Abbiamo avuto modo di intervistare Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria nazionale del Pd, ospite a “Dopo la notizia”. Il parlamentare del Pd ha focalizzato tutti i temi con sui quali intende concentrare  la fase congressuale. Dalla questione morale, alla ricostruzione dell’identità e della credibilità della sinistra e del Pd.  

Nella conversazione non sono stati tralasciati neanche i temi più delicati del rapporto tra politica e la magistratura. E ancora, le  preoccupazioni per le politiche a favore del Sud e sul destino delle risorse del Pnrr. Cuperlo ha cercato di definire i punti cardinali della sua piattaforma politica. Nel corso dell’intervista  ha voluto esprimere  la sua opinione anche sulla vicenda giudiziaria di cui è rimasto vittima l’ex presidente della regione Mario Oliverio.

Onorevole Cuperlo, il Pd si interroga sulle cause della sconfitta del 25 settembre con metodo e argomenti simili a quello di altre sconfitte del passato. Discussioni che poi non sono approdate a niente. Non crede che la crisi dell’identità della sinistra italiana  non può essere confinata solo alla storia e alla natura del Pd ma risale ai tempi del Pds-Ds e alle scelte di suoi dirigenti che per anni sembravano vergognarsi della propria storia, inseguendo politiche neoliberiste che hanno coinciso con scelte discutibili durante i governi di centrosinistra? Penso, per esempio, a scelte che hanno aperto la strada alla precarietà del lavoro, come il varo  del pacchetto Treu (governo Prodi); lo scontro con la Cgil (governo D’Alema) e ancora la riforma del titolo quinto ha minato il sistema sanitario nazionale; l’articolo 18 (governo Renzi). Insomma, non crede che, forse, questo Pd e il suo gruppo dirigente hanno un serio problema dì credibilità da risolvere?

Certamente che lo credo, anzi dirò di più, lei ha detto molte cose giuste che io sottoscrivo, ma oltre un problema di credibilità, mi spingo a dire che noi abbiamo un problema di reputazione, come lei sa bene, gli elettori del centrosinistra sono in linea di massima elettori esigenti, molto più esigenti degli elettori di destra che tendono a delegare alla  leadership di turno la responsabilità di guidarli, in questo caso, li hanno guidati verso il governo. Ma gli elettori di centrosinistra ti perdonano degli errori politici ma non ti perdonano se vieni meno ai principi dei valori fondanti costitutivi della tua parte e quel riferimento che lei ha fatto alle politiche del lavoro degli anni passati, degli ultimi decenni sono state in qualche modo una frattura, una ferita, nei confronti di una parte del nostro mondo. Glielo dico con un aneddoto di qualche anno fa,  quando il segretario dell’allora Pd Matteo Renzi, in una manifestazione elettorale a Torino, in una piazza gremita di elettori e militanti del Pd, disse più o meno che, il compianto dottor Marchionne, aveva fatto per gli operai molto più che tutti i sindacati messi assieme nella loro storia. In quella frase c’era un elemento di rottura sentimentale con il tuo mondo di riferimento e, come lei mi insegna, la connessione sentimentale tra la politica e il suo popolo, è una bellissima definizione di Antonio Gramsci.

Detto ciò, sono d’accordo con lei, abbiamo bisogno di un congresso di verità, di sincerità. Il Pd è un partito relativamente giovane, ha 15 anni di vita si potrebbe dire che è un adolescente. Per una cultura politica cosa vuole che sia un quindicennio. Il Psi nacque alla fine dell’800. E però in questi 15 anni di vita, relativamente pochi, noi abbiamo cambiato nove segretari, abbiamo conosciuto tre scissioni, due di queste sono state pilotate dai due leader più longevi alla guida di questo partito, Pierluigi Bersani e Matteo Renzi, due scissioni, ovviamente, orientate su posizioni diverse, ma siccome 15 anni fa nel manifesto dei valori della fondazione del Pd si era detto, ricordo frasi del mio maestro Alfredo Reichlin che, "nasceva la forza del nuovo secolo”, se in 15 anni cambi nove segretari, subisci due scissioni e perdi sei milioni di voti, tanti ne abbiamo persi dal 2008, anno del debutto del Pd alle elezioni politiche, allora ti devi interrogare sulle ragioni di questa perdita di consenso, di questa perdita di fiducia e, di come diceva lei, di questa perdita di credibilità.

Ho grande rispetto e stima per le altre candidature che sono in campo, e sono convinto che un congresso come il nostro deve essere un congresso di grande libertà. Ciascuno deve scegliere la piattaforma che riterrà più prossima, più vicina ai suoi convincimenti, ai suoi valori, però alla fine ho fatto questa scelta, che qualcuno definisce una follia, invece io ne sono profondamente convinto, perché mi sembrava uno spreco, un peccato che di fronte a problemi serissimi che abbiamo accennato, come quelli che lei ha richiamato nella sua domanda, ci fosse ancora una volta una conta sui nomi, senza avere la possibilità di arricchire questa discussione e di allargarla e, quando dico allargarla, mi ha colpito una reazione di questi giorni, dopo l’annuncio di una nuova candidatura da parte nostra, ed è che, moltissimi di coloro che si sono fatti vivi, che hanno telefonato, scritto mail, dicendo vogliamo dare una mano, sono di persone, uomini, donne, giovani, che solitamente lo motivano così questo impegno: "Io sarei stato alla finestra, sarei rimasto a casa, questa volta non sarei andato a votare alle primarie perché non mi convinceva il metodo, non mi convincevano i tempi, non mi convincevano ancora una volta le logiche che partivano dai nomi, adesso c’è una ragione per impegnarsi". Fosse solo per questo credo che abbiamo fatto una scelta che può dare una mano a questo partito.

La fase delicata del momento, impone alla sinistra e al Pd di rimettere al centro la questione morale. Come ridefinirla oggi? Come fare in modo cioè, che  la questione morale non sia più l’atteggiamento che la sinistra ha assunto nel corso degli anni passati, e cioè di una sorta di superiorità morale che, oggi si è infranta anche sulle note vicende di questi giorni e non solo. A ciò si aggiunga un altro problema da risolvere e che un partito che si è sempre definito riformista, socialista e liberale, deve affrontare al più presto. E cioè l’assimilazione della propria storia con gli istinti populistici della  sinistra forcaiola e giustizialista. Inoltre, il Pd,  può ancora far finta di non vedere  la crisi di sistema della magistratura italiana, come si evince della vicenda Palamara? Non crede che sia arrivato il tempo di ridefinire il proprio rapporto con una certa magistratura? Noi abbiamo sede in Calabria, sarà certamente a conoscenza della vicenda dell’on. Mario Oliverio, ex presidente della Regione Calabria, il quale è rimasto vittima di un’accusa ingiusta, definita dai tribunali addirittura come persecutoria, eppure, non è stato più ricandidato, ed è stato costretto a non esercitare il suo ruolo. Alla fine è mancata la solidarietà da parte del Pd, anche di fronte al proscioglimento da ogni accusa. Tali atteggiamenti sono conciliabili con le aspirazioni di un moderno partito riformista?

Dovrebbe rivendicare dentro se stesso e riscoprire il valore dell’autonomia della politica. E non delegare ad altri soggetti istituzionali, compiti che attengono alla funzione della buona politica di partiti sani, trasparenti, partiti capaci di discutere e di selezionare la propria classe dirigente. A tutti i livelli. Io penso che a Mario Oliverio noi dobbiamo delle scuse, perché la vicenda che lo ha visto protagonista, che si è risolta con il totale proscioglimento delle accuse che gli erano state mosse, ha avuto un'implicazione di tipo personale, umana, ha avuto implicazione di tipo politico, in relazione al suo partito e, mi permetta di dire, che ha avuto anche un’implicazione sulla qualità della nostra democrazia, perché l’intervento della magistratura ha determinato la caduta di una giunta e di un’amministrazione regolarmente eletta e un cambio di indirizzo politico nella guida di quella regione.

Allora noi dobbiamo avere una grande chiarezza nell’uso anche delle parole appropriate, ho visto la presenza di Mario Oliverio in una trasmissione televisiva su rete quattro e ho apprezzato anche il passaggio che lui ha voluto fare, giustamente, nel sottolineare, il massimo rispetto, la garanzia di autonomia e indipendenza della magistratura, come è giusto che sia in una logica divisione dei poteri, altrettanto forte e chiara deve essere la rivendicazione di un’autonomia della politica e anche della capacità della politica di giudicare e valutare fatti e contesti profondamente diversi. Ho appena commentato la vicenda della vostra Regione che, ripeto, è stato un vulnus, inferto alla rappresentanza democratica in quella parte del paese, ma in questa settimana come lei sa, siamo alle prese con le notizie traumatiche che arrivano dall’Europa, da Bruxelles, che coinvolgono un ex parlamentare nelle file del Pd prima, poi transitato in articolo Uno, ma comunque parte della storia della sinistra.

E poi una rete di personaggi e collaboratori che si sarebbero associati in un’attività lobbistica del tutto illegale. Devo dire che quella fotografia, poi sa, alle volte le immagini  hanno una potenza che supera le parole, ha presente quella fotografia delle mazzette e delle banconote, ecco quella fotografia è una ferita alla dignità, all’orgoglio e anche all’onestà di migliaia di sindaci, amministratori, uomini e donne di governo de Pd e non solo del Pd che vivono ancora oggi un impegno politico con una passione civile che rende loro onore. Ma anche questo deve essere un tema del nostro congresso, cioè ricostruire l’idea di un partito, io a questa idea sono molto affezionato, che non può rinchiudere se stesso solo nel perimetro delle istituzioni, perché nelle forze politiche dalle quali proveniamo, tanti di noi, la mia era il Pci, ma penso anche ad altri partiti della cosiddetta prima Repubblica, la partecipazione larga di iscritti di militanti era anche un elemento che funzionava come anticorpo come prevenzione e la politica, la responsabilità della politica, sapeva arrivare li dove la magistratura non era ancora arrivata.

Noi dovremo ricostruire anche questa capacità di operare in una logica di trasparenza e di autocontrollo delle forze politiche. Detto ciò, mi faccia solo aggiungere una cosa: la superiorità della sinistra è una categoria che non si può più utilizzare, se mai abbia avuto un senso utilizzarla nel passato. Noi spesso abbiamo rievocato quell’intervista di Berlinguer a Scalfari nell’81, che denunciava l’occupazione del potere dei  gangli dello Stato da parte dei partiti divenuti spesso dei centri di potere, delle camerille, sono passati più di 40 anni, rimane intatto un punto delicato, quello che chiamavo l’autonomia della politica nella sua responsabilità di fronte ai cittadini. Penso che la partecipazione larga, diffusa, di migliaia, milioni, centinaia di miglia di persone com’era all’epoca, funzionava come elemento di garanzia. E certo, noi dobbiamo fare nostra la cultura delle garanzie, una cultura dei diritti, una cultura dei doveri della responsabilità, nel rispetto dell’art.54 della costituzione e osservare principi di dignità ed onore  nel comportamento nella vita pubblica, ma dobbiamo anche garantire la tutela e il rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, di un potere sovrano dello Stato che, in passato, una certa destra ha sistematicamente teso a mettere in discussione.

Onorevole Cuperlo, in che modo a suo avviso, il Pd potrà riconnettersi con i ceti più deboli del paese e, in particolare,  quali ceti, secondo lei, dovrebbe rappresentare un moderno partito socialista ed europeo, fermo restando che, le statistiche sostengono che in Italia ci sono circa 6 milioni di persone in povertà assoluta?  In sostanza, ritiene che il  maggior partito della sinistra, possa  lasciare la rappresentanza dei ceti più in difficoltà al M5S, che attraverso  la battaglia per la difesa del reddito di cittadinanza sembra di interpretare al meglio le istanze dei meno abbienti?  

Quei cinque milioni e 600 mila italiani non sono a rischio povertà, ma sono sotto la soglia della povertà assoluta e, 15 milioni, sono gli italiani a rischio di impoverimento e di precipitare sotto quella soglia.  Questo è il problema più drammatico, l’emergenza sociale più incalzante che in questo momento la politica ha nel nostro paese. E noi dobbiamo ripartire da qui. Come si fa a recuperare un rapporto con questi ceti, con questi soggetti che hanno alle spalle anni di delusioni e disincanto rispetto a come la politica non ha saputo affrontare i loro bisogni. Lei ha presente che all’indomani di elezioni, da molti anni ormai, leggiamo editoriali stupiti, a volte impegnati, che ci dicono che  gli operai non votano più a sinistra ma la verità è che gli operai non votano più a sinistra non solo in Italia ma in Europa da almeno 30 anni. In Germania il partito più votato dagli operai tedeschi è il partito dei neonazisti, i socialdemocratici tedeschi,  in quella classifica sono al terzo posto, dietro anche la Cdu. In Francia il partito più votato dagli operai è il Fronte Nazionale della Le Pen.

E, purtroppo, lo dico con dolore il partito socialista francese ha praticamente consegnato i libri in tribunale, raccogliendo alle ultime elezioni una percentuale quasi irrisoria certamente non degna della tradizione di quella forza. Che cosa è accaduto però in questi 30 anni o poco meno? Questo interrogativo  è una delle ragioni di questa piattaforma congressuale  e di questa candidatura, che a proposito dell’’identità della sinistra, del partito democratico, e prima del Pd, dei Ds, della Margherita e dei Popolari, di fronte alla perdita di quel consenso, nessuno di noi si posto il problema di come andare a recuperare quel voto, quel consenso perduto, si è preso atto che in qualche modo, la classe operaia stava scomparendo, il lavoro salariato non era più il cuore e l’anima necessaria dell’ insediamento sociale della sinistra, e si è pensato di compensare quel vuoto di consenso con il voto del cosiddetto ceto medio, della classe media. Ma al netto del fatto che dopo il 2008 la grande crisi finanziaria di quel biennio 2008/2009 anche la classe media ha cominciato a subire i contraccolpi di quella crisi e a conoscere fenomeni di impoverimento molto marcato, il punto è che, nel momento in cui, tu che sei la sinistra, cambi la tua ragione sociale, e dalle fasce sociali più protette in precedenza, e tutelate, a partire dal lavoro dipendente, salariato, operaio passi alla difesa di un altro segmento della società, ti troverai costretto a rispettare anche le domande che ti proverranno in termini programmatici da quel nuovo segmento che, ad  esempio, sul terreno fiscale, e sulla   politica redistributiva, si scontrerà con quella che è la rivendicazione che una sinistra deve fare, il principio di progressività, chi ha di più paga di più, soprattutto in un paese come il nostro che ha 100/120 miliardi di evasione fiscale.  Tutti  questo per dire che, per recuperare un rapporto con quelle fasce più colpite, più sofferenti della popolazione, una delle scelte da compiere è tornare  a parlare la nostra lingua.

Lei ha fatto dei riferimenti a misure sul terreno della flessibilità del mercato del lavoro che hanno aperto le porte ad una precarizzazione delle vite di intere generazioni, troppe volte, nella logica di inseguire la chiave del governo noi abbiamo pensato di poter parlare con il linguaggio con il vocabolario degli altri, dei nostri avversari, ma tra l’originale e la copia, come si sa, come è noto, le persone tendono a scegliere l’originale. Ecco io vorrei che anche su questi temi ci fosse una discussione molto franca. E in quanto al reddito di cittadinanza, di fatto, noi non l’abbiamo detto con voce sufficientemente alta, insomma il reddito di inserimento che è stata una misura del governo di centrosinistra, voluta prima dal governo Renzi poi dal governo Gentiloni è un po’ l’antesignano, la premessa del RdC.

Avremmo dovuto rivendicare di più quella scelta, che aveva anche un vantaggio rispetto al modello di reddito di cittadinanza, delegava ai comuni la scelta dei destinatari di quelle risorse, anche se erano molto meno di quelle destinate al RdC dal M5S. Oggi l’abrogazione per 7/800 mila persone di quel reddito, perché definite tecnicamente occupabili, quando il lavoro non c’è, e se c’è non è un lavoro congruo, come hanno tenuto a specificare gli esponenti della maggioranza, bocciando un emendamento in tal senso nella manovra, è un modo di far precipitare nell’angoscia migliaia di famiglie in difficoltà. Noi ci siamo battuti in parlamento con le altre opposizioni, in particolare il M5S, per evitare che questo accadesse, e sarà una battaglia che dovremo continuare, ovviamente, accompagnando ad un reddito di sostegno per chi non può materialmente lavorare, perché non occupabile, perché disabile, perché sotto il minimo della pensione, perché gravemente malato, però dobbiamo anche riattivare delle serie politiche attive del lavoro, in un paese che su questo terreno specifico e, nello specifico, soprattutto nel mezzogiorno d’Italia, ha dei peccati da farsi perdonare.

A proposito di Sud, qual è la sua posizione rispetto al progetto di autonomia differenziata di Calderoli, ma soprattutto ritiene che un moderno partito della sinistra debba avere una intelligente impronta meridionalista?  

Il modello di autonomia differenziata del ministro Calderoli è semplicemente irricevibile al netto del fatto che ha depositato la proposta al consiglio dei ministri, senza passare dalla conferenza Stato regioni, dalla conferenza unificata, ma questi sono aspetti magari di metodo che possono interessare meno chi ci legge, ma c’è un problema di fondo: non possiamo pensare, in un paese che già oggi vede delle disparità e delle disuguaglianze così marcate tra il nord e il sud di accentuare quelle disuguaglianze attraverso soluzioni che tendono inevitabilmente, rischiano inevitabilmente, di rendere ancora più ingiusto e squilibrato la distribuzione di risorse in questo paese. Pensare di avanzare l’autonomia differenziata nei prossimi mesi, addirittura nel prossimo anno, senza avere nemmeno affrontato e risolto una questione sospesa da molto, troppo tempo, che sono i cosiddetti Lep, i cosiddetti livelli essenziali delle prestazioni, rischia davvero di accentuare delle disparità che sono intollerabili in un paese come il nostro, mentre ci sarebbe da affrontare scelte che, altri paesi hanno affrontato in modo diverso di come abbiamo fatto noi.

L’alta velocità in Spagna è partita dalle regioni più arretrate, quelle più in difficoltà, noi abbiamo fatto esattamente l’opposto. Ci sono due Italie del trasporto pubblico su rotaie quella di tre milioni di italiani che fanno i pendolari sui trasporti regionali nelle condizioni che conosciamo tutti i giorni, e quella di 170mila italiani che salgono sulla freccia rossa dell’alta velocità. Ecco il Pnrr prevede oltre 4 miliardi di finanziamenti per queste infrastrutture noi vigileremo affinché questo pessimo governo della destra non invalidi la più grande risorsa a nostra disposizione per aiutare innanzitutto a colmare il gap tra il nord e il mezzogiorno di questo paese.