«Continuare il percorso nel Nuovo Centrosinistra, ribadendo l’importanza dell’unità della coalizione e avviare interlocuzioni utili a valutare l’eventuale disponibilità di un candidato a sindaco interno al Partito Democratico da sottoporre agli alleati senza escludere le primarie». Poche righe, quelle iniziali del comunicato stampa diffuso dal Pd di Catanzaro, che però seppur in un consueto politichese degno della migliore Dc anni ’70-‘80 (emblematico in merito il riferimento alle «oltre tre ore di discussione», che di solito si traduce con la formuletta “dialogo serrato”, e alle «più di cinquanta presenze, al posto di: «riunione molto partecipata» menzionate nel testo) dicono parecchio.

Il concetto fondamentale è che chiunque abbia in animo di fungere da alfiere dell’intera coalizione quasi per “diritto successorio”, il leader di Cambiavento Nicola Fiorita su tutti, è avvertito. Nulla gli sarà concesso per… grazia ricevuta.
A meno che i Democrat del capoluogo non decidano di mandare in scena primarie, diciamo così, agevolate, solo per mettere a tacere chi non vuol dare via libera senza alcun processo di “selezione interna” allo stesso prof.

Ma il passo avanti nei termini della discussione è decisivo, considerato come dalla cantilena «non è importante il nome bensì il progetto» si sia passati a un ordine del giorno che recita: «individuazione di un sindaco». L’avviso ai naviganti è insomma chiaro, ma quello che sanno il neoconsigliere regionale Raffaele Mammoliti così come, a maggior ragione, il presidente dell’assemblea provinciale Michele Drosi e soprattutto il segretario cittadino Salvatore Passafaro, menzionati fra i partecipanti all’incontro, è che se nel loro partito, e quindi nel loro campo, non ci sono investiture ufficiali, almeno allo stato, l’unità del Nuovo Centrosinistra secondo i Dem da «rafforzare, essendo irreversibile» sarebbe messa a dura prova dall’accantonamento di Fiorita. Che, stando alle Amministrative del 2017, porterebbe peraltro in dote una quota di voti senza di cui la vittoria della coalizione sarebbe un miraggio. Ecco perché sembra strano che si affacci l’ipotesi delle primarie per trovare un «candidato unitario in grado di essere autorevole, di elevato spessore morale, con capacità di ascolto e radicato sul territorio». Che, ancora una volta, vuol dire tutto e niente considerato come sarebbe quantomeno singolare proporne uno divisivo, senza un’etica, sconosciuto e proveniente da chissà dove. Ma ribadiamo, questa è liturgia.

La politica è ben altro nella sua essenza e nel caso di specie dovrà fare i conti, in casa Dem e non soltanto come ovvio, di diversi aspiranti: alcuni qualificati, altri molto meno tuttavia pur sempre da inserire nel novero dei pretendenti. Purtroppo però, trovarne uno che piaccia a tutti - almeno al momento - non è facile. Anzi, è un’impresa titanica. Così come quella, anche di fronte a un centrodestra allo stato sgangherato, di allargare il fronte a «forze della società civile che hanno a cuore il bene della città». Perché è ben noto, in primis ai dirigenti del Pd, come dalle varie entità che compongono lo schieramento a oggi, lo si afferma con il massimo rispetto sia ben chiaro, di consensi non ne arriveranno di certo a pioggia. Ecco il motivo per cui, sempre in perfetto politichese, la parte finale della nota stampa richiama con forza il concetto della necessità di crescere per contribuire a elaborare un programma «vincente e di rilancio della città».