L’appuntamento per oggi alle 11 ha i crismi dell’evento storico. A quell’ora il presidente del consiglio (lei preferisce farsi chiamare così) Giorgia Meloni, presenterà alla Camera le sue dichiarazioni programmatiche. Per le 19 dovrebbe svolgersi il primo voto di fiducia del Parlamento al nuovo governo. Mercoledì lo stesso iter si ripeterà al Senato.

C’è grande attesa perchè molti vedono l’attuale come una fase politica cruciale per il Paese dopo la Seconda Repubblica inaugurata da Berlusconi nel 1994 e quella populista varata invece nel 2018 dal MoVimento 5 Stelle. Come opererà il primo vero governo di destra in Italia? Difficile dirlo adesso perchè c’è in questi primi passi del nuovo esecutivo una sorta di distonia fra i fatti e le parole. Quest’ultime parlano di sovranità, Made in Italy, richiamano a confini da difendere.

Anche le parole rubate, come quelle dei famosi audio di Berlusconi parlano amichevolmente di Putin, offrono letture ardite del conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina. E se è vero che la qualità delle parole è lo specchio delle idee e delle persone che le esprimono, i fatti però dicono altro. Parlano di un Governo composto dai politici più tecnici che c’erano nella coalizione, di figure quasi tutte rassicuranti sotto il profilo della collocazione geo-politica ed in più del “tutoraggio” di Roberto Cingolani in materia di transizione ecologica.

Dunque c’è curiosità per questo voto di fiducia di oggi che formalmente è il primo anche se questo governo ha già vissuto questo passaggio in contumacia, durante il voto per affidare la presidenza del Senato ad Ignazio La Russa. A proposito di Forza Italia chissà come si comporterà in Parlamento.

Il discorso più atteso è ovviamente quello di SIlvio Berlusconi al Senato mercoledì, ma oggi tutto dovrebbe filare via liscio con il gruppo che voterà la fiducia. Pensare il contrario per gli Azzurri sarebbe ardito oltre che inutile politicamente. Il campo di battaglia sarà un altro ovvero quello del dibattito parlamentare come ha lasciato capire il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulé, in un’intervista a Repubblica. Dichiarazioni le sue che per quanto l’interessato abbia provato a smussarle, denotano un certo nervosismo nel partito e l’avvicinarsi di una sorta di resa dei conti fra falchi e colombe, fra pro e contro Giorgia.

Mulè, difatti, sia pure con tutta la diplomazia del mondo, ha invitato Tajani e Bernini a dimettersi dalle cariche di coordinatore e vice-coordinatore nazionale del partito avendo loro ottenuto incarichi di governo.

Da quale parte si schieri il presidente della giunta regionale, Roberto Occhiuto, è abbastanza ovvia. Giusto per ribadirlo, però, ieri il presidente ha messo su Twitter la sua calorosa stretta di mano con Antonio Tajani.

E per restare nei paraggi di Palazzo Chigi ora inizia la partita dei sottosegretari e dei viceministri, per la quale c'è già grande fibrillazione e per la quale viene chiesto a gran voce "un rispetto degli equilibri nella maggioranza". Un equilibrio che tenga conto degli incarichi che sono già stati dati e che viene invocato soprattutto da FI che ne rivendica sette per sè.

Per quanto riguarda la Calabria pare che il partito abbia proposto alla premier anche Giuseppe Mangialavori e Francesco Cannizzaro. Si è chiamato fuori dalla partita invece Mario Occhiuto anche per evidenti ragioni di opportunità. Difficile che la spuntino entrambi, ma uno dei due sarà certamente nominato visto che la Calabria ha la golden share del partito non solo per la leadership di Roberto Occhiuto ma anche per la dote elettorale che a queste latitudini è doppia rispetto alla media nazionale. Ma i forzisti di Calabria potrebbero avere anche un sottosegretario “oriundo” ovvero la messinese Matilde Siracusano attuale compagna dello stesso Occhiuto.

Anche da Fratelli d’Italia arriverà un posto di sottogoverno per la Calabria. Chi ha tutte le carte per ricoprirlo è certamente Wanda Ferro non solo per la sua esperienza politica, ma anche per la coerenza nella militanza a destra. Infine c’è la Lega. Anche qui la scelta potrebbe essere in rosa e toccare ad una fra Simona Loizzo e Tilde Minasi.

Difficile che ci siano sorprese e nemmeno troppe tensioni. Un parlamentare calabrese dice che in fondo ormai i sottosegretari contano poco e svolgono per lo più ruolo di rappresentanza. La vera partita è quella delle presidenze delle commissioni. Lì sì che la lotta intestina nei partiti della maggioranza si farà cruenta.