In pochi hanno voglia di parlare dello scontro tra i due pesi massimi del Movimento. Ma per Melicchio è l’ora di riconoscere la leadership dell’ex premier, mentre la Nesci dedica un post di sostegno al ministro degli Esteri. E Auddino invoca l’intervento di Grillo (ASCOLTA L'AUDIO)
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La corsa per il Quirinale che ha tenuto col fiato sospeso il Paese per sei interminabili giorni ha prodotto due risultati: la continuità istituzionale, garantita dall’alto spessore riconosciuto al presidente della Repubblica uscente Sergio Mattarella, che ha messo al riparo da brutte sorprese anche il governo Draghi, e l’esplosione delle contraddizioni interne alle coalizioni e ai singoli partiti che hanno dimostrato di avere il fiato corto rispetto a quelle che sono le sfide che attendono il Paese, e palesando un po' ovunque, nell’arco parlamentare, la crisi di una classe dirigente mostratasi incapace di mediare.
Crisi di leadership
Tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra stanno venendo a galla malumori e veleni che vedono sul banco degli imputati le leadership dei partiti più rappresentativi. Non fa eccezione il Movimento 5 stelle, dove nelle ultime ventiquattr’ore è esplosa la contrapposizione tra il Presidente Giuseppe Conte e il Ministro degli esteri Luigi Di Maio. La materia del contendere sta tutta nel negoziato portato avanti dall’ex premier culminato nell’accordo con Letta e Salvini sul nome di Elisabetta Belloni, poi naufragato a vantaggio della rielezione di Sergio Mattarella. Lo scontro tra i pesi massimi del Movimento è partito un minuto dopo l’annuncio dell’elezione del nuovo Capo dello Stato con il titolare della Farnesina pronto a puntare l’indice contro quello che definito «il fallimento di alcune leadership», non escludendo lo stesso Conte, e invocando la necessità di un chiarimento interno. L’ex premier dal canto suo, sulla necessità di un chiarimento, ha ribattuto che l'ex capo politico del Movimento era in cabina di regia - «come ministro l'ho fatto partecipare. Chiarirà i suoi comportamenti, ma non a Conte, agli iscritti» ha detto – sottolineando anche che il primo a chiedere il confronto è stato proprio lui. Un chiarimento, dunque, che ci sarà di certo, e il cui esito ad oggi non è dato per scontato da nessuno di quelli che agitano lo spettro della scissione.
Chi sta con chi?
In un batter d’occhio hanno preso forma le fazioni – “contiani” e “dimaiani” – che tirano l’acqua a questo o quel mulino. Tra i detrattori del Presidente si vocifera che Conte voglia portare i pentastellati alle urne – voce prontamente smentita –, il ministro degli Esteri è stato invece preso di mira sui social con un hashtag, che lo accusa di essersi «venduto al nemico».
Tuttavia è difficile poter pronosticare l’esito del confronto/chiarimento. Perché al di là delle posizioni note a livello nazionale, a livello locale, nella maggior parte dei casi, si preferisce stare nella zona grigia del più classico “no comment”. Il telefono squilla, ma dall’altra parte del telefono non c’è risposta. Muti anche i social e le chat. Per questo non è possibile avere un commento alla luce del sole da parte di esponenti di spicco come Federica Dieni, Riccardo Tucci, Massimo Misiti, o Paolo Parentela.
Il deputato nicastrese Giuseppe D’Ippolito, tra i pochi a rispondere, sostiene che nel Movimento «non ci sono correnti, né componenti, né gruppi territoriali», ed anche se «abbiamo discusso con alcuni di noi, e con altri no», non è possibile tracciare una sorta di geografia dei cinquestelle calabresi.
La linea predominante è comunque quella che va in direzione di un «necessario chiarimento». D’Ippolito prova a fare il pompiere quando, in merito alle dichiarazioni dei due leader, afferma che «non le ho lette in chiave l’uno contro l’altro. La volontà di chiarirsi c’è, ed è necessario. Ritengo che sia Di Maio che Conte siano figure entrambe importanti, lo sono sempre stati, e lo saranno sempre più, perché ora che abbiamo garantito stabilità del governo il vero lavoro inizia adesso». Insomma, «chiarimento si, spaccatura no», perché il Movimento ha bisogno di Conte fuori dal Parlamento e di Di Maio al suo interno.
Il senatore polistenese Giuseppe Auddino, tra i primi ad intravedere un Mattarella bis, si definisce fiero, da pentastellato, di aver evitato una crisi istituzionale e di governo. Dicendosi «dispiaciuto» della contrapposizione tra Conte e Di Maio, la derubrica a normale dialettica politica: «no alla spaccatura, e sono certo che il Movimento non si spaccherà». Ma, come suo costume, Auddino non rinuncia a dire la sua sull’attuale momento: «È giusto che gli errori del recente passato non vengano fatti più – il riferimento è a tutta la nascita del nuovo Movimento, ndr - ma secondo me è necessaria un’assemblea nazionale, coinvolgendo gli iscritti, per l’individuazione dei 5 vicepresidenti e garantire pluralità di vedute e democrazia interna a beneficio degli iscritti e dei parlamentari». Per lui, insomma bisogna lavorare insieme dento «per ridare appeal» al Movimento, che deve essere riconosciuto come forza politica plurale e democratica con tutti i requisiti che hanno i grandi partiti: «Non si gioca allo sfascio – tuona – bisogna evitare scissioni e rotture».
Auddino respinge anche l’idea che Conte voglia portare i cinquestelle al voto - «semmai è Letta che ha bisogno di rinnovare il Partito soprattutto al senato» dice – e anticipa che è già in agenda una riunione congiunta tra parlamentari e ministri. Non c’è ancora la data, ma si spera entro venerdì. L’opinione del senatore, che invoca con forza anche l’intervento di Beppe Grillo, è che nessuno voglia la scissione - «sarebbe suicida» - ma al contempo urge un chiarimento: «Giuseppe e Luigi hanno parlato di errori, l’importante è che si dica quali sono stati, per capire perché sono state dette quelle cose».
Sulla necessità di un confronto si schiera telegraficamente anche la deputata Elisabetta Barbuto convinta che «parlare, ascoltarsi e confrontarsi non è mai controproducente. Anzi…»
Vicina al Ministro degli Esteri si palesa Dalila Nesci, che affida ai suoi social un messaggio di vicinanza e di sostegno: «Contro Luigi Di Maio è partita un’ignobile macchina del fango. Sui social si è scatenato un clima inaccettabile nei confronti di Luigi, bersaglio di account fake pilotati. Condanniamo fermamente questa gravissima ondata d’odio, che è stata sollevata con una vergognosa campagna mirata. Tutta la nostra solidarietà al Ministro Di Maio. Avanti Luigi, siamo al tuo fianco». E tuttavia a ridosso della votazione per il Presidente della Repubblica, il sottosegretario aveva sostenuto «Siamo compatti intorno al Presidente Conte e alla sua linea politica».
Più articolata l’analisi offerta da Alessandro Melicchio secondo cui Conte, insieme agli altri leader, con l’elezione di Mattarella ha centrato il risultato - «il terremoto è da altre parti», dice -. La sua posizione, pertanto è alla luce del sole: «Io l’ho detto più volte che riconosco una unica leadership che è quella di Giuseppe Conte che si è messo in gioco prima prendendosi la responsabilità di guidare il Movimento e poi sottoponendosi alla votazione degli iscritti ottenendo il 90% dei consensi. È arrivato il momento di riconoscere questa leadership».
Certo, ammette, si poteva fare meglio e probabilmente questo è alla base dello scontro, «ma – ribadisce - fermo restando che l’unico legittimato era Conte che ha messo sù una cabina di regia con i ministri che hanno partecipato al negoziato. Mi auguro che il chiarimento avvenga il prima possibile. Nella stragrande maggioranza della deputazione calabrese – conclude - l’idea è questa…»