Aumento dei contagi in tutta Europa. Francia e Spagna con intere zone in lockdown o quasi. Inedite restrizioni nei libertari Paesi bassi. L’Italia, fresca di nuovo dpcm che chiude in anticipo i locali e invita a limitare persino le riunioni in casa, spinge sullo smart-working per svuotare gli uffici e in generale punta ad evitare che si riuniscano troppe persone. Non c’è Paese in cui la paura del coronavirus non torni a farsi sentire.  

Ma a quanto pare, per l’eurodeputato leghista Vincenzo Sofo, la priorità al momento è altra: discutere del “cammino basiliano”. In Calabria. Durante un convegno aperto al pubblico. Con tanto di parterre istituzionale che va dal presidente del Consiglio, Domenico Tallini, ai consiglieri regionali e colleghi di partito, Pietro Molinaro e Pietro Raso. Più – ovviamente - inviti urbi et orbi a partecipare numerosi.

Le attenzioni a corrente alternata di Vincenzo Sofo 

È questo il motivo per cui, dopo mesi di assenza, il giovane politico cresciuto alla corte dell’ideologo nero Fabrizio Fratus quindi transitato in Lega, tornerà a farsi vedere in Calabria. Al seggio che – con l’aiuto della Brexit – lo ha catapultato a Bruxelles, Vincenzo Sofo fino ad oggi ha riservato attenzioni ondivaghe e presenze rarefatte, spesso in periodi pre o post elettorali. E anche a questo giro il copione si ripete.  

A una decina di giorni dai risultati definitivi delle amministrative e dopo un paio di bordate contro la dirigenza regionale del partito, mentre i contagi salgono e la Regione latita, il giovane eurodeputato ha ritenuto necessario e urgente riapparire a sorpresa in Calabria per discutere del “camino de Santiago” calabrese, che ha visto la luce da un paio di mesi e prossimamente rischia di essere scarsamente frequentato se è vero che in mezza Europa si sconsigliano viaggi e spostamenti.  

Cammino basiliano, obiettivo o pretesto? 

D’altra parte, non è la prima volta che Sofo arriva con il fuso orario a fare i conti con la realtà. All’inizio del lockdown, mentre l’Italia iniziava a contare i morti e gli altri Paesi calcolavano il rapporto fra popolazione e terapie intensive, lui si ergeva a paladino delle nocciole calabresi. Passata qualche settimana e – ipse dixit –a causa delle restrizioni impossibilitato a muoversi dalla Provenza (lui, europarlamentare, con residenza in Italia), dal suo buen retiro invitava a dichiarare guerra alla Turchia per la reconquista delle mascherine.  

Non troppo diverso – quanto meno in termini di opportunità, puntualità e attualità- appare il convegno previsto per giovedì pomeriggio al teatro comunale di Simbario, nel Vibonese. A meno che l’intento non sia altro e il “Cammino basiliano” non sia un pretesto per tastare il terreno e blindare i ranghi dei suoi sul fronte Sud. Anche perché è la posizione in Lega dell’eurodeputato ad essersi fatta scivolosa.  

La gaffe di Sofo  

A urne a stento chiuse, Sofo si è precipitato a saltare alla gola alla dirigenza del Carroccio calabrese, ma nella foga ha finito per confermare – primo fra tutti i leghisti in Italia – le difficoltà anche interne di Matteo Salvini, ai più palesi ma mai ammesse dall’establishment del partito. «Ecco perché ritengo sbagliato oggi mettere in discussione Salvini» ha tuonato dalle colonne del suo sito l’eurodeputato, mentre tre quarti di Carroccio – ammaccato dalle amministrative – si precipitava a fare ufficialmente quadrato attorno al Capitano, per giunta uscito neanche troppo bene dalla kermesse catanese organizzata in concomitanza con l’udienza preliminare che lo vede imputato per sequestro di persona.  

La faida leghista e la distrazione dell’eurodeputato 

Quello che doveva essere un bagno di folla è diventato una sorta di gallinaio che ha imbarazzato molti, fra le sparate razziste e omofobe del vicepresidente della Giunta calabrese Nino Spirlì e le inaccettabili dichiarazioni su una presunta “mafia buona” della ex senatrice Angela Maraventano. Ma tornato a via Bellerio, il “comando generale” del partito – che all’interno affilava coltelli e si preparava alla faida fra le varie anime del Carroccio –  ha preferito sorvolare e con unica voce recitare fedeltà al leader, oscurato dal governatore del Veneto Zaia, che più che non può, non vuole un ruolo da leader della Lega.  

Del mutato clima interno al suo partito però Sofo non sembra essersi accorto, tanto da entrare a gamba tesa e assai in ritardo su una questione che tutti si stavano affannando a nascondere. Uno scivolone rimbalzato sui media nazionali probabilmente nel periodo per lui meno opportuno. Che l’ala sovranista e revanscista sia ormai presenza scomoda nel Carroccio, Giancarlo Giorgetti lo ha detto in modo estremamente chiaro. Anzi, stando alle indiscrezioni, sulla ricollocazione della Lega nell’area dei popolari avrebbe posto un vero e proprio aut aut.  

Il vero obiettivo del tour calabrese 

Un problema non da poco per Sofo, che di quella Lega che guarda all’estrema destra sovranista è stato - conto terzi (Fratus) – alfiere e faccia pubblica, con tanto di documento messo in discussione al Congresso del Carroccio di qualche anno ga. Ecco perché la sua gita in Calabria, potrebbe essere destinata anche – se non soprattutto – a tastare il terreno fra i fedelissimi(?) e valutare le effettive forze per un’eventuale fronda. Prima di lanciare un assalto alla diligenza tocca sincerarsi dello stato delle truppe. E magari, anche degli ufficiali, a partire da colonnelli come Pietro Molinaro – che Sofo avrebbe voluto a tutti i costi assessore regionale all’agricoltura – e Pietro Raso, in origine creatura del deputato Domenico Furgiuele, che con l’eurodeputato leghista ultimamente sembra andare d’amore e d’accordo.  

La “convocazione” di Molinaro e Raso  

Sebbene non appaia nelle loro corde, entrambi sono stati chiamati a relazionare sul “cammino basiliano” nel corso di un convegno che – forse non a caso - non ostenta l’onnipresente marchio Lega. Allo stesso tavolo sarà presente anche il presidente del Consiglio regionale Tallini. È stato uno dei promotori dell’istituzionalizzazione del cammino basiliano, ma – magari conta, o magari no – sull’invito potrebbe aver pesato anche quel voto favorevole che Raso e Molinaro hanno dato alla sua elezione, con buona pace delle diverse indicazioni di partito. Un ordine – dicono le indiscrezioni – arrivato dritto dritto da Bruxelles, lì dove era appena approdato lo stesso Sofo che magari oggi potrebbe aver bisogno di un puntello “in patria” e in Consiglio regionale. 

Resa dei conti interna? 

Tutte manovre che non sembrano essere sfuggite alla dirigenza regionale del Carroccio, a differenza di metà dei suoi consiglieri regionali e di un paio di agguerrite correnti locali, più vicina all’area Giorgetti che a chi si beava dei rapporti con Victor Orban. Differenze spesso tracimate in vere e proprie faide, che – soprattutto in periodo di scadenze elettorali – i proconsoli di via Bellerio si sono impegnati a mantenere sotto traccia, magari anche per evitare “tradimenti” nelle urne. Ma adesso che le (rovinose) amministrative sono cosa archiviata, anche le prudenze sembrano diventate passato remoto e il felpato istituzionale è sparito da toni e dichiarazioni.

«Proprio oggi abbiamo dato precise disposizioni, sconsigliando eventi e manifestazioni – dice il segretario regionale e deputato leghista Cristian Invernizzi sul convegno organizzato da Sofo– ma non essendoci il simbolo della Lega, la questione non impegna la segreteria regionale». Se non è una sconfessione, poco ci manca. E la guerra tutta interna al Carroccio, adesso sembra decisamente dichiarata.