*Alessandro Parrotta

 

Il Ddl della senatrice avvocato Vono, avente ad oggetto “Disposizioni in materia di informativa antimafia interdittiva”, è sotteso al condivisibile ed encomiabile scopo di adottare misure incisive in relazione al contrasto al coinvolgimento di organizzazioni criminali nell'ambito dei rapporti economici tra pubblica amministrazione e privati. In particolare, l’informativa antimafia, prevista nel Ddl, è una misura interdittiva adottata dal Prefetto nei confronti di imprese o soggetti economici, in relazione ai quali siano stati accertati tentativi di infiltrazione mafiosa, al fine di salvaguardare l'ordine pubblico economico, la libera concorrenza tra le imprese e il buon andamento della pubblica amministrazione. Il provvedimento ha il pregio di tenere in considerazione anche quello che potrebbe essere un aspetto delicato della nuova normativa, il potere discrezionale attribuito al Prefetto che, nel prendere la decisione si dovrà basare su elementi gravi, precisi e concordarti, “che consentano di ritenere razionalmente credibile il pericolo di infiltrazione mafiosa in base ad un complessivo, oggettivo e sempre sindacabile in sede giurisdizionale apprezzamento dei fatti nel loro valore”. In particolare, il Ddl richiede alla Prefettura un'attenta valutazione di tali elementi, che devono offrire un quadro chiaro, completo e convincente del pericolo di infiltrazione mafiosa. La delicatezza della questione è rinvenibile proprio nella circostanza per cui il Prefetto non è un organo giudiziario; attribuirgli un potere così ampio senza la previsione di un limite esporrebbe il provvedimento a delle – fondate – censure. Ed il limite è rinvenibile nella circostanza per cui è demandato al giudice amministrativo un altrettanto approfondito esame degli elementi summenzionati, singolarmente e nella loro intima connessione, “per assicurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva contro ogni eventuale eccesso di potere da parte del Prefetto medesimo nell'esercizio di tale ampio, ma non indeterminato, potere discrezionale” (Consiglio di Stato, Sez. III, 09.02.2017, n. 565).

Lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione

Fatte tali doverose premesse in ordine al contenuto del provvedimento, per entrare nel cuore del mio odierno intervento, ritengo necessario annotare come la criminalità organizzata – oggetto d’intervento del Ddl che, come visto, con l’adozione dell’informativa antimafia, mira a reprimerla nelle sue ramificazioni societarie e aziendali – sia strettamente saldata e correlata ad un altro tipo di criminalità, quella corruttiva. Ed infatti, come sottolineato dal prof. avv. Giovanni Maria Flick in occasione dell’incontro tenutosi alla Camera dei Deputati in data 12.9.2018, dal titolo “Italia interrotta: il peso della corruzione sulla crescita economica”, laddove non sia sufficiente l’uso della forza e della violenza, allora sopperisce il ricorso al mezzo della corruzione. Ed allora, stante lo stretto collegamento tra le due criminalità, medesime potranno essere anche le analisi in ordine agli strumenti preventivi e repressivi.In altre parole, la lotta alla criminalità organizzata e quella alla corruzione vanno di pari passo, essendo la seconda una fattispecie conseguente e strumentale alla prima. In tema di corruzione, il presidente Cantone, nel suo intervento in occasione della presentazione della relazione annuale Anac tenutosi pochi giorni fa, il 6 giugno 2019, alla Camera dei Deputati, si è detto essere soddisfatto dei risultati ottenuti nel nostro paese a seguito degli interventi attuati in materia di lotta alla corruzione e quindi in materia di criminalità organizzata.In particolare, l’impianto normativo contenuto nella Legge Severino e nei decreti attuativi e consequenziali (tra cui, come vedremo, la L. 179 del 2017 in materia di whistleblowing) sta iniziando ad avere i primi effetti positivi. Questo significa che gli attori del sistema italiano, in primis le amministrazioni pubbliche ed anche le aziende private dotate di un MOG ex D. lgs. 231/01 (anche su questo punto ci soffermeremo in seguito), hanno capito e cominciato a utilizzare al meglio lo strumentario legislativo pensato per far fronte ai fenomeni corruttivi e di criminalità organizzata. In questo contesto, un grande ruolo è stato svolto dall’Autorità, in primo luogo attraverso il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA), vero perno dell’attività di prevenzione, elaborato tramite il confronto con gli operatori, stabilmente aggiornato e sempre più strutturato in modo da essere attento alle specifiche realtà, ai rischi e alle possibili misure per sterilizzarli.

Il whistleblowing come elemento comune

Nel proprio intervento il presidente Cantone dedica, poi, ampio spazio anche all’analisi delle risultanze ottenute a seguito dell’introduzione della L. 179 del 2017, recante “disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”. Proprio questo strumento – preventivo – assume una duplice importanza alla luce del Ddl della senatrice avv. Volo: ed infatti la segnalazione ben potrà fondare la prova o quantomeno l’indizio sufficiente ad azionare il procedimento prefettizio in ordine all’adozione di un’eventuale informativa interdittiva antimafia.

 

La segnalazione potrà essere considerata, dunque, il filo che unisce la lotta alla corruzione – grazie alla sua natura preventiva – alla lotta alla criminalità organizzata, grazie alla sua natura di elemento indiziario nato in seno ad un’azienda. Come anticipato, lo strumento della segnalazione di un illecito aziendale sta acquisendo sempre più importanza e a testimonianza di ciò il Pres. Cantone riporta i numeri delle segnalazioni effettuate, passate da 125 nel 2015 a 764 nel 2018, per un totale complessivo attuale di circa 1.460.Le questioni segnalate vanno dagli appalti irregolari ai concorsi illegittimi ai comportamenti di maladministration. È doveroso rilevare come le segnalazioni siano oggi acquisite attraverso un sistema informatico che garantisce riservatezza, sicurezza e affidabilità e il software utilizzato è stato recentemente messo a disposizione di altre amministrazioni che lo hanno richiesto.Anche in questo senso lo strumento della segnalazione, grazie alle sue caratteristiche peculiari e di riservatezza, si modella all’attività preliminare in ordine all’adozione di un’informativa antimafia interdittiva.Peraltro, la normativa in tema di segnalazioni è in continua evoluzione: proprio a dicembre del 2018 è stato adottato il regolamento per disciplinare l’esercizio dei poteri sanzionatori previsti dalla legge 179717 e da allora sono già stati avviati, a carico di dirigenti e funzionari amministrativi, n. 10 provvedimenti di contestazione di comportamenti discriminatori nei confronti dei segnalanti. Dunque, la segnalazione, se fondata su elementi gravi, precisi e concordarti, ancorché non abbia la qualifica di prova o indizio di valenza processuale, può senz’altro basare quell’ “autonomo apprezzamento degli elementi fattuali” richiesto dalla lettera del DDL oggi commentato ed analizzato. Tornando ai poteri stabiliti in capo al Prefetto, occorre sottolineare come lo stesso, entro sessanta giorni dalla data della consultazione, che può essere a questo punto scaturita da una segnalazione interna, ed in esito alle verifiche ed al contraddittorio, se non rilascia l’informazione antimafia liberatoria, intima al soggetto sottoposto a verifica di procedere al rinnovo degli organi sociali, alla sostituzione delle persone o delle imprese coinvolte, ovvero all’adozione di ogni altra misura dettagliatamente definita e ritenuta idonea a prevenire l’infiltrazione. Ove il soggetto sottoposto a verifica non si adegui, in tutto o in parte, nel termine di trenta giorni, o nel maggior termine concesso, prorogabile per una sola volta, il prefetto, nei successivi dieci giorni, rilascia l’informazione antimafia interdittiva.

Lacune in tema di lotta alla corruzione ed alla criminalità organizzata

Dunque, appare chiaro, a questo punto, come negli ultimi anni il Legislatore abbia prestato grande attenzione ed impegno alla lotta ed alla repressione ai reati contro la Pubblica Amministrazione, primi tra tutti quelli appartenenti al sistema multilivello dei delitti corruttivi e dei delitti di associazione criminale. Il provvedimento a firma della senatrice avv. Volo si inserisce proprio in questo filone.Il rischio che si verifichino eventi corruttivi o, in generale, criminali non può essere eliminato ma può essere ridotto al minimo grazie ad un adeguato assetto organizzativo, corredato da idonee procedure di segnalazione interna. Un meccanismo, quindi, funzionante, grazie a coloro che vivono all’interno dell’Ente. In questo contesto normativo è stato novellato il d.lgs. 231/01 con la previsione -nei MOG- a pena di inadeguatezza dei medesimi, di canali alternativi per effettuare le segnalazioni dei soggetti “infedeli”. Tuttavia, proprio sul punto, occorre rilevare come ancora oggi vi siano delle lacune e delle mancanze rilevanti in ordine all’organizzazione aziendale per fronteggiare il fenomeno corruttivo.Infatti, numerosi sono i limiti a cui è sottoposta l’adozione del Modello di Organizzazione Gestione e Controllo ai sensi del citato Decreto. Il più evidente è la mancata previsione dell’obbligatorietà - che ad avviso di chi scrive sta nei fatti - attualmente sentita dagli operatori del settore come un’esigenza. Occasione mancata quella del Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza che avrebbe potuto far di più. Allo stato dobbiamo accontentarci della novella al Codice Civile apportata proprio dal D. Lgs. 14/2019 che ha introdotto un nuovo comma all’art. 2086 c.c., prevedendo il “dovere” in capo agli amministratori, che operano in forma societaria o collettiva, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Questa la sintesi degli adeguati assetti organizzativi e degli obblighi di vigilanza. Va da sé che l’adozione obbligatoria del modello “231” comporterebbe un miglioramento dell’efficacia e trasparenza del funzionamento dell’ente, prevenendo fenomeni di opacità informativa, possibili fenomeni corruttivi e utilizzi impropri della struttura dell’ente a fini illegali, contribuendo, in definitiva, alla diffusione di una cultura della legalità, sempre più merce rara stante i recentissimi fatti di cronaca. Conseguentemente è l’adozione di idonei assetti anche in quei settori per quei attualmente il Decreto 231/01 ne esclude l’applicazione. Non a caso, l’onorevole Francesca Businarolo, Presidente della Commissione Giustizia della Camera, che molti ricorderanno tra le promotrici del meccanismo delle segnalazioni anonime negli uffici pubblici (con codice identificativo) ha espresso positivamente il suo sì all’introduzione del whistleblowing “anche in Parlamento". Coerentemente aggiunge di condividere “l'ipotesi di introdurla anche negli organi della magistratura, soprattutto alla luce di quanto sta emergendo in questi giorni”. Appare anticipatore il Volume sul tema “Il sistema di segnalazione interna. Il whistleblowing nell’assetto anticorruzione, antiriciclaggio e nella prevenzione da responsabilità degli enti” volto a delineare un Testo Unico in materia, quale base di partenza per una riforma organica ed incisiva delle segnalazioni. In questo senso, preme mettere in luce l’esigenza di riprendere in mano la proposta di legge n 726, comunicata alla Presidenza il 30 luglio 2018, a firma dei Senatori Valente, Cucca, D’Alfonso, D’Arienzo, Fedeli, Giacobbe, Malpezzi e Rampi. Il Disegno di Legge ribadisce la fondamentale esigenza di prevedere l’obbligatorietà del Modello Organizzativo Gestionale per tutte le società, con obbligo di deposito della relativa delibera di approvazione presso la camera di commercio competente. Non male ipotizzare un refresh di questo DDL prevedendo l’estensione dell’obbligatorietà a tutta la PA, alcun ente escluso, con la ferma volontà che la Legge riesca ad esser uguale per tutti, così come la Società l’attende.In tema, il prof. avv. Flick ha osservato come “resti poi il dubbio che la previsione di misure preventive oggi a carattere facoltativo ed in vista di un premio, un domani possa essere resa obbligatoria a supporto di una sanzione, come dimostrano talune tendenze in tema di whistleblowing e di sua prospettata obbligatorietà, negli stessi termini della denunzia di reato da parte del pubblico ufficiale”.

 

Concludendo, l’introduzione di una informativa antimafia interdittiva, corredata e completata con tutta la normativa in materia di lotta alla corruzione con particolare riguardo al tema delle segnalazioni, risulta essere senz’altro un valido ed efficace strumento di lotta alla criminalità organizzata ed alla corruzione, materie strettamente collegate tra di loro.I provvedimenti adottati negli ultimi anni devono senz’altro essere accolti con favore ma, come visto, occorre agire ancora su due diversi piani: da un lato è necessario spostare la lotta ai fenomeni di criminalità organizzata e di corruzione in un momento precedente, ovvero nella prevenzione degli stessi, dotando le società e le amministrazioni di appositi strumenti. In questo senso, il prof. avv. Flick ha avuto modo di osservare come “lo sviluppo della prevenzione – soprattutto nel settore della corruzione, avuto riguardo alle condizioni del mercato globale e all’esigenza per esso di parità concorrenziale – nasce e si alimenta dalla constata insufficienza della repressione ex post della corruzione in sede penale”.Dall’altro lato, poi, occorre assolutamente riprendere in mano la proposta di legge in ordine all’introduzione dell’obbligatorietà del Modello Organizzativo Gestionale per tutte le società.

 

*direttore Ispeg