VIDEO | Escluso dalla corsa per la presidenza, il candidato smentisce di essere interessato alla leadership del partito. Ma anche sulla sua antica bocciatura accende una luce nuova: «Non credono che furono i 5stelle a non volermi»
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«Nessuna velleità di fare il segretario regionale del Pd, sono due partite diverse quella per il partito e per il Consiglio regionale». Così Nicola Irto che, intercettato a margine di una iniziativa elettorale nella sezione di San Giorgio Morgeto, risponde alle domande sul suo ruolo scomodo di contendente di uno scranno a palazzo Campanella, e uomo di partito che ha dovuto ritirare – dopo l’accusa di feudalesimo democrat – la sua candidatura a presidente.
«Il partito – prosegue l’ex presidente del consiglio regionale - si fa con un congresso regionale, che speriamo venga presto, e possibilmente lo devono fare persone libere che non sono occupate nelle istituzioni».
Irto: «Mi sento un calabrese libero»
Non pensa a sé, quindi, Irto ma pone dei paletti precisi per l’identikit del futuro leader, se e quando finirà il commissariamento.
«Mi sento un calabrese libero che vuole liberare la Calabria dal cabaret Spirlì-Occhiuto», risponde smentendo di essersi pentito per il passo indietro che Roma gli ha fatto fare. Concentrato sul presente, quindi, Irto ha scelto di proseguire il suo tour nella Piana – salendo fino al piccolo Centro aspromontano - nelle stesse ore in cui nella piazza del capoluogo Conte, Boccia e Amalia Bruni concludevano la campagna elettorale.
«È una sintesi che andrebbe approfondita in altri momenti – risponde a proposito della versione accreditata secondo cui il no alla sua candidatura sarebbe venuto anche per le pressioni dei 5Stelle - non credo che sia andata così e io oggi non provo alcun imbarazzo con loro». Su Oliverio, che lo aveva indicato come uno dei dirigenti per favorire i quali il commissario Graziano avrebbe spaccato il Pd, risponde a muso duro: «Credo che lui non può parlare e non può dare giudizi su nessuno, perché ha finito di fare il presidente della regione e si è ritirato spegnendo il telefonino. Faccia la sua campagna ora ma lui conosce la legge elettorale visto che non l’ha voluta cambiare e credo che rimarrà vittima di essa».
Distensione, invece, è la parola d’ordine rispetto ai rapporti interni al Pd reggino, alla luce della candidatura di un assessore della giunta Falcomatà. «Muraca – conclude - non è contro di me. Il Pd schiera una lista competitiva perché il nostro obiettivo è essere il primo partito ed è importante che tutte le forze migliori, quindi anche il Comune di Reggio, siano impegnate nella campagna elettorale con una candidatura forte e autorevole».