Il Marsili un tempo incitato dalla propaganda anti-meridionale a lavare con il fuoco la punta dello Stivale è solo un ricordo. Il partito di Salvini espugna roccaforti ideologiche come Riace, Rosarno e San Ferdinado, risultando primo in due province su cinque
Tutti gli articoli di Politica
PHOTO
Calabria leghista. Sino poco tempo fa sarebbe apparso come un ossimoro, una contraddizione in termini. Oggi è una realtà che prende forma in quel 22,61% (un anno fa, alle politiche era appena il 5%) dei voti tributati allo spadone di Alberto da Giussano, che dal 2013 è brandito da Matteo Salvini. Fortuna che il Marsili, il più esteso vulcano d’Europa che giace in fondo al mare di fronte alle coste calabresi, non abbia mai dato molto credito alle sparate anti-meridionali della Lega bossiana, quella degli albori, che lo incitava a svegliarsi e a spazzare via la Calabria, magari facendosi dare una mano dall’Etna e dal Vesuvio per cancellare dalla faccia della Terra anche Sicilia e Campania.
Non serviva la lava per conquistare il Sud. Bastava togliere la parola Nord dal simbolo e diventare un partito nazional-sovranista. Salvini l’ha fatto e in appena 6 anni ha evitato alla Lega una morte politica certa, portandola dallo zerovirgolaqualcosa al 34% (dato nazionale) delle Europee di domenica scorsa.
Un capolavoro politico che ha tante ciliegine a decorare la torta. Tra queste c’è, appunto, la Calabria. Da queste parti il primo partito resta il Movimento cinquestelle, ma è un’amara consolazione per i grillini, che hanno portato a casa uno “striminzito” 26,69% (al di sotto del dato complessivo della circoscrizione Sud per le Europee, pari al 29,16%), dimezzando i voti rispetto alle politiche del 2018, quando invece in Calabria il cielo si riempì di stelle: 41% dei consensi per la Camera e 43% per il Senato, per un totale di 17 parlamentari certificati dalla Casaleggio associati.
Un esercito di deputati e senatori che non hanno potuto nulla contro l’avanzata leghista, che oltre al successo diffuso ha messo la bandierina su alcuni luoghi simbolo, come Riace, dove il candidato sindaco indicato da Salvini, Antonio Trifoli, ha conquistato l’ultimo feudo ideologico della sinistra. Mimmo Lucano, il sindaco dei migranti oggi sotto inchiesta e costretto al confino, che nel 2016 la rivista Fortune citò come uno dei 50 personaggi più influenti al mondo, non è riuscito neppure a entrare nel nuovo Consiglio comunale per sedere tra i banchi dell’opposizione. All’indomani dell’election day, gli esiti di Europee ed elezioni amministrative intrecciano i propri significati. Quindi, sebbene non si votasse per il rinnovo dei Consigli comunali di Rosarno e San Ferdinando, è dirompente il messaggio degli elettori che hanno fatto della Lega il primo partito dei due centri più esposti sul fronte immigrazione per la presenza nell’area di baraccopoli e tendopoli tristemente famose che ospitano migliaia di cittadini extracomunitari, spesso in condizioni disumane.
Problemi ai quali la sinistra e il centrodestra calabrese nel corso degli anni non hanno saputo dare risposte, lasciando che l’esasperazione tracimasse anche in paurose rivolte, come avvenne nel 2010 a Rosarno, con scontri tra forze dell’ordine, cittadini e migranti. La vittoria della Lega non è certo garanzia di soluzione, ma non è nemmeno annoverabile come un semplice voto di protesta. È qualcosa di molto più sistemico che si consoliderà ulteriormente alle prossime regionali. Intanto, il risultato delle Europee e delle amministrative è in cassa, con due province, quella vibonese e quella reggina, dove La lega è ora il primo partito. Il Marsili può dormire tranquillo. Per ora.