Clima infuocato in vista del consiglio federale. La risposta del leader del Carroccio all’appello europeista del suo ministro non si fa attendere: una telefonata con i premier di Ungheria e Polonia, simboli del sovranismo
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Avevamo scritto qualche giorno fa che la Lega di Salvini si sarebbe molto presto trovata di fronte ad un bivio vitale e strategico per il futuro: cosa fare da grandi? Seguire la strada della competizione nel campo populista, lepenista, trumpista, bolsonarista, orbanista, occupato dalla Meloni e sul quale il leader del Carroccio ha combattuto fino ad oggi? Oppure scegliere una strada diversa, occupando lo spazio moderato delle forze liberali conservatrici ma europeiste? È questo il nodo chiamato a sciogliere Matteo Salvini. Il rischio dell’implosione del Carroccio a questo punto è molto alto. Giorgetti non mette in discussione la leadership del segretario (per ora) ma la sua posizione così netta prelude ad un dibattito altrettanto forte dal quale la Lega non può più sottrarsi. Giorgetti sostiene che il suo obiettivo è quello di far ragionare Salvini. L’interrogativo che il ministro leghista ha affidato ad una riflessione per il nuovo libro in uscita di Bruno Vespa, sostanzialmente, ruota intorno a questo nodo da sciogliere: provare ad interpretare il ruolo dei moderati che difendono lavoratori e imprese (una posizione che aveva messo in forte difficoltà Forza Italia) oppure continuare la competizione all’ultimo voto di pancia con Giorgia Meloni?
Giorgetti ricorre tra l’altro ad una metafora cinematografica che ha molto irritato i leghisti più vicini al segretario: «Matteo è abituato ad essere un campione d’incassi nei film western. Io gli ho proposto di essere un attore non protagonista in un film drammatico candidato agli Oscar. È difficile mettere nello stesso film Bud Spencer e Meryl Streep. E non so cosa abbia deciso...». Che poi tradotto significa: Salvini non può fare il Premier e deve rassegnarsi ad un importante ruolo non da protagonista ma comunque da premio Oscar. L’uscita di Giorgetti ruota intorno all’elezione del presidente della Repubblica, una partita sulla quale potrebbero saltare diversi “banchi politici” anche a sinistra. Il ministro del carroccio lancia Mario Draghi alla conquista del colle più alto. Non solo. Fa di più. Fa sapere che Draghi potrebbe continuare a guidare la linea di Palazzo Chigi anche dal Colle. Ovvero, la legislatura potrebbe proseguire sull’impostazione draghiana e, dunque, niente elezioni anticipate. Insomma, l’economista di Cazzago Brabbia lancia una sorta di semi presidenzialismo senza riforma. Una posizione che ha fatto già storcere il naso a diversi costituzionalisti sia a sinistra che a destra. Nella lega un’ipotesi del genere è stata definita una sgrammaticatura istituzionale. Il segretario del Carroccio comunque è servito. Tutta la linea di Salvini di questi giorni sconfessata. Compreso il patto con Berlusconi per il Quirinale. Una ipotesi quest’ultima a cui, per la verità, non crede nessuno, tranne l’inquilino di Arcore.
Giorgetti mette sotto tiro tutta l’impostazione politica salviniana. A cominciare dalla collocazione politica della Lega in Europa. Basta con gli scimmiottamenti di Salvini verso i populismi europei e internazionali. Sarà un caso che la sortita del ministro esca proprio mentre Salvini è impegnato con il contestatissimo incontro con il presidente del Brasile Bolsonaro, contestato da tutto il mondo, per la deforestazione dell’Amazzonia? Secondo il ministro del Carroccio bisogna «scegliere una linea e perseguirla fino in fondo». E aggiunge: «Se Matteo vuole istituzionalizzarsi (cioè diventare premiarabile ndr) in modo definitivo deve fare una scelta precisa. Capisco la gratitudine verso la Le Pen, che dieci anni fa lo accolse nel suo gruppo. Ma oggi l’alleanza con l’AfD (il partito di estrema destra tedesco, ndr) non ha una ragione». Sulla stessa posizione, tra l’altro, si ritrovano diversi europarlamentari del Carroccio, stanchi di ricevere porte in faccia a Bruxelles. Ce ne sarebbe abbastanza per aprire un congresso. Salvini non risponde, si limita ad una frase di circostanza: «Mi sto occupando di salvare le pensioni e tagliare le tasse. Del resto mi occupo dopo». Tuttavia nel frattempo è sembrato rispondere agli appelli di Giorgetti con uno schiaffo ancora più forte sul fronte della collocazione politica in Europa e nel mondo. Salvini, infatti, ha fatto una videochiamata con Victor Orbán e Mateusz Morawiecki, i premier di Ungheria e Polonia, simboli del sovranismo europeo e in rotta di collisione con la commissione di Ursula von der Leyen. I collaboratori di Salvini si sono apprestati a sottolineare che l’appuntamento era già in agenda, ma l’iniziativa è sembrata utilissima a ribadire che l’orizzonte della Lega è la costruzione di un gruppo unico sovranista in Europa.
Da qui a qualche ora, quando si riunirà il Consiglio federale e il segretario e il ministro si troveranno faccia a faccia. Borghi, braccio destro del leader del carroccio, invece, preferisce rispondere alla metafora cinematografica con sarcasmo: «Meglio Bud Spencer che l’Oscar». Dal canto suo Salvini non si è fatto sfuggire una sola parola rispetto alle dichiarazioni di Giancarlo Giorgetti. La Lega è l’ultimo partito che ancora possiede un’organizzazione leninista, il segretario lascerà che gli attacchi vengano fuori dalla struttura del partito. Il silenzio che ha imposto ai suoi uomini molto probabilmente sarà rotto soltanto questa sera, durante il consiglio federale convocato a sorpresa ieri. È lì che i salviniani prevedono che emerga la protesta dei dirigenti leghisti alle parole di Giorgetti. Parole che il ministro ha usato per impedire che a la Lega costruita da Salvini finisca nel binario morto della inconsistenza politica. E, qui rimbombano gli interrogativi che possano essere estesi anche alla Meloni: questa destra è veramente matura per governare la complessità di una società nazionale e internazionale?