel 2011, poi ha evidenziato il ruolo del suo partito.

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«Certamente noi vigileremo - ha detto - affinché i Lep vengano effettivamente garantiti, così come stabilito dalla Costituzione, non solo attraverso la loro puntuale definizione, ma anche con il loro effettivo finanziamento. E sono orgoglioso per aver presentato a mia prima firma emendamenti di Forza Italia che poi sono stati approvati, in cui si prevede che le intese non pregiudichino l'entità e la proporzionalità delle risorse per le regioni che non hanno richiesto l’autonomia e definiscono chiaramente le materie per i livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, con l'inserimento di una clausola di salvaguardia dell'unità nazionale».

La prima impressione è che se c’è stato il bisogno di inserire nel testo una clausola di salvaguardia dell’unità nazionale, forse qualche problema in questa direzione c’è. Lo sanno anche i leghisti che in queste ore si lanciano a tranquillizzare i meridionali sul tema della solidarietà nazionale, incuranti della bandiera con il leone di San Marco sventolata ieri in aula al Senato in diretta tv da Mara Bizzotto.

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Poi bisogna vedere se davvero il Governo troverà le risorse necessarie per finanziare il gap che esiste oggi fra le varie zone del Paese sui servizi pubblici essenziali. Se Forza Italia promette di vigilare significa che la cosa non è così scontata come dovrebbe. Non lo dice solo il senatore Occhiuto, ma anche il fratello Roberto che da presidente della giunta regionale da tempo ripete “no money, no party” ovvero se non si finanziano i Lep niente autonomia differenziata. Sotto questo aspetto di certo non aiuta la proroga di un anno che il Governo ha dato all’apposito comitato per individuare i Lep. Il timing prevede infatti che il Governo abbia 24 mesi dall’entrata in vigore del Ddl per varare livelli ed importi dei Lep. Ma cosa succederà nel frattempo? Il centrodestra questo non lo spiega. Così come desta preoccupazione il fatto che inizialmente era previsto un fondo perequativo per le regioni che non chiedevano l’autonomia di cinque miliardi. Oggi però quel fondo è stato prosciugato. Così come il Governo sta attingendo a piene mani dal fondo Coesione per finanziare la realizzazione del Ponte. Ma se si continua così dove trovare i quattrini necessari?

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Più che giustificare astrattamente il Ddl bisognerebbe allora spiegare come impatterà sul Meridione l’autonomia differenziata su scuola, sanità, pubblica istruzione. Come ha scritto Gianfranco Viesti direttore di Svimez, l’autonomia è «un progetto scellerato non perché è «contro il Sud», e quindi implicitamente «a vantaggio del Nord», che per bontà dovrebbe evitarlo. Ma perché frammenta e indebolisce le grandi politiche pubbliche nazionali e la loro capacità di costruire un paese migliore; perché lega i diritti dei cittadini ai luoghi dove essi vivono; perché esclude il Parlamento dalle scelte più importanti, oggi e in futuro». Cosa farà, concretamente, Forza Italia per evitare una deriva simile?