Insieme a Sicilia e Sardegna, la Calabria è una delle tre regioni italiane a non essersi ancora dotata di una legge di contrasto al gioco d’azzardo. Per la verità nella passata consiliatura, oltre a condurre una crociata contro l’apertura indiscriminata di casinò, anche attraverso l’adesione al manifesto “No Slot” elaborato in collaborazione con Legautonomie, l'allora presidente della Commissione contro la ‘ndrangheta Salvatore Magarò si era fatto approvare dal consiglio un provvedimento amministrativo di regolamentazione della materia.

 

Si trattava in effetti di un progetto di legge nazionale inviato al Parlamento per l'approvazione, per come previsto dalla Costituzione che attribuisce anche ai consigli regionali la facoltà di elaborare testi normativi da inviare all'esame delle due Camere.

Di gioco d’azzardo torna a parlare il Movimento Cinquestelle, nel corso di una conferenza stampa organizzata dal Meetup di Cosenza, alla quale sono intervenuti i portavoce al Senato Giovanni Endrizzi e Nicola Morra.

 

«Le autorità locali hanno la possibilità di arginare il fenomeno del gioco patologico – ha sottolineato Endrizzi – Sale slot e casinò sottraggono risorse alla famiglie, sfruttano le fragilità e le debolezze proprie dell’essere umano, alimentano l’illusione di potersi arricchire causando, al contrario, l’impoverimento dei redditi, soprattutto nelle fasce sociali più disagiate.

I sindaci, utilizzando le leve fiscali, aumentando i tributi alle sale da gioco oppure a quei locali in cui sono installate videolottery o apparecchi analoghi, possono arginare il fenomeno.

 

Inoltre pensiamo sia necessario regolamentare l’orario di apertura di queste sale, tenendole chiuse nel corso della notte e negli orari di entrata e uscita da scuola o dai posti di lavoro. Infine, bisogna vietarne l’apertura a meno di cinquecento metri dai luoghi sensibili. Quindi nelle vicinanze di sportelli bancomat, negozi di compro oro, luoghi di culto, scuole».

 

Nicola Morra ha ricordato gli appetiti e gli interessi della criminalità organizzata verso un settore redditizio e utilizzato anche per riciclare il denaro sporco. «Non dimentichiamo il patrimonio accumulato, pari a circa 800 milioni di euro, da uno dei massimi esponenti delle cosche di ‘ndrangheta, Gioacchino Campolo, non a caso soprannominato “il re dei videopoker”. Risorse sottratte alle famiglie ed ai circuiti commerciali legali».

 

Salvatore Bruno