Scomparse le beghe di partito, le faide tra i capibastone del Consiglio regionale, i “qualunquemente” dei comizietti di paese. Eppure qualcosa di importante da dire e fare ce l’avrebbero: donare i loro stipendi agli ospedali
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L’invisibile bastardo non sta soltanto seminando morti e terrore, non sta solo piegando l’economia e il nostro futuro sotto il peso del suo primato evoluzionistico, sta anche realizzando una spietata operazione verità mettendo a nudo l’inutilità della politica italiana e della sua rappresentanza. Non delle istituzioni, sia chiaro. Quando sei capo del governo, presidente di Regione, sindaco, anche se vali poco, devi darti da fare comunque. È soprattutto la politica parlata che si scopre improvvisamente superflua quanto un’aspirina in terapia intensiva.
Il Parlamento, che dieci giorni fa aveva chiuso i battenti alle prime avvisaglie di pandemia vera, stenta a riprendere i lavori, tra assenze, polemiche sterili e difficoltà logistiche. Il Consiglio regionale della Calabria, cioè l’Assemblea legislativa territoriale, finora non è riuscito a tenere neppure la prima seduta, quella d’insediamento dopo le elezioni di gennaio, in pratica una vita fa. Dopo innumerevoli rinvii e false partenze patetiche, ci riproverà il 26 marzo, ricorrendo, nientedimeno, anche al voto telematico per i consiglieri costretti in quarantena e impossibilitati a partecipare alla seduta. Si vedrà se riusciranno, stavolta, a fare il proprio dovere, per il quale sono pagati profumatamente, molto di più di quanto siano pagati la stragrande maggioranza di chi oggi è in trincea e rischia la vita con addosso un camice bianco o una divisa.
Comunque vada, però, sarà un fallimento. La politica ha già ampiamente dimostrato di essere assolutamente inutile quando il gioco si fa duro: non ha competenze, non ha una capacità di persuasione che possa prescindere dalle clientele, non ha voce. In un momento in cui si sente pressante l’esigenza di avere volti autorevoli e credibili che possano indirizzare i cittadini verso comportamenti responsabili, i politici calabresi restano rintanati nei loro cantucci di quarantena, consapevoli che dopo tante cazzate, tante chiacchiere inutili, non gli crederebbe nessuno.
Alcuni dominano la scena politica da decenni, pontificando da una poltrona all’altra. Eppure, nell’ora più buia, sono scomparsi perché non hanno altra alternativa al silenzio. Parlare, ora che le parole hanno un peso autentico e cruciale, servirebbe solo a confermare che non hanno e non hanno mai avuto niente di veramente importante da dire. L’emergenza coronavirus ha completamente svuotato la loro retorica da comizietti di paese, ha mostrato in maniera impietosa i “qualunquemente” e costretto i loro temi più cari nella casellina striminzita delle cazzatelle. Ha ridotto sigle di partito e slogan ad inutili orpelli buoni solo per dare un po’ di lavoro ai grafici delle tipografie.
Il diluvio di comunicati stampa che prima dell’emergenza sanitaria piovevano nelle redazioni per ogni insulso motivo, con l’unico scopo di apparire, si è arrestato. La realtà ha spazzato via tutte le insignificanti speculazioni a cui ci avevano abituati e costretti. Se c’è qualcosa di buono in quello che sta succedendo è proprio nel silenzio dei politicanti, che fino all’altro ieri avevano un’opinione per tutto e una risposta per ogni cosa. Mai, come oggi, sono così vicini al sempre citato “popolo”, annichiliti anche loro dalla gravità di un problema che sfugge alla loro comprensione e si sottrae al loro potere, che al massimo gli può consentire di ottenere sottobanco un tampone anche se asintomatici.
Tigri di carta che continuano, però, a percepire stipendi principeschi nonostante continuino a disertare le assemblee legislative, mentre l’economia del Paese se ne va in malora e c’è già chi prevede un crollo del Pil di 8 punti percentuali nel primo trimestre del 2020: come se fosse scoppiata una nuova guerra mondiale.
A dire il vero, i motivi per tornare a parlare e dire finalmente qualcosa di utile ci sarebbero. A cominciare dal congelamento dei loro stipendi o, meglio ancora, la donazione in massa degli emolumenti o cospicua parte di essi agli ospedali per comprare macchinari salvavita e mascherine. Ecco, qualcosa di interessante da dire e da fare ce l’hanno. Ma preferiranno stare zitti aspettando che passi la bufera, statene certi.
degirolamo@lactv.it