Il puzzle delle candidature in casa Pd continua ad essere di difficile composizione. Specialmente dopo che l’abbandono dei Gentile ha complicato ancora di più la partita nei collegi uninominali. Grandissime difficoltà si registrano soprattutto nel reggino dove il partito ha registrato il rifiuto dei principali big del territorio alla candidatura. Salvo ripensamenti dell’ultima ora hanno già rifiutato di correre alle prossime politiche del 4 marzo sia il presidente del Consiglio regionale Nicola Irto, che il capogruppo del Pd a palazzo Campanella Sebi Romeo, che il sindaco Giuseppe Falcomatà.

Musica per le orecchie del centrodestra all’interno del quale c’è invece la lotta alla candidature con i big che scalpitano. Sono pronti i consiglieri regionali Alessandro Nicolò e Francesco Cannizzaro, ma anche il senatore uscente Giovanni Bilardi, appena rientrato in Forza Italia e il vicecoordinatore nazionale Nino Foti.

 

Le posizioni di Minniti e Marcianò

Tra i democrat, dunque, è caccia al posto nel listino proporzionale per mettersi in salvo da magre figure. Ambiscono alla candidatura blindata sia il ministro dell’Interno Marco Minniti, sia l’ex assessore ai Lavori Pubblici Angela Marcianò, oggi componente della direzione nazionale del Pd. Per il ministro, però, le volontà renziane sarebbero diverse: candidatura blindata nel proporzionale in un collegio del Nord (probabilmente in Veneto) e corsa all’uninominale nella sua Reggio. Con i precedenti che non giocano certo a favore del ministro. Al quale non può non ritornare in mente, ad esempio, la clamorosa sconfitta nel collegio di Villa-Reggio nel 1996. Secondo le interpretazioni più malevole l’idea di Renzi sarebbe quella di garantire comunque l’elezione a Minniti nel Veneto, ma evitarne lo strapotere con un ridimensionamento a livello dei consensi nella sua città di origine.

 

La lotta delle correnti e il prossimo congresso

Aspettano, dunque, le correnti prima di posizionarsi. Il deputato uscente Demetrio Battaglia, la cui creatura elettorale è Nicola Irto, ancora si riserva di capire se tornare indietro rispetto al ritiro annunciato dalla politica oppure scendere in pista ancora una volta.

Il sindaco Falcomatà attende di capire dove piazzare i suoi voti per dimostrare a Renzi di aver fatto un clamoroso errore nella gestione della vicenda Marcianò, mentre Romeo attende istruzioni dal governatore. La querelle sulla sanità, conclusasi male per Oliverio, non può considerarsi certo conclusa senza colpo ferire. E gli uomini del governatore stanno cercando di capire che tipo di contropartita potrà essere offerta dai renziani al tavolo delle trattative. Il rischio di una rottura interna, però, stavolta è molto alto. Così come, con il passare dei giorni, cresce la possibilità che Oliverio e i suoi possano decidere di appoggiare candidature dell’area che fa capo al ministro Orlando (il quale dovrebbe correre nel proporzionale proprio in Calabria), oppure su eventuali candidati della lista Lorenzin, seppur orfana di Gentile. Anche se a Reggio il possibile candidato d’area, il senatore Nico D’Ascola, è fido componente di area renziana con canale di dialogo preferenziale con il segretario regionale del Pd, Ernesto Magorno. Sullo sfondo, ovviamente, la partita per il controllo del partito nel futuro. Chiuse le urne per le politiche, il Pd reggino dovrà andare a congresso per prepararsi ad appuntamenti fondamentali come il rinnovo dell’Amministrazione comunale e del governo regionale, ormai ampiamento oltre il giro di boa.

 

Riccardo Tripepi