Il presidente uscente propone una soluzione unitaria ma in realtà è pronto a correre da solo e si sta costruendo un alibi per poi rivendicare la sua scelta come obbligata dall'affronto subito. Ma al suo fianco restano solo Bruno Bossio, Adamo e D'Acri. Tutti i consiglieri regionali si sono allineati a Zingaretti
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Quando Oliverio dice che «ci potrebbe essere la ricostruzione di un percorso unitario anche su altri nomi», sa bene di parlare di fantascienza. Non ci potrà esser nessun altro nome, all'infuori di quello di Pippo Callipo. Il Pd ha ufficializzato la sua candidatura, il segretario Zingaretti lo ha “incoronato” e, venerdì, lo presenterà ufficialmente ai calabresi. Discorso chiuso. Oliverio, vecchio lupo della politica, non può credere alle sue stesse parole. E infatti non ci crede.
Il «percorso unitario» di cui ha favoleggiato ieri alla presentazione del suo Comitato regionale altro non è che una mossa strategica che gli permetterà di costruirsi un alibi, quando tutto sarà finito. «Ecco, vedete – dirà al momento debito –, malgrado io abbia chiesto un dialogo e una soluzione condivisa, il Pd ha candidato comunque Callipo. E il mio onore calpestato mi obbliga a candidarmi contro il mio stesso partito». Bella furbata, no? Sembra tratta da un manuale sulla politica della sopravvivenza.
Chi c'è in trincea
È più che possibile, tuttavia, che le cose non vadano come Oliverio sogna. Certo, lui potrà sempre candidarsi per non disperdere quanto fatto (di buono?) in questa legislatura; ma la domanda delle domande è un'altra: chi andrà in trincea con lui? Quel che Oliverio non dice ma sa altrettanto bene, è che le sue truppe si stanno assottigliando sempre di più, con una velocità direttamente proporzionale all'accelerazione impressa dal Pd negli ultimi giorni.
E se il grosso dei militanti e degli iscritti resta fedele al Nazareno, lo stesso si può dire degli ufficiali. Il guaio, per Oliverio, è che tutti i big – a parte Enza Bruno Bossio e il marito Nicola Adamo – lo stanno mollando. Ormai è un fuggi fuggi generale. Inutile parlare di quelli che, già da qualche tempo, hanno scelto di stare dalla parte del commissario Graziano e di Zingaretti (Irto, Battaglia Bevacqua, Guccione, Giordano, Falcomatà, Bova, Viscomi); il vero dramma lo stanno causando tutti gli altri.
Sculco, D'Agostino...
Flora Sculco, ad esempio. La consigliera regionale crotonese avrebbe infine maturato l'idea di cambiare area e di restare sì nel centrosinistra, ma non in quello capitanato da Oliverio. Clamorosa anche la svolta di Francesco D'Agostino. Il “signor stocco” avrebbe avuto diversi contatti con Graziano e con lo stesso Callipo e si sarebbe convinto a cambiare aria definitivamente. C'è poi Giuseppe Giudiceandrea, il quale, dopo aver rivelato l'incontro segreto a Roma tra Oliverio e Zingaretti, di fatto ha abbandonato il governatore chiedendogli di scendere a patti con il Nazareno.
Sembra si sia incamminato lungo la stessa strada anche il capogruppo de La Sinistra Giovanni Nucera, pure lui pronto – assicurano – a sposare la causa di Callipo. E tormentatissimo sarebbe Michele Mirabello, incerto se rimanere nel campo oliveriano – che gli assicura un posto in prima fila nel Vibonese, per una rielezione improbabile – o riaffermare la sua presenza nel Pd, dove sgomita anche il suo ex amico, Brunello Censore.
Resiste, almeno per ora, Giuseppe Aieta, che tuttavia, secondo alcuni, potrebbe lasciare Oliverio al suo destino in un altro modo, cioè candidandosi a sindaco del suo Comune, Cetraro. Orlandino Greco, invece, non avrebbe chiuso del tutto i suoi canali con il centrodestra e aspetterebbe di conoscere il nome del candidato alla presidenza.
L'unico consigliere regionale posizionato senza se e senza ma con Oliverio è Mauro D'Acri. Che di certo non è tipo da spostare messe di voti.
«La verità – commenta sarcastico un dem vicino a Zingaretti – è che chi non è ancora andato via non lo ha fatto perché non ha trovato spazio da un'altra parte».
Alla fine, a ben guardare, il «percorso unitario» potrebbe essere stato trovato. Ma senza Oliverio.
bellantoni@lactv.it