Sul M5s si è abbattuta la tempesta perfetta. Le presunte pressioni di Draghi su Grillo per mettere fuori gioco Conte, il possibile addio al Governo e il no del garante al terzo mandato stanno mettendo a dura prova la tenuta del Movimento.

Difficile prevedere gli esiti di questa nuova e violentissima perturbazione politica, ma è probabile che, passata la tempesta, in Parlamento i numeri cambino ancora a causa di altre defezioni dal gruppo pentastellato, già falcidiato dalla scissione di Di Maio.

Finora sono due i calabresi che hanno seguito il ministro degli Esteri: la sottosegretaria Nesci e il deputato d’Ippolito. La tempesta perfetta potrebbe però spingere altri parlamentari a lasciare il Movimento per cercare altri rifugi, nel gruppo Insieme per il futuro ma non solo.

Giorni decisivi

Per Conte sono giorni decisivi. Dopo le rivelazioni del Fatto Quotidiano circa i tentativi di Draghi di convincere Grillo a estromettere Conte, smentite con grande ritardo dal premier, il presidente del M5s ha assicurato la fedeltà del suo partito al Governo.

Secondo non pochi osservatori, tuttavia, quella di Conte sarebbe solo una tregua a tempo: il piano del leader grillino prevederebbe l’uscita dall’esecutivo tra la fine di luglio e gli inizi di settembre e un eventuale appoggio esterno.

La rottura, se da una parte potrebbe attirare alcuni dei fuoriusciti che non avevano votato la fiducia all’esecutivo (ieri la senatrice calabrese Abate, ex 5s oggi in Alternativa, ha attaccato Draghi per le ingerenze nella vita del Movimento), dall’altra scatenerebbe una nuova diaspora ad opera dei governisti e di tutti i parlamentari vicini ai ministri in carica.

Il no di Grillo

A pesare molto sugli equilibri interni è poi la posizione di Grillo sul terzo mandato. Il fondatore, proprio ieri, ha ribadito l’intangibilità di uno dei «totem» dei 5 stelle. Conte, invece, sarebbe orientato a concedere deroghe sulla base dei meriti e delle competenze dei parlamentari più esperti. Il niet di Grillo ha comunque già impedito al sottosegretario Cancelleri di partecipare alla corsa per la presidenza della Regione Sicilia.

Senza le deroghe, altri parlamentari arrivati all’ultimo giro di giostra potrebbero rompere gli indugi e abbandonare una volta per tutte il Movimento. L’insofferenza nei confronti di Grillo è ormai arrivata ai massimi storici, come dimostra il post facebook, poi prontamente rimosso e rinnegato, della vicepresidente del Senato Paola Taverna, anche lei al secondo mandato («Beppe, perché stai delegittimando il nostro capo politico? Il Movimento non è di tua proprietà, il Movimento lo abbiamo costruito tutti insieme»).

I 300mila euro

A esacerbare gli animi contro il fondatore sono anche i problemi economici. Nelle scorse settimane è stato siglato un accordo che garantirà a Grillo circa 300mila euro all’anno per gestire la comunicazione del partito sul suo blog. Il guaio è che, come rivelato dal tesoriere Cominardi, le casse del partito languono. In questo clima, secondo diverse indiscrezioni, non sono pochi i parlamentari che hanno interrotto le restituzioni pur di non contribuire all’obolo destinato al fondatore.

Senza contare il buco da circa 600mila euro lasciato dai dimaiani, che da tempo avevano smesso di dare il loro contributo al partito, e le minori risorse in arrivo dal Parlamento a causa della riduzione dei gruppi.

In questo bailamme, Conte – come già raccontato da Lacnews24.it – non avrebbe altra scelta che quella di chiedere agli eletti nuovi sforzi economici, necessari per affrontare nel migliore dei modi la campagna elettorale per le Politiche 2023, forse la più dura dalla nascita del Movimento.

Mettere mano al portafogli risulterebbe oltremodo spiacevole soprattutto per quei deputati e senatori che non fanno parte del cerchio magico di Conte e che non hanno alcuna certezza sulle ricandidature.

Andare via, insomma, sarebbe un modo per evitare altri sacrifici economici in assenza di precisi corrispettivi politici.

L’orizzonte di Conte non è mai stato così pieno di nuvole. Chissà chi si salverà dalla tempesta perfetta.