Lega e Forza Italia non sapevano nulla del protocollo d’intesa con Tirana che prevede il trasferimento sull’altra sponda dell’Adriatico di chi viene salvato in mare dall’Italia. Un’operazione piena di incognite che potrebbe rivelarsi un boomerang politico
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Doveva essere un punto di forza del Governo l’accordo con l’Albania per realizzare centri dove detenere i migranti sbarcati in Italia in attesa di asilo. Un'idea perfettamente nel solco del centrodestra e del principio dei migranti fuori dai confini dell’Italia. Invece si è dimostrato un boomerang che sta creando più di una fibrillazione nel Governo.
Il motivo sta tutto nel modo in cui si è arrivato questo accordo, che parte da lontano (alcuni giornali dicono che galeotta fu la vacanza a Tirana del cerchio magico sorelle Meloni, il fu Giambruno e Lollobrigida in agosto) ma che è rimasto fino a ieri sotto traccia. Non che oggi se ne sappia molto di più, ma la notizia dell’accordo ha colto in contropiede anche il Ministero dell’Interno (Piantedosi) e quello degli Esteri (Tajani) ovvero le propaggini istituzionali di Lega e Forza Italia.
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L’inquilino del Viminale si è guardato bene dal commentare il dossier, mentre Salvini si è limitato a punzecchiare Bruxelles. In Forza Italia c’è un silenzio imbarazzato che nasconde però una certa insofferenza. In molti hanno paragonato questa storia a quella relativa agli extraprofitti bancari. Anche in quel caso l’idea fu della Meloni che la impose senza alcun confronto ai suoi alleati, suscitando anche l’ira della famiglia Berlusconi. Alla fine il provvedimento contro le banche venne ritirato, questo sull’Albania resta avvolto nel mistero.
Il testo è stato diffuso dal Governo dopo che le opposizioni in Italia, ma anche al Parlamento europeo, avevano già annunciato interrogazioni per saperne di più. Ma soprattutto dopo che il Governo di Tirana aveva reso pubblica la bozza. Con una differenza però: in quella albanese ci sono anche dati e cifre, quella italiana è più estemporanea. Si tratta di quattordici pagine che prevedono l'istituzione di questi centri, che Piantedosi precisa essere diversi dai Cpr ma più simili ai centri di Pozzallo. "Nel caso in cui venga meno per qualsiasi causa il titolo di permanenza nelle strutture la parte italiana trasferisce immediatamente i migranti fuori dal territorio albanese”, si legge ancora.
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Le cifre sono ambiziose si parla di almeno 3.000 rimpatri l’anno. Il problema è che l’Italia attualmente rimpatria circa 4.600 migranti all’anno. Come farà a rimpatriarne 3.000 dall’Albania? Mistero, reso più fitto anche dalle parole del primo ministro albanese Edi Rama: «Se l’Italia non riuscirà a fare i rimpatri, dovrà riprenderseli».
Il punto politico è che l’alleanza di centrodestra sembra scricchiolare ogni giorno di più e che la Meloni si rende conto della necessità di una svolta sulla gestione migranti. Sa che la Lega è lì pronta a prenderla di infilata ad ogni errore. Allora l’operazione “Albania” è più politica che altro. Meloni intende aprire i primi centri in Albania entro l’aprile del 2024. Al massimo entro maggio cioè proprio a ridosso delle Europee per mostrare al Paese di essere stata capace di costruire una soluzione concreta per contrastare l’emergenza e ridurre la pressione migratoria.
Al di là dei risultati che otterrà il protocollo, la speranza è che questo si riveli effettivamente efficace dopo la poco felice esperienza del memorandum con la Tunisia. Anche in quel caso molto mistero e l’indignazione del presidente Saied che ha restituito i soldi all’Europa definendoli pochi spicci e sostenendo che la Tunisia non avrebbe fatto da guardia costiera all’Europa. Sullo sfondo resta l’ancora più fumoso piano Mattei ovvero una serie di accordi con i paesi del Nord Africa sulla gestione migranti.
L’impressione è che il Governo stia affannosamente rincorrendo, con soluzioni d'emergenza, lo spinoso dossier migranti. Manca però una soluzione strutturale e un dibattito costruttivo. Quello attuale è tutto incentrato sui respingimenti. Poco o nulla sull’accoglienza.