L’autonomia differenziata è diventata la nuova bandiera politica del segretario di Forza Italia, Antonio Tajani che sempre più ha deciso di mettersi di traverso alla legge Calderoli.

Lo è diventata per tre motivi. Il primo per frenare la fronda dell’ala meridionalista che vede in prima fila il presidente della giunta regionale, Roberto Occhiuto. I forzisti del Sud vedono come una iattura la legge soprattutto in termini elettorali come ha più volte ribadito lo stesso Occhiuto secondo il quale la riforma farà perdere al Sud, vero granaio elettorale degli Azzurri, più voti di quanti ne farà recuperare al Nord.

Il secondo motivo è che questa posizione piace anche alla famiglia Berlusconi che vorrebbe un partito più autonomo rispetto gli alleati e soprattutto a tinte più moderate, lontane dal sovranismo della Lega.

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Il terzo motivo è avvicinarsi al mondo cattolico che contro l’autonomia sta facendo le barricate. Basta guardare le prese di posizione della Conferenza Episcopale Italiana che più volte ha parlato di una legge sbagliata. Già reduce dal meeting di Cl a Rimini, Tajani ieri era presente anche al maxi raduno per i 50 anni dell’Agesci.

Insomma c’è in corso un riposizionamento politico che preoccupa non poco la Meloni. Tajani difatti sta elaborando una serie di strategie per frenare l'avvio dell'autonomia differenziata. Strategie che vogliono rallentare l’intesa fra lo Stato e le Regioni secondo lo schema previsto dalla legge. Anche qui in linea con le dichiarazioni di Occhiuto che aveva chiesto una moratoria sulle intese, quindi un congelamento, su quelle materie che possono passare alle Regioni prima di definire i Lep Su alcune materie le Regioni possono chiedere direttamente l’autonomia, ma questa passa da un’intesa con il Presidente del consiglio che deve consultare i ministri competenti.

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Una di queste materie è appunto il commercio estero che Tajani, titolare della Farnesina, ha più volte ribadito di non voler cedere alle Regioni.

Ma il rischio maggiore è il passo successivo quando le intese sono sottoposte alla votazione, sia pure non vincolante ma politicamente di grande rilevanza, delle Camere. Qui Forza Italia potrebbe votare insieme alle opposizioni e per l’esecutivo Meloni sarebbe un bel guaio politico.