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Nessun attacco ai consiglieri rivoltosi della maggioranza, nè affondi contro i colleghi di minoranza alleati con loro, ma la denuncia di un boicottaggio degli uffici comunali che "dura da tre mesi". A 24 ore dalla discussione in aula della mozione di sfiducia, il sindaco di Gioia Tauro Giuseppe Pedà ha scelto la piazza per il suo "rapporto alla città" e per smentire la volontà di dimettersi.
Il primo cittadino, eletto nel 2015 in contrapposizione ad un avversario del Pd, è sembrato tenere qualche porta aperta quando ha detto: «Non porto rancore a chi vuole mandarmi via» e invitandoli ad agire con coscienza ha certamente dato l'impressione di agganciare ad un suo futuro "ritorno" in campagna elettorale il lungo elenco delle cose fatte e dettagliate dal microfono di un palco su cui si è presentato da solo.
Il documento congiunto presentato da 4 consiglieri di maggioranza e 5 di opposizione, che dovrebbe essere discusso nel pomeriggio di venerdì 23 dicembre, è stato evocato pochissime volte e senza mai precisione, di fronte ad una piazza smarrita più che calorosa, in ogni caso gremita di supporter e curiosi incuranti del freddo e del clima natalizio.
«Sono stato già sfiduciato - ha attaccato il sindaco – perché è da 3 mesi che nel municipio non mi seguono», alludendo a un disimpegno che coinvolgerebbe anche i dipendenti e i funzionari di un municipio che, va ricordato, è stato guidato negli ultimi venti anni da sindaci quali Alessio e Bellofiore - due consiglieri che hanno presentato la sfiducia - e da Dal Torrione, marito di Anna Tomaselli ex dirigente comunale che oggi figura nel novero dei 4 consiglieri di maggioranza che vogliono dare il benservito a Pedà.
Il primo cittadino, che ha difeso la sua giunta - senza entrare nel merito della lotta che la maggioranza da mesi ha ingaggiato contro l'assessore Francesco Toscano - ha difeso le scelte operate nel settore dei rifiuti «con l'isola ecologica che abbiamo fatto in un terreno confiscato» e ha rivendicato di aver operato secondo criteri di giustizia ed eguaglianza «garantendo la mensa gratis a tutti i bambini» e spiegando infine di aver già «chiesto pareri a dei magistrati per fare in modo che l'assegnazione delle case popolari avvenga nella trasparenza e solo per chi ha diritto».
Pedà, dopo aver ricordato che una petizione di cittadini a suo favore è stata presentata in Prefettura, ha spiegato di aver scelto di non dimettersi «perchè aspetto di farmi sfiduciare» ma nel frattempo «ho messo il comune nelle condizioni di firmare i contratti per gli Lsu, ho riutilizzato 5 beni confiscati alla mafia, ho estinto un debito di 7 milioni con la Sorical ed ho fornito tutto il mio sostegno ai lavoratori del porto che rischiano di perdere il posto». Una città ancora per qualche ora in apnea, per capire se tutti i consiglieri intenzionati a sfiduciare il sindaco confermeranno tale proposito, e per verificare quanto della prova muscolare tentata in piazza dal primo cittadino, apparso carico per il bagno di folla che non era scontato, si tradurrà nella seduta del consiglio in un qualche ancora oggi possibile ripensamento.
Agostino Pantano