La firma è in calce ad un manifesto dai chiari toni leghisti. Solo che il vessillo appartiene al PD, quindi per conto e per nome del partito. La città è Cinquefrondi e il motivo del contendere è la scelta dell’amministrazione guidata dal “compagno” Michele Conia, che a differenza di altri comuni calabresi ha deciso di non seguire la strada arrivista e ben remunerata dei Centri di Accoglienza Straordinaria (ovvero hotel, case vacanza, palazzetti dello sport e altri edifici pubblici e privati), così come si vede in moltissimi altri paesi, ma di intraprendere un percorso più equo e integrativo per i migranti che sbarcano nei porti regionali e denominato Sprar. Una scelta in netta discontinuità con la formula “business” molto in voga in questi anni e un modo – l’unico – per generare scambio di cultura, rispettando numeri e proporzioni tra migranti e popolazione residente. Infatti una principale differenza tra un sistema Sprar e un sistema Cas è proprio il rispetto delle proporzioni. Con i Cas il numero di migranti inseriti in un contesto urbano può arrivare pure ad essere il doppio della popolazione indigena. Se, ad esempio alla domanda di partecipazione delle Prefetture, in un paese “x” rispondono 10 albergatori da 300 posti ciascuno, in quel paese “x” andranno 3000 migranti. Se invece è direttamente il Comune a voler gestire il sistema di accoglienza adotterà il cosiddetto Sprar, che – come successo in altri posti, vedi Gioiosa Jonica – dovrà avere un numero molto minore di migranti che, a differenza dei Cas, saranno inseriti direttamente nel circuito socio-urbano non per convenienza e affari privati, ma per principi di integrazione reale e accoglienza definita da un’inchiesta de “L’Espresso” di qualche mese fa “buona e giusta”.

 

Una scelta che però non è andata giù all’opposizione cittadina, ovvero proprio a quel Pd che teoricamente dovrebbe stare proprio dalla parte del sindaco. Ma, come succede spesso nelle realtà dove la politica è vista come fatto personale e vendicativo, il circolo “democrat” cinquefrondese, guidato dall’ex sindaco Michele Galimi, boccia senza mezzi termini la scelta della maggioranza. E lo fa con i mezzi soliti della strumentalizzazione e della propaganda populista e – perché no? - fascista: manifesti ingiuriosi attaccati in tutte le vie.

 

Galimi e il Pd parlano (e scrivono) a caratteri cubitali di “confusione”, “approssimazione” “improvvisazione” e “precarietà” perché gli uffici del futuro Sprar saranno adibiti in una struttura comunale al cui interno c’è anche una biblioteca. E quindi, secondo la minoranza, “riteniamo sia poco corretto offrire nuovi servizi cancellandone altri”. Una frase, non l’unica del manifesto, che sa di “Quinta Colonna” con i cittadini infuriati che non vogliono i “negri” nella loro città. Nel manifesto si leggono ancora frasi poco “democrat”, come ad esempio “l’inserimento di questi soggetti” (tipico linguaggio da inquisizione), dove per “soggetti” si intendono i migranti, gli esseri umani. La conclusione, poi, è degna del migliore spot di Casapound: “sarebbe meglio impegnarsi e preoccuparsi del futuro e della crescita della nostra cittadina”. Che tradotto significa “Prima gli italiani”.

 

Adesso, che Galimi e il Pd abbiano giustamente il diritto di dire la loro in tema di accoglienze e integrazione è sinonimo di democrazia alla Voltaire. Solo che dovrebbero fare un attimo pace con la loro ideologia. Perché ciò che si legge su quel manifesto ha il sentimento della xenofobia. E quindi o non sono loro del Pd o e il Pd italiano che sta cambiando pelle. Oppure preferiscono il Cas, gli alberghi e i ragazzini migranti seduti sulla panchina con la smartphone in mano.

Angelo De Luca