Varesotto, è un veterano della politica: siede a Montecitorio come deputato ininterrottamente da 26 anni
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Da quando è iniziato a circolare il suo nome per la casella di ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti ha incassato solo giudizi positivi. L'ultimo del ministro uscente Daniele Franco che, nella sua ultima intervista, lo ha definito «adattissimo», chiosando: «Farà sicuramente bene».
Lui, dopo una prima risata e una battuta scherzosa («Ho un'offerta della Juventus»), ha risposto con spirito di 'civil servant:' «Se la Lega vuole, ci vado». E così è stato: alla fine il suo nome non è andato bruciato e ora al Tesoro arriva un leghista che da politico accorto, spesso ha fatto sintesi e mediatore tra diverse posizioni, senza rinunciare mai a dire la propria. Con una certezza: essendo un ministro di peso del governo Draghi, l'approccio alla strategica scrivania di Quintino Sella, non potrà che essere nel segno della continuità. Come del resto testimonia il giudizio dato dal suo predecessore.
Nato in un piccolo paesino della provincia di Varese (Cazzago Brabbia), dove risiede ed è stato anche sindaco (dal 1995 al 2004), Giorgetti è un uomo riservatissimo. Classe 1966, di lui si sa che ha una moglie e una figlia, cattolico praticante, ma non ha mai messo in piazza la sua vita privata. Ha due grandi passioni. La prima è il lago, il lago di Varese, che per lui che viene da una famiglia di pescatori è il luogo dell'anima, dove ha casa e radici. Nel maggio 2019 a chi gli chiedeva se ci sarebbe stato fino alla fine della legislatura, rispondeva: «Penso di no, ho il sogno di andare su un lago a fare il pescatore». L'altra passione è il Southampton, squadra di calcio inglese della Premier League che Giorgetti tifa da quando era bambino e che, quando può, segue anche da vivo.
Laureato in economia aziendale alla Bocconi, è un veterano della politica, con la casacca della Lega, di cui è vicesegretario federale (dal 2015): è a Montecitorio come deputato ininterrottamente da 26 anni, ora inizia la sua settima legislatura. È stato due volte presidente della commissione Bilancio (2001-2006 e 2008-2013). Nel governo giallo-verde ha ricoperto il delicato ruolo di sottosegretario alla presidenza del consiglio (2018-19), con l'esecutivo Draghi è stato ministro dello sviluppo economico. A Palazzo Piacentini si è trovato a gestire numerose crisi da Whirlpool all'automotive, da Corneliani, con cui ha inaugurato un metodo di successo per salvare le aziende, all'Alitalia che ha portato alla liquidazione completa, ha alzato la voce con Dazn e ha provato a mettere in piedi il polo nazionale dei vaccini. Da sottosegretario è finito nel mirino per il suo inglese durante una visita negli Usa: ma l'ambasciata italiana a Washington è intervenuta per chiarire che si è espresso in tutti gli incontri "in un inglese corretto e fluente". Giorgetti parla anche francese e un po' di tedesco.
Considerato un mediatore, ha sempre smentito voci di dissidi con Salvini. Ricorrendo alla metafora del calcio, spesso dice: «Senza attaccanti non fai gol, io ho sempre detto che mi consideravo un po' il Pirlo della situazione, che è uno che magari si vedeva poco ma era importante». Al Tesoro lo aspetta una sfida non facile. Lui lo sa e infatti, racconta chi gli è vicino, affronta l'incarico con la giusta umiltà. Sa che il momento è molto complesso e che il percorso non sarà facile: bisognerà dire tanti no, perché tutte le risorse vanno concentrate sulla necessità di sterilizzare il caro energia per frenare l'inflazione. Al momento non c'è spazio per altro. Sono tutti avvisati