A 43 anni dalla scomparsa l'associazione arbereshe “Caraffa ime” traccia un breve ricordo del politico che si batté per gli ultimi
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Gennaro Miceli, onorevole e ingegnere eletto alla Camera dei deputati per cinque legislature (dal 1948 al 1972) moriva il 9 maggio del 1976. Sono trascorsi 43 anni e il suo ricordo è ancora vivo nella comunità arbereshe di Caraffa, dove era nato; una piazza, un busto bronzeo, l’intestazione di due sezioni testimoniano memoria, affetto e gratitudine verso il parlamentare che conosceva il linguaggio dei deboli, sapeva parlare ai potenti, godeva del rispetto di tutti.
Iscritto al Partito comunista dal 1921, incarcerato due volte dal fascismo, Miceli nel 1943 organizzò il partito nella provincia di Catanzaro del quale divenne segretario fino al 1948. Guidò agitazioni e lotte contadine nella provincia di Catanzaro; tra i primi in Italia, capì l’importanza del ruolo della cooperazione diventando presidente dell’Associazione nazionale delle cooperative agricole (1950-1965).
Di lui, Gerardo Chiaromonte il 17 marzo del 1980 – a Caraffa in occasione della scopertura del busto bronzeo - ebbe a dire: «Miceli fu un intellettuale di razza buona e fu, allo stesso tempo, un organizzatore, un dirigente politico e di massa. Ruggero Grieco chiamava spesso Miceli a Roma per avere consigli, per essere informato di come bisognasse fare una lotta per la riforma agraria, che non isolasse i contadini più poveri ma che collegasse questa lotta alla intellettualità democratica e alla piccola borghesia».
Palmiro Togliatti, in occasione del 60mo compleanno, gli scrisse: «Tu appartieni al novero di coloro che fondarono il nostro partito nel 1921. Hai dato un forte contributo al suo sviluppo nel mezzogiorno d’Italia, hai diretto grandi lotte contadine, ti sei affermato come duttile dirigente della cooperazione agricola italiana e un valido portavoce dei lavoratori alla tribuna del Parlamento». (a sinistra Miceli con Ingrao e Paietta)
L'azione politica
221 i progetti di legge da lui presentati nel Parlamento, 377 gli interventi in aula, migliaia quelli nelle commissioni. Nel 1963 viene eletto vice presidente del gruppo parlamentare del Pci con Togliatti presidente; nel 1968 è vice presidente della Commissione agricoltura e membro del comitato direttivo del gruppo Parlamentare del suo partito. All’ottavo congresso nazionale svolge l’intervento che segna la svolta del Pci nella successiva politica agraria; entra a far parte del Comitato centrale.
I contributi su di lui
Decine sono le pubblicazioni sul suo profilo umano e sulla sua attività politica e parlamentare: l’intervento del senatore Gerardo Chiaromonte a Caraffa il 17 marzo del 1980; Il libro “Il diritto alla terra“ (Feltrinelli 1981 ) e l’intervista dello storico prof. Ursetta a Miceli pochi mesi prima di morire; il libro “All’assalto delle terre del latifondo“ (F.Angeli 1981) e l’articolo dello storico Enzo Ciconte sull’Unità del 9 marzo 1980, gli articoli su “Calabria Ora“, “Zoom Sud“ e “Il quotidiano della Calabria“ assieme al libro “Il Grande Otto“ (Città Del Sole 2013) a firma di Bruno Gemelli, (13 ottobre 2008 - 4 maggio 2011 - 16 dicembre 2012), l’intervista del figlio Alessandro Miceli rilasciata al dott. Umberto Peta di Caraffa Ime; il libro di Gregorio Colistra “Gennaro Miceli difensore dei contadini“, assieme a tantissime altre pubblicazioni e resoconti parlamentari, testimoniano la personalità e l’impegno politico di Gennaro Miceli.
Il ricordo
Per ricordarlo calzano a pennello le parole di Bruno Gemelli (Il grande otto): «Molti si chiesero, invano, se fosse un togliattiano, un amendoliano o un ingraiano: i tre grandi fiumi di pensiero che hanno caratterizzato la diversità del Pci rispetto ad altre e talvolta tetre esperienze internazionali. Nessuno lo seppe mai, e nessuno poté dire delle sue eventuali preferenze, perché appunto, fu sempre se stesso. Sobrio e schivo. Ripercorrendo la sua storia si potrebbe concludere che egli fu un autentico amendoliano. Un migliorista ante litteram. Peccato che in Calabria difetti la memoria e si ricordino sempre le stesse figure. Gennaro Miceli fu un grande calabrese e un grande italiano».
L'ultimo saluto
La comunità arbereshe di Caraffa assieme a personalità istituzionali, politiche e sociali provenienti da tutta la Calabria, gli tributò un appassionato e commovente saluto; tantissime le bandiere rosse sorrette da giovani, anziani, donne in costume arbereshe che sfilarono per le vie del paese con in alto il pugno chiuso; quel popolo – gente umile e indifesa - a cui Miceli aveva dedicato tutta la sua vita lo accompagnò nell’ultimo saluto con trasporto e compostezza. Il contesto in cui si svolsero i funerali, ancora oggi, viene ricordato come uno squarcio di costume sociale e politico di 43 anni fa ma anche come espressione della forza di una comunità unita che solo i grandi sanno suscitare. Gennaro Miceli è stato uno di questi.