Avevamo chiesto al presidente del Consiglio regionale, Domenico Tallini, di battere un colpo sullo scandalo del bonus Iva percepito dai politici italiani, verificando se anche in Calabria ci fosse qualche “furbetto-miserabile” che ha intascato i 600 euro stanziati a pioggia dal Governo a favore di lavoratori autonomi e professionisti. Ebbene, Tallini il colpo l’ha battuto, ma è più che altro una “fetecchia”, come si dice a Napoli quando un fuoco d’artificio fa cilecca.

 

Invece di attivarsi per chiedere ufficialmente all’Inps di verificare se tra i percettori ci fossero anche i suoi colleghi, come gli avevamo suggerito alla stregua di quanto sta avvenendo a livello nazionale, il presidente dell’Assemblea calabrese è ricorso all’antico metodo del “giurin giurello”: «Ho sentito personalmente tutti i consiglieri e ho ricevuto ampia assicurazione che nessuno ha attivato la procedura presso l'Inps. Per me la loro parola d'onore vale più di qualsiasi accertamento».

 

Chiunque sia stato un bambino (e non abbiamo motivo di sospettare che anche Tallini non lo sia stato), sa bene che se ne dicono di fregnacce quando si fa la croce sul cuore per giurare e spergiurare qualcosa. Se poi a dare niente di meno che “la parola d’onore” sono politici consumati, che non lo fanno neppure mettendoci la faccia ma per interposta persona, qualche leggerissima perplessità sull’efficacia di questo metodo affiora.
In un Consiglio regionale che ha già sentito il tintinnio di manette e che sobbalza ad ogni fiato delle Procure, in un’Assemblea sulla cui integrità neppure la governatrice Santelli è pronta a mettere la mano sul fuoco («Problemi giudiziari in Regione? Non lo escludo», disse a Peter Gomez tre mesi fa), in un’Assise dove si cambia casacca politica con la stessa frequenza con cui si cambiano i calzini, fidarsi della parola data è davvero arduo. Suona un po’ come quel «s’illustra da sé» che il relatore Giuseppe Graziano (Udc) usò per portare ai voti in 120 secondi netti la legge scandalo sui vitalizi ai consiglieri decaduti, poi abrogata in tutta fretta appena sette giorni dopo.

 

Avremmo preferito (e continuiamo a preferire) che il presidente avesse inoltrato una richiesta ufficiale all’Inps per avere i nominativi. Facile facile, sicuro sicuro. D’altronde, il presidente dell’Istituto nazionale di previdenza, Pasquale Tridico, non vede l’ora di parlare dopo che il Garante della privacy ha dato il via libera alla divulgazione dei nomi. Dunque, perché accontentarsi di una mano sul cuore e chiudere la faccenda in maniera così rischiosa? Nel caso, infatti, qualcuno abbia giurato con le dita incrociate dietro la schiena e dovesse essere scoperto, non sarebbe l’unico a farci una figuraccia. Hai voglia a dire, come ha fatto Tallini, che «se qualcuno avesse mentito, ne risponderebbe alla sua coscienza e ai suoi elettori». No. Ne risponderebbe tutto il Consiglio, a cominciare dallo scranno più alto. Il suo.


degirolamo@lactv.it