Mentre da Roma si rimanda la riunione di direzione che con tutta probabilità sarebbe culminata nella sfiducia al segretario autosospeso, nuove frizioni si creano attorno alle candidature per il Consiglio di piazza XV Marzo
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Tutti contro tutti. Le scintille della Federazione provinciale del Partito Democratico, sempre più ingovernabile, alimentano fuochi anche all’interno dei consigli comunali della provincia di Cosenza. Se da un lato il segretario (autosospeso) Vittorio Pecoraro è stato letteralmente salvato da Roma che ha spinto per rimandare una riunione di direzione dove sarebbe stato probabilmente sfiduciato, dall’altro c’è chi rivendica spazio e rifiuta di venire scavalcato a tavolino in vista delle elezioni per la Provincia. In tutto ciò la minoranza interna dei democrat butta benzina sull’incendio e Antonio Tursi terrà domani una conferenza stampa. Un clima niente male.
Roma “salva” Pecoraro
Il responsabile dell’organizzazione di Elly Schlein Igor Taruffi e il responsabile degli Enti Locali Davide Baruffi tra due settimane e mezzo scenderanno in Calabria appositamente per presenziare alla riunione di direzione della Federazione provinciale del Pd cosentino. Sì, perché non si terrà più domani mattina, bensì il 13 dicembre 2023 ore 18 presso la sede del Cgil. Nei fatti, hanno evitato al segretario Vittorio Pecoraro di andare incontro ad ulteriori tensioni dopo la nuova rottura con i consiglieri regionali Franco Iacucci e Mimmo Bevacqua.
I due esponenti nazionali hanno addotto come priorità assoluta la composizione delle liste per le elezioni provinciali da consegnare entro il 29 novembre. Nell’ultima intervista rilasciata al nostro network Pecoraro aveva evidenziato come si stesse già lavorando a ciò e che seguivano l’evolversi della cosa anche dalla segreteria regionale tramite Salvatore Monaco. Evidentemente questo aspetto non è stato digerito dalla minoranza di Sfida Riformista che, oltre ad evidenziare la pessima figura, denuncia che i nomi dei candidati siano già stati decisi «dinanzi ai soliti caminetti».
Frizioni anche a Palazzo dei Bruzi
Usano lo stesso termine anche i consiglieri di Palazzo dei Bruzi Gianfranco Tinto, Francesco Graziadio e Aldo Trecroci che avevano l’ambizione di candidarsi per il pubblico consesso provinciale e che non nascondono un rapporto complicato con Francesco Alimena, capogruppo del Pd e prossimo ad entrare in giunta. «Noi avremmo voluto proporre la nostra candidatura alla Provincia e sottoporla alla valutazione dei colleghi in consiglio comunale – dicono – ma ci è stato risposto che a decidere la composizione della lista non era il gruppo del Pd di Palazzo dei Bruzi e che, nel caso, se ne sarebbe dovuto parlare con il resto della maggioranza, oppure con la segreteria cittadina, oppure con il segretario provinciale. Solo che il segretario provinciale si è autosospeso, la segreteria cittadina è “non pervenuta”».
«Alla presentazione delle liste mancano ormai solo quattro giorni – aggiungono -. Sappiamo bene che quando si pospone una decisione agli ultimi trenta minuti utili non è perché non si sa quali decisioni vadano prese o a chi tocchi prenderle; al contrario, l’esperienza ci insegna che questa apparente indeterminatezza, questa grande confusione sotto il cielo del Pd nasconde una amara verità: le decisioni sono già state prese e i nomi sono stati già individuati».
I tre poi lanciano un avvertimento che potrebbe anticipare una rottura. «Non c’è stato un confronto franco e leale all’interno del partito, perché la base non è stata convocata e chi, come noi, ha provato a sollecitare il confronto è stato sistematicamente ignorato. Se poi i nomi dovessero essere quelli fatti filtrare sapientemente sulla stampa in queste ultime settimane – Mimmo Frammartino, Giuseppe Ciacco, Raffaele Fuorivia, nostri compagni di viaggio in questa esperienza amministrativa – ci riteniamo liberi di determinarci secondo coscienza. Se il Partito democratico cosentino si trova oggi ad essere forza politica minoritaria e residuale, forse è proprio perché, rifiutando di rispondere a queste domande, dimostra di essere “democratico” ormai solo nel nome».