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Il Pd non ha nessuna fretta di celebrare i congressi. Nonostante il segretario regionale Ernesto Magorno, in occasione dell’ultima festa regionale del partito, abbia praticamente annunciato il proprio abbandono coincidente con la scadenza del mandato. Il congresso regionale, comunque, non si celebrerà prima del 2018 e, con l’aria che tira, slitterà sicuramente a dopo le elezioni politiche sulle quali Matteo Renzi si gioca moltissimo del proprio futuro e della propria leadership. E anche il calabrese ministro dell’Interno Marco Minniti sta seguendo le operazioni con molta attenzione per proseguire l’ascesa interna al partito che ha contraddistinto gli ultimi mesi. Che Magorno resti in sella ancora, dunque, non dispiace quasi a nessuno.
Prima dell’assise regionale, entro questo autunno si era detto, avrebbero dovuto essere celebrati i congressi provinciali. Al momento le uniche province in regola sono quella di Vibo Valentia che ha eletto Enzo Insardà e quella di Crotone con l’elezione di Luigi Murgi. Nelle altre province è ancora tutto fermo. A Catanzaro e Reggio non si è ancora cominciato a giocare anche perché l’attuale situazione è troppo confusa sia a livello nazionale che locale. Le due federazioni dopo le dimissioni di Bruno e di Romeo, sono ancora commissariate e devono fare i conti con situazioni assai spinose.
Catanzaro viene fuori dalla terribile sconfitta di Enzo Ciconte alle comunali che hanno visto trionfare Sergio Abramo. Elezioni alle quali il Pd è letteralmente scomparso e pare da rifondare completamente. A Reggio, la sindacatura è targata Pd (unica in Calabria tra i capoluoghi di Provincia), ma dopo la rottura di Giuseppe Falcomatà con Matteo Renzi tutto è diventato possibile. La lotta tra i golden boy Falcomatà e Irto e gli uomini dell’uscente Romeo, sarà senza esclusione di colpi. Ha provato a muoversi Cosenza con l’avvio della raccolta delle firme per le candidature con l’uscente Luigi Guglielmelli che vuole riprovarci. Ma subito è arrivata una grana enorme: le associazioni Dems di Andrea Orlando e Labdem di Gianni Pittella hanno presentato ricorso contro l’altissima soglia di sbarramento prevista dal Pd calabrese per la presentazione delle candidature. Ogni candidatura deve essere supportata dal 15% delle firme degli iscritti di ogni provincia, mentre nelle altre Regioni non si supera mai il 5%. Ennesimo segnale di quanto il Pd calabrese sia refrattario rispetto ai cambiamenti.
E del resto che le correnti interne siano in fermento è dimostrato in maniera palese da quanto sta avvenendo alla Regione. L’impasse per il rinnovo dell’Ufficio di presidenza è durata diversi mesi e gli stessi ritardi adesso si stanno registrando per il rinnovo delle Commissioni consiliari. Per non parlare della giunta dei tecnici di Mario Oliverio che è pronta al rimpasto dallo scorso mese di dicembre senza mai riuscire ad operarlo davvero. Qualcuno dice che i prossimi giorni potrebbero essere quelli giusti per operare questi due o tre cambi di cui si vocifera da lungo tempo, ma il condizionale è d’obbligo. Il Pd non ha fretta.
Riccardo Tripepi