Il Sud Italia ha bisogno di una terapia d’urto alla Trump. La situazione che vive l’intero Mezzogiorno è assurda, inaccettabile, ingiusta, insostenibile. Da un lato un potenziale enorme, su mille fronti: natura, paesaggi, storia, culture identitarie, archeologia, arte, agricoltura, biodiversità, cibo, mare, montagne, clima, genio… Ma non è bastato, e infatti i principali dati macroeconomici sono rimasti con il pollice verso. La mancanza di posti di lavoro, nonché il ritardo accumulato in servizi essenziali a partire dalla sanità, sono l’emblema di una condizione incancrenita che pretende risposte e cambiamenti di portata epocale.

Le colpe sono senz’altro da attribuire a classi dirigenti (e non parlo solo di politici) rivelatesi in gran parte inadeguate ed egoiste, ma anche a nemici tradizionali di un ex Regno delle Due Sicilie assorbito in maniera forzata dal disegno espansionista sabaudo. Il sangue dei patrioti meridionali garibaldini è stato tradito.

Il Sud è stato fagocitato senza progetto, senza testa e senza cuore, semplicemente annesso e incorporato, ma al contempo calpestato e sfruttato. I nuovi padroni preferirono allearsi con i feudatari maestri di gattopardismo piuttosto che con le tante energie vitali che credettero sinceramente nella possibilità di costruire una società migliore. A distanza di quasi due secoli dall’Unità, lo scenario complessivo è rimasto immutato.

Roma dà spazio e sostegno, troppo spesso, a quanti non lo meritano. Una porzione consistente del Nord del Paese continua a guardare con aria di sufficienza, se non con ostilità preconcetta, ai Meridionali. L’ultimo tentativo, per fortuna abbattuto dalla Corte Costituzionale, di procedere a un’autonomia differenziata poco meditata, e quindi di far prevalere la questione settentrionale su quella meridionale, ha dimostrato per l’ennesima volta miopia politica.

L’Europa, al contempo, con la propria strabica frenesia regolatrice di stampo burocratico e tendenzialmente orientata a sposare le visioni delle grandi multinazionali, indebolisce i molti fattori strategici delle regioni meridionali, tanto antichi quanto peculiari, fertili e distintivi.

Il Mezzogiorno ha bisogno di una spinta decisiva che deve guardare con attenzione alla Rivoluzione Trump. Amiamo l’Italia e amiamo l’Europa, ma purtroppo non è vero il contrario. E i matrimoni, da sempre, si fanno in due! Ecco perché può essere utile lanciare una grande provocazione: il Sud Italia chiama Donald Trump e chiede di essere inserito a pieno titolo nei programmi e nei vasti progetti di ricostruzione del pianeta!

Le politiche ultradecennali della Ue hanno fallito, se ancora centinaia di migliaia di meridionali emigrano in cerca di posti di lavoro. Analogamente l’ordinarietà insufficiente dello Stato nazionale non è riuscita a curare piaghe purulente. Né si vogliono dimenticare i nemici interni del Meridione, quelli che hanno alimentato solo atteggiamenti predatori, clientelari, cinici, servili: burocrazie fameliche e autoreferenziali, politicanti protagonisti di nuove forme di ascarismo che hanno dato forza solo ai poteri romani e milanesi, neofeudatari mossi dalle logiche dell’asservimento e del privilegio. Il “terremoto” globale avviato da Donald Trump, orientato dai princìpi di libertà che guidarono le Rivoluzioni Americana e Francese, può rivelarsi un’occasione storica a vantaggio di un Mezzogiorno che ha bisogno assoluto di emanciparsi da mille catene che lo stritolano, lo soffocano, ne impediscono la rinascita.

Ma occorre cambiare gioco e invertire la narrazione prevalente, uscire dagli schemi che avvantaggiano i soliti noti. Il Sud Italia ha una posizione strategica al centro del Mediterraneo e potrebbe diventare un punto di riferimento primario per le nuove frontiere statunitensi. Di certo il Sud non ha nulla da guadagnare dalle perduranti visioni miopi di Germania e Francia interessate solo a ribadire la propria decadente leadership, né dai giochi di potere che a livello nazionale si sono scatenati nel tentativo di indebolire la premier Giorgia Meloni. Groenlandia? Canada? Panama? Il neo presidente Usa guardi anche al Sud Italia, un luogo ideale per mille ragioni, ma soprattutto perché ha nel proprio “dna” la genialità assoluta di Pitagora e lo spirito profetico di Gioacchino da Fiore. Tommaso Campanella intuì che una terra umiliata dal cieco gioco spagnolo non avrebbe potuto farcela da sola e provò a ribellarsi guardando ad aiuti esterni. Lo torturano e imprigionarono a causa di questo moto visionario, facendo pagare a milioni di meridionali, nei secoli, il prezzo della sottomissione, della sofferenza, dello sfruttamento, dell’emigrazione forzata, della negazione di ogni diritto.

Il Sud non merita di morire e la sua riscossa può essere configurata solo in una dimensione storica, consapevole e metabolizzata, trasformata in piattaforma politico-culturale.