Se il nuovo governo Conte ha rianimato i democrat che felici scattano selfie dopo il giuramento da ministri, ha ricacciato il centrodestra nell’incubo. L’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini era pronto a far man bassa di regionali, politiche e comunali adesso si prepara ad un lungo periodo di opposizione e ha già perso un buon 4%, stando almeno ai sondaggi. L’intesa con Giorgia Meloni è sempre totale ma l’appeal del fronte sovranista sembra essersi ridotto e non in grado di assicurare la vittoria certa, neanche con l’apporto del movimento di Giovanni Toti che stenta a decollare.

In questo contesto dovrebbe tornare determinante Forza Italia, seppure ridotta nei numeri e negli uomini. Ed, invece, gli azzurri continuano ad annaspare in una delle peggiori crisi, per molti quella definitiva, che spacca il partito sul da farsi.

Il leader Silvio Berlusconi ha subito marcato la differenza rispetto a Lega e Fdi, partecipando a tutte le consultazioni e annunciato «un’opposizione al governo Conte composta», ma anche una presa di distanza dal sovranismo. La realtà è che l’anziano leader è più preoccupato del futuro delle sua azienda, come dimostra l’affaire Mediaset-Vivendi, e non muore dalla voglia di inimicarsi il nuovo governo alla fine partorito dalla mente dell’ex amico Matteo Renzi.

 

E con il leader distante le correnti impazzano. Le dichiarazioni di Mara Carfagna, che ha nel Sud la roccaforte dei consensi, sono immediatamente state di presa di distanza dagli atteggiamenti di Salvini. E non è un mistero che il drappello dei parlamentari che a lei fanno riferimento avevano anche valutato l’ipotesi di sostenere un governo di larghe intese e che, adesso, non disdegnerebbero l’appoggio esterno al Conte bis. Non voteranno la fiducia, ma in caso di governo in bilico sarebbero pronti da “responsabili” a tenerlo in vita, anche per mantenere gli scranni fino alla fine della legislatura. A palazzo Madama, dove i numeri sono più risicati, ci sarebbero circa 30 senatori pronti alle operazioni di primo soccorso in caso di fibrillazioni.

Dall’altra parte ci sono i filo-salviniani che spingono per riformare subito il vecchio centrodestra e andare al voto il prima possibile. In linea con le dichiarazioni a caldo di Maria Stella Gelmini e Lucia Ronzulli.

Una divisione, l’ennesima, che rischi di fare implodere il partito in maniera definitiva e manda in corto circuito il fronte calabrese che prova a mantenersi neutrale. In Calabria, dove si voterà a breve, gli azzurri non possono certo correre da soli e sperano di ricostruire il fronte del centrodestra. Insistono sul nome di Mario Occhiuto come candidato governatore, ma di fatto il tavolo del centrodestra per le regionali non si è mai avviato. Così come non è mai partito quello per la definizione del candidato sindaco a Reggio. Con l’ulteriore aggravante che, sia a livello regionale che comunale, i candidati avversari potrebbero essere sostenuti da Pd e Cinque Stelle.

Il tempo è ormai agli sgoccioli e con una Fi ridotta ai minimi termini le carte le darà Matteo Salvini che dovrà decidere cosa fare dell’ingombrantissimo Cavaliere, tanto a livello nazionale che locale.

 

 

Riccardo Tripepi