Luigi Guglielmelli è stato l’ultimo segretario della federazione del Partito Democratico di Cosenza prima che iniziasse la lunga fase commissariale. In prima fila tra i comitati a sostegno di Elly Schlein, si è speso durante la campagna congressuale che ha portato al successo della sua candidata. Non ha gradito insinuazioni e facili associazioni di idee prodotte a cavallo di domenica sera, quando le primarie hanno regalato un esito sorprendente.

«Le accuse di minoritarismo ed estremismo rivolte alla nuova segretaria - spiega - vanno rigettate ai mittenti e con sdegno anche. A meno che non si consideri minoritarismo dire cose di sinistra ed estremismo dirle con chiarezza». La sua analisi fotografa due tipi di Pd («quello del nord e quello del sud») ed invita i dirigenti locali ad aprirsi a nuove forme di partecipazione. «Scissione? Se qualcuno andrà via - aggiunge - al massimo parleremo di diserzione senza impatto».

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Guglielmelli, cosa l’ha spinta a seguire Schelin in controtendenza. I suoi vecchi compagni di partito sono andati all-in su Bonaccini.
«La sua proposta. Era scevra da pregiudizi e, spogliandoci anche di quella che è stata la nostra storia personale, l’ho trovata in totale sintonia con l’attuale storia italiana. È ancorata a dei valori, ma è innovativa e di prospettiva. Elly ha posto al centro del dibattito le disuguaglianze che aumentano, la tutela dell’ambiente e il tema dei diritti sociali. Insomma, mi piace l’idea prospettata di come la nuova sinistra debba porsi con il mondo del lavoro».

Perché in molti all’interno del Pd hanno timore a pronunciare la parola “sinistra”? Parlare di “riformismo” cosa ha prodotto negli ultimi 10 anni?
«Non esiste partito di sinistra al mondo che abbia paura di pronunciarla. Il riformismo invece ha annacquato questo termine, dando l’impressione all’esterno che fosse anacronistico. Di recente, sui temi dei migranti e del lavoro, si è spesa più la Chiesa cattolica che il Partito Democratico. Per definire la nuova sinistra non bisogna farsi ingabbiare da obsoleti ingranaggi novecenteschi, oggi si parla di altro: uguaglianza, solidarietà e si fa largo la c’è necessità di aprirsi ai diritti e agli spazi. Siamo l’opposto della nuova destra che invece alza muri, infonde paura alla società e crea distanza».

Schlein sfonda in tutta Italia meno che al Sud, Sicilia esclusa. Che idea si è fatto Guglielmelli?
«Esistono più Partiti Democratici. Quello del nord è diverso rispetto al Pd del sud dove c’è una filiera più organizzata e le correnti incidono maggiormente nelle scelte e negli esiti. Al nord il partito ha assunto un aspetto meno istituzionale e più partecipato. Penso che alle nostre latitudini una crescita non possa che passare dall’apertura a nuove forme di partecipazione e dall’allargamento della base. Sono sì importanti dirigenti e amministratori, ma diventeranno fondamentali anche le persone. Riflettiamo, perché nel Mezzogiorno la capacità organizzativa non corrisponde poi alla forza elettorale».

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C’è scollamento tra classe dirigente del partito ed elettori?  Le primarie aperte hanno lanciato un segnale…
«Il segnale ci dice che c’è un popolo democratico che non si trovava all’interno del Pd, ma al suo fianco. Ha bussato e vorrebbe partecipare. Spetta a noi ascoltare questa gente e recepirne gli input».

Ha dato uno sguardo alle reazioni dei big calabresi dopo la vittoria della Schlein? Un po’ fredde, non trova?
«Non capisco perché sia dovuta prevalere una linea di unità a tutti i costi indossando una sorta di camicia di forza. Nei congressi serve dibattito, l’unità serve a battere gli avversari. In Calabria si è deciso di stare prima tutti dalla stessa parte e poi di fare il congresso al fianco di chi era dato per vincente. Ma che alla fine ha perso. Il gruppo dirigente ha sbagliato l’analisi ed è la prima volta. Non mi riferisco solo a Renzi che divenne segretario, ma anche a Bersani quando a Vibo Valentia ottenne le percentuali più alte d’Italia».

Cambia qualcosa per il Pd in Calabria?
«Ripeto: chi occupa i posti apicali nelle federazioni dovrebbe tenere conto di chi bussa alle porte, ma non so cosa possa cambiare. Irto e gli altri segretari eserciteranno al meglio il loro mandato e sono certo che sapranno interpretare la nuova fase. Sono tutti capaci e intelligenti, non ho dubbi a riguardo».

All’orizzonte vede un pericolo scissione, ma verso il centro anziché verso il M5S come ironicamente ipotizzava chi era certo della vittoria fino a domenica pomeriggio?
«No. Le vere scissioni si fanno sulle questioni politiche e non su rancori personali. Io ho annotato solo qualche antipatia verso Elly Schlein, nulla più. Le ultime due settimane di dibatto con Bonaccini si sono spostate su argomenti molto vicini, non esiste pertanto discriminante politica. Se c’è qualcuno che vuole andare via, vuol dire che non parleremo di scissioni ma al massimo di diserzioni senza conseguenze».

Lei era segretario della federazione di Cosenza prima del commissariamento. Vorrebbe tornarci un giorno o l’altro?
«Nella vita si fanno delle esperienze di cui si mantiene un ricordo piacevole, ma sono fasi e nella vita si va avanti».