Il ruolo politico di Catanzaro, nonostante sia il capoluogo di regione, è indebolito da anni, soprattutto rispetto a Cosenza e a Reggio Calabria. Le stesse Corigliano-Rossano e Crotone, e molto probabilmente anche Lamezia Terme, hanno guadagnato spazi e visibilità, mentre la Città dei Tre Colli sembra vivere un’agonia politica tanto lunga quanto dannosa. Qui non si tratta di alimentare campanilismi inutili, ma solo di ragionare a mente fredda sul “peso” reale di una comunità rispetto alle strategie e alle scelte di dimensione regionale e nazionale, ma anche in termini di prestigio generale. Catanzaro langue, si spegne progressivamente, assiste a un confronto politico oggettivamente molto modesto nel suo complesso e tranne rari acuti. Eppure Catanzaro dovrebbe avere addirittura una funzione di guida, di trascinamento, di indirizzo. L’ennesima evoluzione degli assetti politici cittadini, con la rapida uscita dalla maggioranza del gruppo di Azione guidato da Valerio Donato, ex candidato sindaco, ha dato vita a un ennesimo e ripetitivo, quanto inutile e deprimente, confronto sulla stampa locale. Eppure nella loro nota di “addio” Donato, Veraldi e Parisi hanno ripreso il leitmotiv iniziale, sospeso solo per qualche mese: «Da questa amministrazione né risposte per i cittadini né prospettive di rilancio. Per la città è meglio che si torni alle urne».

Stesso giudizio di Antonello Talerico, che quasi subito dopo l’esito del voto aveva deciso di contribuire a costruire una “maggioranza”, e che dai banchi di Forza Italia ormai bombarda di continuo sulla "Croce Rossa" Fiorita. La cosiddetta “anatra zoppa” partorita dal voto di circa tre anni fa per l’elezione del primo cittadino e il rinnovo del Consiglio, si è rivelata in verità come una sorta di “Loctite-Attack” sempre pronta a dialogare con chiunque pur di allontanare l’incubo “dimissioni”! Resistere, resistere, resistere… Ma per fare che cosa e a vantaggio di chi? Di Catanzaro? Ho davvero serissimi dubbi, come la stragrande maggioranza dei cittadini.

E se quest'analisi non dovesse avere fondamento, perché Fiorita e i suoi fedelissimi, certi di avere il consenso del popolo, non sfidano le urne invece che agonizzare? Né può sfuggire al sindaco, straordinario incassatore di colpi e attacchi, che la ventilata allergia - chimiamola così – di una certa parte dei consiglieri comunali alle dimissioni, avrebbe potuto essere giocata imponendo sin dall’inizio soluzioni autorevolissime, forti, alte, capaci di valorizzare il meglio della società catanzarese e di suonare le trombe dell’orgoglio cittadino.

Fiorita, invece, ha voluto seguire altre strade, cambiando rotta (a lui piaceva il “vento”!) di continuo, svelando un’impostazione andreottiana che nessuno fino a tre anni fa avrebbe avuto l’ardire di affibbiargli. Andreotti, però, giocava le sue carte su una scacchiera mondiale carica di pericoli per l’Italia, mentre Fiorita non avrebbe dovuto avere nessuna difficoltà nel dire: mi ha scelto il popolo, non ho una maggioranza, mi appello alla Città e al Consiglio per una svolta reale nella gestione della cosa pubblica, altrimenti mi dimetto e si ritornerà subito al voto. E un corollario: chi mi ha sostenuto sin dalla prima battuta - avrebbe dovuto affermare il sindaco – se ne faccia una ragione e dimostri di volere nei fatti il bene del capoluogo.

Altra storia, invece, che è inutile riassumere e che conoscono tutti.

I partiti, sia quelli di centrodestra, sia quelli di centrosinistra, non stanno facendo una bellissima figura, dimostrando - se i proclami formali hanno un senso e non sono dettati da atteggiamenti retorici! - di non riuscire a governare fino in fondo le delegazioni consiliari. La parola “dimissioni” genera forme acute e diffuse di orticaria, ma è anche evidentissimo che il centrodestra non ha le idee chiare su un futuro troppo condizionato da tante altre partite politiche collettive e di singoli. E Catanzaro scivola, si indebolisce, non ha grandi strategie, non può alzare la voce, si accontenta, sopravvive… La grande borghesia, gli intellettuali, le categorie sociali ed economiche non reagiscono e sopportano (ma per certi aspetti anche condividono) una quotidianità sociologicamente inquietante. Sull’Università stiamo zitti: parla da sola e dice anche tanto! Per fortuna qualche soddisfazione giunge dai Giallorossi, purché si comprenda che per dirsi veri “amici” di Catanzaro non è sufficiente tifare allo stadio, per poi disinteressarsi dell’andamento della cosa pubblica! Quasi tutti scommettono che lo sconfortante valzer di Palazzo De Nobili sia destinato a proseguire, disegnando assetti di maggioranze extra-variabili e ultra-fluide (è questo il "campo largo"?) di cui ormai solo il sindaco conosce la password. Una formula tanto debole e precaria, però, che non fa bene a un capoluogo di regione isolato e senza prospettive!