Il Cdm ha approvato ieri il testo del decreto legislativo sulla modifica dell'articolo 114 del codice di procedura penale, prevedendo il divieto di pubblicazione del testo dell'ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari o fino al termine dell'udienza preliminare. Sarà possibile pubblicare solo il capo di imputazione. Il provvedimento, viene comunicato, è stato preso in adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva europea. 

Costa: «Le ordinanze contengono solo accuse»

 «Apprezzo il fatto che il governo abbia dato seguito alla delega nata dal mio emendamento alla legge di delegazione europea - ha detto Enrico Costa di Azione.  Le ordinanze cautelari che intervengono durante le indagini preliminari - a differenza di ogni altro atto di indagine preliminare che, anche se non più 'segreto' perché notificato al destinatario, non è mai pubblicabile alla lettera - sono subito pubblicabili integralmente, dalla A alla Z, sui giornali o sul web, addirittura prima del vaglio del riesame e della Cassazione che talvolta le annullano. Le ordinanze di custodia cautelare contengono solo le accuse; la voce della difesa non c'è, perché la difesa al limite ricorrerà quando saranno già su tutti i giornali. È evidente che una persona schiacciata da un simile 'peso' reso pubblico con centinaia di pagine di motivazioni, quand'anche ottenesse, dopo settimane, l'annullamento dal riesame, o, dopo mesi, l'archiviazione non riuscirebbe a capovolgere il racconto». 

Le nuove regole

Si torna indietro dunque rispetto a quanto stabilito dalla riforma del 2017 dell'allora ministro Andrea Orlando, secondo cui le ordinanze sono pubblicabili senza limiti. Con le nuove regole invece ad essere pubblicabile sarà soltanto il contenuto dell'atto, senza poterlo citare tra virgolette, e potrà essere fedelmente riportato solo il capo di imputazione per esteso. In queste ore è arrivato infine l'ulteriore step decisivo per rendere concreta la nuova norma, inserita nei decreti legislativi approvati dal Cdm.

Fnsi: «Continueremo la nostra lotta»

«Chi vuole mettere il bavaglio alla stampa è riuscito a completare l'opera. Dopo l'ok del parlamento a inizio anno, la norma Costa entra nel Codice di procedura penale. Il via libera di ieri in Consiglio dei ministri allo schema di decreto legislativo di modifica all'articolo 114, che impone il divieto di pubblicazione del testo dell'ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari o fino al termine dell'udienza preliminare, è una brutta notizia per i giornalisti e ancor più brutta per i cittadini, che non potranno conoscere per mesi fatti di rilevante interesse pubblico». Lo afferma Alessandra Costante, segretaria generale Fnsi.

«Il governo italiano – prosegue – usa due pesi e due misure: nei confronti dei balneari fatica a recepire una direttiva del 2006, la Bolkestein, nel caso dei giornalisti è riuscito ad approvare per ben due volte la direttiva sulla presunzione di non colpevolezza, prima con la riforma Cartabia e infine con la modifica al Codice di procedura penale».

«Il sindacato dei giornalisti – conclude Costante – continuerà la sua lotta per il diritto di informare ed essere informati, sempre più minacciato da leggi bavaglio, conferenze stampa a senso unico, politici che parlano attraverso video autoprodotti, querele fatte per bloccare l'attività dei cronisti. Leggi liberticide, incertezza occupazione, stipendi bloccati da dieci anni e compensi da fame per i freelance stanno rendendo questo Paese meno democratico. Su questi temi chiediamo all'Europa di non spegnere il faro acceso nei mesi scorsi».

Sulla vicenda interviene anche il presidente Vittorio di Trapani, che sui social scrive: «Questo governo continua a smantellare l'art.21 della Costituzione. Mentre tiene in ostaggio la Rai perché impantanato nella guerra per spartirsi le poltrone, mentre ottiene 15 minuti in prima serata per l'intervista auto-assolutoria di un ministro ex dirigente Rai, il governo trova il tempo di imporre un nuovo bavaglio alla stampa e ai cittadini, che saranno meno informati. Un ritorno al passato che nulla ha a che vedere con il garantismo. In realtà il divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare è un piacere ai potenti che vogliono l'oscurità e ai colletti bianchi».