«Senza parità di genere non si può raggiungere un sistema equo di cittadinanza, né può esserci un reale sviluppo socioeconomico del territorio». È questo in estrema sintesi il principio che ha ispirato al giunta regionale della Calabria, guidata dal Presidente Roberto Occhiuto, a licenziare la delibera n° 77 del 28 febbraio scorso, “Misure per il superamento della discriminazione di genere e incentivi per l’occupazione femminile”, proposta dalla vicepresidente Giusi Princi. Il disegno di legge, che intende cogliere l’occasione offerta dall’arrivo dei fondi del Piano di ripresa e resilienza, si pone l’obiettivo di contribuire a incentivare l’occupazione femminile e ridimensionare il divario retributivo tra uomini e donne: «Al centro – si legge nel dossier depositato a Palazzo Campanella – c’è il lavoro come leva per la libertà e l’autonomia delle donne».

I cambiamenti sociali che pure ci sono stati negli anni, e che hanno cambiato la condizione femminile nella società, non sono stati accompagnati da una puntuale trasformazione del welfare, dell’organizzazione del lavoro, dei tempi, dei rapporti tra i generi nella condivisione dei compiti. È in questo contesto che il legislatore regionale prova ad incidere, anche attraverso questa proposta di legge, che vuole tenere conto del fatto che, secondo un recente studio dell’Eurostat, le donne italiane, nelle aziende private, percepiscono all’incirca il 20,7% in meno rispetto agli uomini, A loro spesso vengono offerti impieghi part time escludendole da funzioni e ruoli di primo livello.  

Il contesto socio-economico

Il contesto entro il quale di dipana il progetto di legge è quello secondo il quale dal 2018 al 2021 la Calabria ha subito una progressiva riduzione della popolazione per oltre sessantamila unità, di cui 28571 donne, pari al 44,9% del totale. Nel periodo preso a riferimento dall’Osservatorio economico territoriale del Dipartimento lavoro della Regione, l’incidenza percentuale media delle donne del 51%, e nelle province di Reggio Calabria e Catanzaro risulta maggiore di quella regionale rispettivamente dello 0.3 e dello 0.2%.

Nel 2020 in Calabria risultano occupate 527.050 persone, e di queste solo il 35,4% sono donne (Catanzaro in testa con il 38,2% e Crotone fanalino di coda con il 31,9). Ma tra il 2018 e il 2020 il numero di donne occupate ha subito una flessione di 1,5 punti percentuali corrispondenti in valore assoluto a -16504 persone.   

In ambito regionale, nel 2020, le donne in cerca di occupazione risultano 54371 (41% del totale). Ma nel biennio 2018-2020 si è registrata una flessione di oltre 3 punti percentuali (-12786 persone) rispetto a quel dato. La provincia in cui si registra la percentuale maggiore di donne in cerca di occupazione è quella di Vibo Valentia con +10,4  punti percentuali nel 2020 rispetto alla media regionale. Nel periodo pre-pandemia (quindi nel 2018) il podio era detenuto dalla provincia di Cosenza. Ma nel 2020, è Reggio Calabria a far registrare la percentuale più bassa di donne in cerca di occupazione (-4,6& rispetto alla media regionale).

La proposta di legge

La delibera approvata dall’esecutivo contiene una proposta di legge che consta di 13 articoli che orientano l’agire della Regione affinché siano favorite e promosse azioni positive tese al superamento delle differenziazioni nei luoghi di lavoro basate sul genere. Con l’articolo 3 la Regione riconosce il “bollino di parità”, utile per l’accesso a strumenti di incentivazione alle imprese pubbliche e private virtuose in materia di antidiscriminazione di genere, promozione dell’equilibrio vita lavoro e parità retributiva, in possesso della certificazione nazionale della parità di genere (rilasciata dal Dipartimento pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri).

Ma la Regione s’impegna anche a promuovere interventi volti a contrastare il fenomeno delle molestie sui luoghi di lavoro, nonché il divieto di porre in essere patti o atti finalizzati alla cessazione del rapporto di lavoro per discriminazioni basate sul sesso, sul matrimonio, sulla maternità – anche in caso di adozione o affidamento – e a causa della domanda o fruizione del periodo di congedo parentale o per malattia del bambino.

La proposta di legge prevede anche il riconoscimento di premialità negli avvisi per la concessione di finanziamenti erogati a qualsiasi titolo, nella forma di punteggio aggiuntivo, alle imprese che utilizzano strumenti di equilibrio vita lavoro, Ma anche precisi indirizzi nella programmazione dell’offerta formativa con la promozione di percorsi rivolti alle donne inoccupate o disoccupate al fine del loro inserimento, o reinserimento, lavorativo.

L’articolo 7 invece detta misure organizzative ai Centri per l’Impiego, prevedendo l’apertura di un servizio denominato “Spazio donna” dedicato alle politiche attive del lavoro rivolte alle donne inoccupate o disoccupate. E se l’articolo 8 è incentrato sull’imprenditorialità femminile, l’articolo 9 esplicita le modalità con cui la Regione promuove nell’ambito del welfare aziendale la parità di genere nelle attività dell’organizzazione e della gestione del personale regionale, affidandosi al Comitato unico di garanzia per le pari opportunità previsto dall’art. 57 del Dlgs 165/2001.

Infine, la giunta regionale si impegna, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, ad adottare il Piano di intervento per le politiche di genere per l’attuazione delle misure e degli interventi contenuti nel progetto di legge stesso.

Il disegno di legge, così come pensato, non comporta oneri a carico del Bilancio in quanto si limita a orientare l’agire di soggetti pubblici e privati per favorire la creazione delle precondizioni per l’equo riconoscimento della parità di genere nella vita sociale e lavorativa.

Depositato presso la Segreteria Assemblea del Consiglio regionale l’1 marzo, il progetto di legge sarà esaminato dalla Terza Commissione Sanità, Attività sociali, culturali e formative, proprio domani, giovedì 3 marzo, e in seguito dalla Seconda Commissione per il parere.