Il deputato lametino eletto nel collegio uninominale di Corigliano-Rossano e Crotone dichiara di conoscere molto bene quel territorio. Rivendica con orgoglio il suo approccio: «Non faccio filosofia, sono un praticone». Sulla deriva nordista del Carroccio tranquillizza: «Se il Sud non ingrana, il resto del Paese non va da nessuna parte»
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Un praticone, più uomo della strada che avvezzo ai salotti. Cosi descrive sé stesso Domenico Furgiuele, al secondo mandato parlamentare, eletto tra le fila della Lega nell’uninominale della Camera Corigliano Rossano – Crotone. Un collegio distante dal suo luogo di nascita – Lamezia Terme – ma caro al deputato che dichiara di conoscerlo molto bene, fin dagli esordi della sua militanza nella Lega.
Territorio, territorio, territorio: sarà questo il mantra per la sua nuova avventura in Parlamento, nonostante gli sfottò già rimediati nella precedente legislatura per aver portato all’attenzione della Camera dei Deputati anche paesi e piccole città calabresi. «Me ne frego del galateo» fa spallucce “il consigliere comunale aggiunto”, finora troppo timore reverenziale da parte della deputazione calabrese spiega: «Deve finire l'epoca in cui i parlamentari calabresi fanno i leoni a casa e le pecore silenti a Roma».
Come giudica il risultato della Lega in Calabria?
«Il nostro risultato riflette il malessere di simpatizzanti e militanti che non hanno gradito l'adesione al governo di solidarietà nazionale. Sapevamo che avremmo pagato un prezzo, eppure abbiamo dato priorità al senso della responsabilità in uno dei momenti peggiori dalla nascita della Repubblica. Avessimo fatto dei soli calcoli elettoralistici, oggi avremmo percentuali diverse, ma in quella fase era difficile trarsi fuori dal senso di unità nazionale. Magari lo avremmo potuto fare dopo, quando ci siamo resi conto che la percezione di Draghi da parte della povera gente era scaduta, anche alla luce della sua inconsistenza nella soluzione dei problemi quotidiani, in primis il caro bollette. Ma ormai recriminare non serve, osservo tuttavia che abbiamo una bella rappresentanza parlamentare che si farà rispettare, potete starne certi».
Poteva essere fatto qualcosa di più durante la campagna elettorale per conseguire un miglior risultato?
«Una campagna elettorale compressa e anomala come quella vissuta nell'estate appena trascorsa, non concedeva molto tempo per sviluppare un'azione politica di ampio respiro. E tuttavia, ho cercato da responsabile della campagna su mandato di Salvini, di attingere a piene mani a tutta l'esperienza da me maturata durante gli anni in cui ho avuto la leadership del partito. Credo che il risultato in rapporto ad altri trend nel Mezzogiorno ci sia stato, ma che vada migliorato perché il nostro serbatoio elettorale è ben più ampio».
Nel risultato può aver influito anche uno scarso radicamento del partito in Calabria?
«Aver sostenuto fino alla fine Draghi ha tolto grinta alla nostra base popolana, che le posso garantire è molto radicata, va solo rimotivata».
Da dove ripartire?
«Dalla politica, quella vera, che prende i voti e restituisce la fiducia mediante le opere, l'impegno e la presenza. Si riparte dalla politica, guai a sdraiarci sulla tecnica, che deve sostenere la decisione politica, non il contrario. Ho rispetto dei tecnici, ma essi devono coadiuvarci non precederci. Su questo sarò intransigente».
In ogni caso la Lega è riuscita a portare in Parlamento un buon numero di rappresentanti calabresi, tra cui anche lei che è al secondo mandato. Quali sono le principali battaglie che condurrà in questa legislatura?
«Territorio, territorio e territorio. Già nella scorsa legislatura qualcuno mi sfotteva dicendo che portando paesi e città calabresi all'attenzione del Parlamento sembravo un consigliere comunale. Ma per me, mai sfottò ha rappresentato onore più grande. Quindi, continuerò a fare il consigliere comunale aggiunto. E griderò di più. Me ne frego del galateo, quando ci sarà da battere i pugni per la Calabria non avrò nessun timore reverenziale. Deve finire l'epoca in cui i parlamentari calabresi fanno i leoni a casa e le pecore silenti a Roma».
Lei è stato eletto in un collegio che non vive direttamente, quello di Corigliano Rossano e del crotonese. In questi giorni ha programmato incontri sul territorio, quali sono le principali richieste dei cittadini?
«Questo territorio mi è caro sin dagli albori della Lega in Calabria, lo conosco bene, mi conoscono bene. Incontri e confronto continui saranno il pane quotidiano della mia attività. È sempre stato così e così sarà. Io a Roma sto il tempo necessario delle sessioni parlamentari, poi torno in strada, molti altri si chiudono nei salotti».
Come si spiega di essere riuscito ad ottenere consensi anche in un territorio diverso dal suo, crede di aver lavorato bene in questi anni in Parlamento per la Calabria?
«Glielo ripeto, io in campagna elettorale non faccio cose diverse dal mio quotidiano politico. Vivo per strada, mi nutro di semplicità. Questo spiega in larga parte il mio risultato».
Sulla scorta dell’elezione di Tilde Minasi al Senato, adesso il presidente della Regione Roberto Occhiuto dovrà rimetter mano alla giunta. Dalla Lega quali indicazioni arriveranno? Il partito potrebbe indicare un esterno o si orienterà verso un consigliere regionale?
«È prematura ogni valutazione nel merito di questo tema. Il presidente Occhiuto è un grande leader di centrodestra non solo perché sta attuando le sue idee di governo, ma perché concerta, coinvolge e ha grande rispetto degli alleati. Ciò garantisce il successo delle future scelte».
Secondo lei, i ritardi della Calabria sono ascrivibili ad un Governo disattento ai suoi problemi o ad una classe dirigente e politica che finora è riuscita ad ottenere poco ai tavoli romani?
«Io non faccio filosofia, sono un praticone, e le dico che ho imparato in questi anni una regola aurea: se non gridi, non ti rispettano, e se non ti rispettano a casa non porti nulla. Nei decenni troppa timidezza e timore reverenziale ha caratterizzato la postura istituzionale delle nostre delegazioni parlamentari. Spero che gli altri colleghi si incazzeranno quando qualcuno tenterà di discriminare la nostra terra. Io lo farò, statene certi».
Dal suo punto di vista, non vi è una contraddizione di fondo nella rappresentanza politica della Lega al sud. Molte regioni del nord Italia spingono per riforme che non farebbero il bene della Calabria, lei che posizione assumerà in Parlamento rispetto a questi temi?
«Non avrei mai aderito alla Lega se Salvini dieci anni fa non avesse svoltato in senso nazionale. Che significa? Che se il Sud non ingrana, il Nord non va da nessuna parte. La Lega a trazione nordista non c'è più. C'è la Lega del protagonismo politico dei territori, che uniti dallo sviluppo fanno le fortune del Paese tutto. Io credo in questo».
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