«Ritirare la legge sulle sale da gioco». L’accorato appello - l’ennesimo peraltro – non proviene dalla società civile o dal mondo dell’associazionismo. Ma niente poco di meno che da Simona Loizzo, capogruppo della Lega a Palazzo Campanella. Una posizione la sua, che si discosta da quella della maggioranza di centrodestra che, nell’ultima seduta di Consiglio regionale, conclusasi anzitempo per assenza del numero legale proprio in corrispondenza della votazione del provvedimento, ha comunque difeso le modifiche alla legge regionale finita nell’occhio del ciclone, prima e dopo la sua proposizione in aula.

Non sfuggono le tante e diverse prese di posizione registrate negli ultimi giorni, con don Giacomo Panizza, secondo cui «affidare senza vincoli né indirizzi regionali a ogni singolo sindaco le modalità di autorizzazioni, gli orari di apertura, rallentare i distanziamenti già previsti di almeno 500 metri tra le sale slot e i luoghi di aggregazione giovanile e non solo, da scuole, chiese, bancomat, ecc., è decisione sconsiderata»; e anche il gruppo consiliare del Partito democratico che rifacendosi proprio alle posizioni espresse da don Panizza ha chiesto un «supplemento di riflessione».

Ma la posizione di Loizzo, oggi, rischia di diventare un caso politico che si crea su un tema talmente divisivo che rischia di unire i poli opposti dell’emiciclo calabrese: Pd, ma opposizioni in generale, e Lega appunto.

Loizzo annuncia tra l’altro che non sarà in aula, per impegni parlamentari, il prossimo 12 dicembre, data in cui è prevista la seduta di Consiglio regionale in cui, senza perdere ulteriore tempo, il centrodestra ha deciso di riportare il tema in aula.   

«Chiedo ai miei colleghi di ritirare la proposta di legge sulle sale da gioco – afferma -. Ho registrato gli interventi delle comunità dì recupero, dei medici, dei sacerdoti che contrastano la ludopatia. La proposta di legge aveva altre intenzioni ed è vero che molte persone giocano online ma penso che l’intelligenza di un politico sia quella di recepire istanze e critiche del territorio».

Insomma, una presa di posizione ferma - che richiama all’intelligenza politica che dovrebbe suggerire di ascoltare il territorio e la società – che come detto può rappresentare un ulteriore momento di tensione all’interno della compagine governativa regionale, anche alla luce di quella frase, secondo cui «la proposta aveva altre intenzioni», che presta il fianco alle critiche.

D’altra parte, Simona Loizzo, è l’unica capogruppo di maggioranza che si è defilata rispetto ai colleghi nella proposizione in aula della legge che avrebbe istituito il “consigliere supplente” e che ha messo in forte imbarazzo, almeno nella fase iniziale, anche il presidente del Consiglio, il leghista Filippo Mancuso, che tra l’altro ha dichiarato di «non conoscere la posizione della capogruppo sul caso specifico».

Quella legge, sotto la pressione dell’opinione pubblica, è stata ritirata e non riproposta. Al contrario di questa sulla disciplina delle sale da gioco, che ha messo all’angolo una maggioranza ritrovatasi senza i numeri per votarla. Una battuta d’arresto che è chiaro – vista l’immediata riproposizione nel prossimo ordine del giorno – rappresenti anche una sorta di chiamata a raccolta del centrodestra che deve dare dimostrazione di ritrovata compattezza, soprattutto dopo la rimodulazione della giunta da parte di Occhiuto.

Un cortocircuito, dunque, che rischia di ripresentarsi in aula il prossimo 12 dicembre e che è facile prevedere si intreccerà anche con la spinosa questione della mancata scelta, da parte degli eletti in Parlamento, su quale scranno sedere. Proprio Simona Loizzo, che è ancora alla guida il gruppo della Lega a Palazzo Campanella, non ha sciolto le riserve, e la presa di posizione pubblica, insieme all’assenza annunciata in aula, può creare più di un malumore. E non solo tra i leghisti fino ad ora leali con Roberto Occhiuto.