«Un atto d’amore per la politica». Così Enrico Giovannini - economista e statistico, già ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili nel governo Draghi e ministro del Lavoro e delle politiche sociali del governo Letta - ha definito il suo nuovo libro dal titolo "I ministri tecnici non esistono". L’evento ideato e organizzato dal giornalista Maurizio Insardà con la collaborazione dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria - Dipartimento Pau - Centro studi delle politiche economiche e territoriali, è servito all’ex ministro per spiegare la genesi del volume che nasce - ha raccontato Giovannini - dall’incontro con una tredicenne di nome Greta sotto il nuovo ponte di Genova, che gli ha chiesto: «Ma quando uno arriva in un ministero così complesso e non sa nulla, che fa?».

Presenti all’incontro con l’autore il professor Domenico Marino dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria, il senatore Nicola Irto, il sindaco di Villa San Giovanni Giusy Caminiti e il professor Edoardo Lamberti Castronuovo dell'Università Dante Alighieri che hanno dialogato con l’ex ministro su un libro che vuole essere quindi una risposta, esaustiva, alle domande di Greta, tanto più che proprio l’ultimo capitolo, intitolato “E quindi?”, immaginando che la tredicenne avesse letto il libro, si trasforma in una serie di altre risposte che dalla lettura possono incuriosire e far scaturire altre domande.

Per Giovannini è anche un modo per raccontare cosa è stata per lui la politica, dopo l’esperienza da chief statistician dell'Ocse e da presidente dell’Istat: «Ho avuto la fortuna di incidere su tutta una serie di processi anche stando fuori dalla politica», ha detto - convinto com’è, parafrasando il titolo del libro che non esistano ministri tecnici. «Perché nel momento in cui anche una persona, come nel mio caso, che non ha mai avuto una tessera politica, arriva e giura sulla Costituzione di operare nell'interesse della nazione, comincia a prendere decisioni politiche».

Il tema dunque non è tanto da dove si viene, ma dove si vuole andare, «ed è lì che la scelta di come si fissano le priorità, può essere diversa tra ministri politici e tecnici. Da questo punto di vista io ho lavorato molto in rapporto con i territori, con le regioni, con le città metropolitane ma anche con le associazioni di categoria, e ovviamente anche con il Parlamento».

Una distinzione che per il professore Marino si fa sottilissima, fino a scomparire: «Siamo in Calabria, Campanella nella sua Città del Sole, immagina un governo di tecnici, perché per lui è la miglior forma di governo. Probabilmente in questo c’è un fondo di verità, perché se un politico non è anche tecnico o il tecnico non è anche un politico non si riesce a governare niente, si fa solo demagogia».

Chiaro è che influisce sull’attività di un ministro anche chi lo accompagna e lo supporta nelle scelte. In tal senso il libro fondamentalmente dice cosa il ministro e la sua struttura hanno fatto in 20 mesi, ma anche come lo hanno fatto, e questo per lui è anche la parte più interessante del libro.

«La scelta di destinare al Mezzogiorno il 69% dei fondi aggiuntivi nuovi, per opere nuove, non me l'ha chiesta nessuno, ma è stata una mia scelta molto chiara, così come molte altre scelte fatte su base tecnica ovviamente, e complessivamente in 20 mesi abbiamo allocato 104 miliardi di euro con un'attenzione veramente straordinaria al Mezzogiorno, anche alla Calabria, perché senza uno sviluppo del Mezzogiorno l'Italia non può fare quel salto di qualità di cui abbiamo bisogno».

Chiaro che uno dei principi cardine di questo modo di agire è che le iniziative e i fondi non vengano bloccati dai cambi dell’esecutivo nazionale, come spesso avviene.
«Certamente ci vuole continuità. Ad esempio noi abbiamo scelto finalmente di destinare i fondi per la Salerno-Reggio Calabria di alta velocità, con il Pnrr abbiamo iniziato a investire in questa direzione ma ovviamente non è che si può realizzare entro il 2026, quindi ci vuole continuità. Ci vuole continuità nell'investimento sui porti, ad esempio Gioia Tauro, su cui abbiamo fatto un potenziamento importante della ferrovia, ci vuole una visione di cosa accade nel retroporti e quindi ciò che il porto può condurre, non soltanto come luogo di scambio di merci, ma come luogo di innovazione per esempio sviluppando ricerca in quei luoghi. Ecco questi sono solo alcuni degli esempi, ma poi abbiamo investito sulle strade la famosa 106 la strada della morte su cui abbiamo nominato un commissario abbiamo definito un primo investimento che il governo attuale ha proseguito. Ecco su questo c'è stata indubbiamente molta continuità».